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Infiammazioni articolari e muscolari al tappeto, con la cannabis light. Ce ne parla Weedy Point

Il cannabidiolo – più comunemente noto come CBD – di recente è diventato onnipresente nel mercato, e per buoni motivi: si ritiene che sia efficace nel trattamento di un elenco di condizioni patologiche, compresa l’infiammazione delle articolazioni e dei muscoli. Gli studi fino a oggi condotti hanno dimostrato che il CBD per dolori muscolari non è solamente efficace, ma è anche potente.

Molte persone non ritengono necessario usare il CBD come integratore pre-allenamento, ma gli atleti che desiderano combattere la fatica dopo un intenso esercizio fisico possono usarlo come integratore per il recupero muscolare.

Fino a poco tempo fa, la maggior parte delle persone dopo un intenso allenamento tendeva ad acquistare l’ibuprofene, esponendosi ad alti rischi soprattutto in caso di un suo uso continuato e abituale.

In effetti, i decessi causati dall’assunzione di farmaci FANS – Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei – sono innumerevoli.

Ecco perché potrebbe essere consigliabile utilizzare al loro posto i farmaci cannabinoidi nella terapia del dolore: l’olio di CBD, infatti, è un integratore più potente, meno tossico e naturale, anche se nuovo per la nostra cultura, e che per tale ragione necessita di ulteriori studi sulla sua potenza e i suoi effetti.

CBD: terapia del dolore in caso di sovraffaticamento muscolare
Dal momento che il CBD è noto per alleviare l’infiammazione, ridurre gli spasmi muscolari, alleviare il dolore e l’ansia, non c’è dubbio che può essere un buon integratore per gli sportivi avidi di includerlo nel loro stile di vita attivo.

In effetti, si ritiene che l’olio di CBD per dolori muscolari sia uno dei migliori integratori antinfiammatori oggi presenti sul mercato, poiché consente ai muscoli di guarire e diventare molto più forti, rispetto ai prodotti tradizionali.

Si pensa anche che il CBD aiuti le persone a dormire meglio la notte, che è il momento migliore per il recupero muscolare: quando dormi, infatti, il corpo produce melatonina, un ormone della crescita umano che facilita il recupero muscolare appunto. Ciò significa che, se non dormi abbastanza a causa dei dolori, i muscoli non si riprendono. Ecco perché l’olio di CBD per dolori muscolari viene utilizzato come integratore post-allenamento per aiutarti a dormire meglio.

CBD: dolori muscolari al tappeto con il cannabidiolo!
Invecchiando e cercando di rimanere attivi, diversi tipi di dolori muscolari sembrano diventare sempre più comuni. Inoltre, con il passare dell’età, si tende ad avere una maggiore probabilità di infortunarsi durante lo sport. Ci sono varie opzioni per tenere a bada i dolori muscolari, come per esempio i trattamenti di chiropratica e riabilitazione specializzati, i farmaci da prescrizione o da banco, i massaggi profondi. Tuttavia, i farmaci cannabinoidi nella terapia del dolore sembrano essere più efficaci. Il CBD è un composto completamente naturale e non tossico che può essere assunto regolarmente, senza doversi preoccupare di effetti collaterali indesiderati o di danni al corpo. Questo è il motivo per cui il CBD per dolori muscolari è diventato così popolare negli ultimi anni.

Quando il corpo avverte dolore, i recettori nervosi chiamati nocicettori trasmettono segnali al cervello per dirgli che il danno è stato causato a una parte del corpo. Questo è in parte un sistema di avvertimento, simile a quando tocchi qualcosa di caldo e il dolore ti fa allontanare la mano. Esistono diversi tipi di dolore che possono aiutare a isolare la causa del danno al corpo, anche se la percezione e la descrizione del dolore dell’individuo a volte rendono difficile l’analisi. Quando il corpo rileva danni, le sostanze chimiche chiamate prostaglandine vengono rilasciate attivando i recettori nervosi che iniziano a inviare il messaggio di dolore al cervello.

Un antidolorifico funziona attraverso il sistema nervoso centrale: previene la produzione di questi prodotti chimici, bloccando così i recettori del dolore nel cervello. In realtà, il dolore è ancora lì, tuttavia il cervello è ingannato nel pensare che non lo sia.

Se, tuttavia, il danno è di origine muscolare, può essere più efficace utilizzare i miorilassanti, poiché questi funzionano nel sito reale del muscolo e aiutano a ridurre la rigidità e la tensione nel muscolo e, quindi, a ridurre il dolore. I farmaci tradizionali non sono rilassanti muscolari naturali. Nessuno di questi due disturbi è in realtà naturale. Pertanto, quando cerchi un rilassante muscolare naturale, dovresti considerare la cannabis, antidolorifico naturale che ha anche dimostrato di alleviare efficacemente il dolore muscolare.

I farmaci cannabinoidi nella terapia del dolore colpiscono il corpo interagendo con i recettori chimici presenti nel sistema nervoso. Il cervello ha recettori che rispondono ai neurotrasmettitori chiamati endocannabinoidi. Gli endocannabinoidi sono prodotti naturalmente nel corpo e vengono trasmessi attraverso il sistema nervoso periferico e centrale al cervello.

Il CBD per dolori muscolari ha la capacità di influenzare direttamente la velocità dei messaggeri chimici rilasciati quando si verifica il dolore. Aumenta anche in modo significativo la fornitura di endocannabinoidi da parte dell’organismo. Pertanto, il CBD per dolori muscolari aiuta in due diversi modi: favorendo il rilassamento muscolare e riducendo la spasticità. In altri termini, i farmaci cannabinoidi nella terapia del dolore hanno dimostrato di poter essere la chiave per un ottimo rilassamento muscolare naturale.

 

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Infiammazioni, reumatismi, fibromialgia: come curarli con il CBD. L’intervista di Weedy Point al dottore svizzero Fankhauser

Il CBD (cannabidiolo) è una sostanza del gruppo dei cannabinoidi contenuta nella canapa (Cannabis sativa). Si ritiene che il CBD contrasti le infiammazioni e i dolori infiammatori. Weedy Point ha chiesto al dottor Manfred Fankhauser le sue valutazioni ed esperienze. La sua farmacia di Langnau, BE, fornisce preparati a base di cannabis contenenti CBD e/o THC prevalentemente a pazienti che soffrono di dolore.

Lega svizzera contro il reumatismo: Qual è la differenza tra CBD e THC?

Dottor farmacista Manfred Fankhauser: CBD e THC si assomigliano molto dal punto di vista chimico. Hanno lo stesso numero e tipo di elementi di carbonio, idrogeno e ossigeno, ma a causa delle differenze strutturali questi principi attivi si comportano in modo diverso.

A differenza del THC, il CBD non ha effetti inebrianti e vi esercita perfino un effetto di contrasto.

Un’altra differenza è che il THC è molto più studiato del CBD.

Il CBD è consigliabile in caso di reumatismi?

Sì, ma bisogna considerare il fatto che il principale punto di forza del CBD non è il contrasto del dolore. In quest’ottica è più efficace il THC, i cui effetti antidolorifici sono ben documentati soprattutto nel caso della sclerosi multipla. Il CBD si distingue piuttosto per il suo potente effetto antinfiammatorio.

Quindi consiglia specificamente il CBD in caso di una malattia reumatica infiammatoria?

No. Le proprietà antinfiammatorie del CBD sono più efficaci in combinazione con le proprietà antidolorifiche del THC. Lo confermano numerosi risultati di ricerche sulla cannabis, studi di osservazione ed esperienze comunicate dai medici curanti o direttamente dai pazienti. In caso di artrite consiglierei quindi un olio o una tintura contenente entrambi i cannabinoidi, CBD e THC.

E per le altre forme reumatiche?

L’efficacia della combinazione tra effetto antidolorifico del THC e antinfiammatorio del CBD è comprovato anche in caso di artrosi, reumatismi extra-articolari, mal di schiena cronico e osteoporosi.

E per la fibromialgia?

Negli ultimi undici anni, la nostra farmacia ha fornito preparati a base di cannabis contenenti CBD e THC a circa 100 pazienti fibromialgici, ricevendo spesso feedback positivi.

Come spiega la grande attenzione nei confronti del CBD?

Potrebbero esserci diverse ragioni. Numerosi fornitori fanno pressione sul mercato per vendere i propri prodotti a base di CBD equiparandoli a rimedi miracolosi per il maggior numero possibile di patologie. Il CBD, però, non ha assolutamente queste proprietà.

Quindi sconsiglia l’uso del CBD?

Assolutamente no! Ci sono molti validi prodotti a base di estratti vegetali contenenti CBD vendibili liberamente. Oltre al CBD, questi prodotti contengono l’intera gamma naturale di cannabinoidi e altre sostanze della canapa ancora poco studiate.

Ci sono però anche aspetti negativi. Nelle analisi a campione sono stati trovati residui di pesticidi. Siccome i prodotti a base di CBD vendibili liberamente non sono medicamenti omologati, mancano anche le indicazioni di dosaggio. Inoltre, le quantità indicate (per esempio 5% o 10% di CBD) non sono sempre affidabili. Manca un controllo della qualità.

Cosa pensa delle terapie a base di CBD puro?

A seconda dell’indicazione o se il medico curante non vuole assolutamente prescrivere THC, la terapia con CBD puro è un’opzione. La nostra farmacia dispone di oli puri di CBD; si tratta di monopreparati senza THC per i quali è obbligatoria la prescrizione medica. Contengono tra il 2,5% e il 20% di CBD.

Dall’altro lato in Svizzera è disponibile da più di 11 anni il Dronabinol, un monopreparato a base di THC puro, senza CBD. Dal punto di vista medico, come già detto, per determinate patologie è più utile assumere in combinazione i diversi cannabinoidi presenti nella canapa sotto forma di preparati finiti o preparazioni magistrali prodotte da una farmacia.

Quali sono gli effetti collaterali?

Il CBD ha pochissimi effetti collaterali e può essere assunto senza preoccupazioni anche per un lungo periodo. Eventuali effetti collaterali come diarrea o una temporanea alterazione dei valori epatici derivano quasi sempre da un sovradosaggio.

 

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Dolore cronico, come trattarlo con la cannabis light? Parola a Weedy Point

Trattare il dolore cronico con il CBD potrebbe rappresentare un nuovo approccio farmacologico non invasivo basato su un principio attivo ben tollerato e di origine naturale.

Il dolore è uno dei sintomi più comuni in diverse patologie ed è caratterizzato da una sensazione spiacevole che varia in base al fenomeno in corso che lo provoca e alle caratteristiche della persona che lo avverte. Il dolore può essere acuto – facilmente trattabile e, in genere, autolimitante – oppure cronico, spesso invalidante e su cui è difficile intervenire.

Per migliaia di anni, la Cannabis è stata utilizzata per scopi medicinali. È ormai noto che l’organismo umano è dotato di un sistema endocannabinoide (ECS) che riceve e traduce i segnali dei cannabinoidi. Esistono infatti composti prodotti endogenamente che possono interagire con quelli che sono comunemente denominati recettori cannabinoidi. Tali composti sono, ad esempio, l’anandamide (AEA) e il 2 arachidonoilglicerolo (2-AG). L’ ECS ha il compito di regolare alcune funzioni fisiologiche quali il sonno, la fame, la coordinazione motoria, le risposte del sistema immunitario e il dolore. Il cannabidiolo (CBD) è uno dei circa 120 composti chiamati fitocannabinoidi, come il tetraidrocannabinolo (THC), ma differisce da quest’ultimo in quanto non causa il cosiddetto effetto “high” psicotropo, poiché mostra una blanda affinità verso i recettori cannabinoidi, mentre interagisce con diverse altre neurotrasmissioni. Molti studi dimostrano che il CBD, attraverso svariati meccanismi d’azione, esercita diversi effetti farmacologici anche a livello del sistema nervoso centrale.

Un’ introduzione. Meccanismi e tipologie di dolore

“Un’esperienza sensoriale spiacevole ed emotiva associata a danno tissutale reale o potenziale o descritta in termini di tale danno”.

Definizione di dolore secondo l’International Association for the Study of Pain (IASP), come riportato dal Ministero della Salute.

Il dolore è mediato da fibre nervose che trasportano gli impulsi dolorosi dalla periferia, al midollo e infine al cervello; il quale a sua volta integra e modifica l’informazione relativamente ad altri fattori. Questo sistema è noto come via ascendente del dolore. Esiste una via deputata allo spegnimento del dolore, nota come via discendente del dolore o antinocicettiva endogena, che, a partire dalla corteccia, invia segnali alla periferia che provocano la cessazione della sensazione dolorosa. Diversi neurotrasmettitori intervengono in questi processi, sia in condizioni fisiologiche che patologiche. Uno dei più importanti è il glutammato, il quale svolge un ruolo fondamentale sia fisiologico (nel Sistema Nervoso) sia nella modulazione del dolore. Il glutammato è il più importante neurotrasmettitore eccitatorio del Sistema Nervoso Centrale (SNC) e numerosi studi preclinici evidenziano una iperattivazione dell’intera neurotrasmissione in svariate condizioni patologiche tra cui il dolore cronico. Il GABA (o acido γ-amminobutirrico), principale neurotrasmettitore inibitorio del SNC, invece, ha il compito di inibire i neuroni del midollo spinale deputati alla trasmissione del dolore. Il dolore può essere classificato come acuto o cronico:

Dolore acuto

Si manifesta improvvisamente ed è causato da qualcosa di specifico, ad esempio un trauma o un intervento chirurgico, e può essere accompagnato da ansia o stress emotivo. Ha una durata limitata e scompare all’estinguersi della causa. Le cause del dolore acuto includono:

• chirurgia

• traumi

• ustioni o tagli

• travaglio e parto

Dolore cronico

Diversamente dal dolore acuto esso può durare più di sei mesi e continuare anche quando la causa scatenante è scomparsa. I segnali del dolore restano attivi per settimane, mesi o anni e possono essere aggravati da fattori ambientali e psicologici. Questo tipo di dolore risulta resistente a molti trattamenti medici e anche farmacologici. Il dolore cronico produce effetti negativi specialmente sulla sfera psichica causando anche depressione, rabbia e ansia. Il dolore cronico è legato a condizioni che includono:

• emicrania e cefalea

• artrite

• cancro

• nevralgia

• sciatalgia

• fibromialgia

• dolore neuropatico

Mentre il dolore acuto è facilmente trattabile, per esempio con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e/o oppioidi deboli o forti a seconda dell’intensità, il dolore cronico, in particolare quello di tipo neuropatico, è difficile da trattare ed è particolarmente debilitante . Nell’ultimo decennio sono stati sviluppati nuovi approcci per il controllo del dolore, e particolare attenzione è stata posta sugli adiuvanti degli analgesici, i quali continuano a destare molto interesse in campo scientifico. Il ruolo della Cannabis e dei suoi componenti, chiamati fitocannabinoidi, come adiuvanti nel trattamento del dolore cronico, è stato oggetto di diversi studi sia preclinici che clinici.

Il cannabidiolo è, insieme al THC, uno dei principali componenti della Cannabis, ed è riportato avere un potenziale terapeutico nel trattamento di alcune forme di dolore cronico sia infiammatorio che neuropatico, agendo in quest’ultimo soprattutto sulle comorbidità ad esso associate.

Il cannabidiolo e i suoi meccanismi d’azione

Uno dei composti più importanti estratti dalla pianta di Cannabis, insieme al THC, è il CBD. Esistono varie specie di Cannabis che forniscono oltre 100 cannabinoidi, ma la medicina si è concentrata principalmente negli studi sul tetraidrocannabinolo (THC) e sul cannabidiolo (CBD) per la gestione di alcune forme di dolore, prevalentemente refrattarie al trattamento con oppioidi. In genere le forme di dolore refrattarie all’utilizzo di oppioidi sono quelle con componente neuropatica o anche dolori con una importante componente idiopatica, come ad esempio la fibromialgia.

Il cannabidiolo è un composto molto interessante dal punto di vista farmacologico. Esso infatti agisce scarsamente sui recettori cannabinergici CB1 e CB2 ma è in grado di interagire con diverse neurotrasmissioni a livello del sistema nervoso centrale. È stato riportato ad esempio un suo potenziale coinvolgimento nella regolazione del tono endogeno di Adenosina. Infatti, gli effetti antidolorifici del CBD sembrano essere antagonizzati da sostanze in grado di inibire i recettori A1 della Adenosina. Tali recettori sono molto coinvolti sia a livello periferico che centrale con la trasmissione e la cronicizzazione del dolore. Un altro meccanismo d’azione del CBD è quello di attivare i recettori della serotonina 5HT1. L’attivazione di tali recettori sarebbe di fondamentale importanza per l’effetto del CBD sul tono dell’umore e su quelle co-morbidità associate a dolore neuropatico come ansia e depressione. Tali evidenze rendono il CBD un principio attivo potenzialmente utilizzabile nella gestione del paziente con dolore cronico di tipo neuropatico.

Gli usi terapeutici del CBD

Diversi studi preclinici e evidenze cliniche hanno dimostrato l’efficacia del CBD nel trattare i sintomi del dolore neuropatico, da solo o in combinazione con tetraidrocannabinolo. In particolare, il CBD riduce quelle sequelae centrali associate al dolore cronico come ansia e depressione. Ansia e depressione sono in realtà due facce di una stessa medaglia, infatti ad oggi il disturbo d’ansia generalizzato è trattato con farmaci antidepressivi piuttosto che con le benzodiazepine. Il CBD, attraverso la sua interazione con i recettori del sistema serotoninergico, riduce queste comorbidità, aiutando il paziente ad affrontare la sintomatologia dolorosa che comunque continua a persistere e che spesso è refrattaria a qualsiasi tipo di trattamento farmacologico.

L’efficacia del CBD non sembra essere limitata solo al dolore cronico generale, ma è stata osservata anche in una serie di altre condizioni cliniche, tra cui l’epilessia, gli stati infiammatori, i disturbi del sonno, i sintomi della sclerosi multipla, la schizofrenia. A oggi il CBD è già stato approvato per l’impiego per alcune epilessie infantili farmaco-resistenti come la sindrome di Lennox-Gastaut, la sindrome di Dravet o epilessia mioclonica grave dell’infanzia.

Dolore cronico, infiammazioni e comorbidità: CBD e qualità della vita dei pazienti

Il dolore cronico ha conseguenze che vanno oltre a una sensazione prolungata nel tempo e che influiscono in maniera sostanziale nella qualità della vita della persona. I fattori che producono, caratterizzano e mantengono il dolore sono molto diversi l’uno dall’altro. I principali attori sono agenti e condizioni pro-infiammatorie, vasodilatazione locale, aumento della permeabilità capillare, accumulo di proteine del sangue e dei fluidi negli spazi interstiziali, migrazione dei neutrofili dai capillari e rilascio di mediatori dell’infiammazione (ad es. citochine, linfochine e istamina). Se la condizione che causa il danno non è risolta, il processo infiammatorio progredisce verso l’infiammazione subacuta/cronica che svolge un ruolo importante nell’insorgenza delle malattie infiammatorie classiche (ad es. l’artrite). Ci sono molti dati preclinici e clinici che supportano le proprietà anti-infiammatorie potenzialmente efficaci dei cannabinoidi, in particolare evidenziano il ruolo del CBD, in qualità di composto non tossico e non psicoattivo. Al momento non esiste un trattamento efficace con cui prevenire o eliminare il dolore neuropatico, quindi l’attuale trattamento è diretto solo a ridurne i sintomi. La qualità della vita dei pazienti con dolore neuropatico è spesso aggravata da co-morbidità come disturbi del sonno, depressione e ansia. Il CBD è potenzialmente utile nel trattamento di queste co-morbidità, migliorando quindi la qualità di vita del paziente neuropatico.

Il futuro del cannabidiolo per il trattamento del dolore cronico

Sebbene siano necessari ulteriori studi per riconoscere il vero ruolo clinico del CBD nel dolore, gli studi attualmente disponibili forniscono già informazioni molto utili sul ruolo terapeutico come anticonvulsivanti, antiossidanti ma anche come adiuvanti nello stato infiammatorio e come analgesico. Studi recenti hanno dimostrato come il CBD abbia un effetto antidolorifico e ansiolitico in modelli preclinici di dolore cronico di tipo neuropatico, ben validati dalla letteratura scientifica internazionale. Non è ancora ben chiaro, però, in che modo il CBD eserciti questa sua azione sul dolore neuropatico. Da un lato è stata evidenziata una certa efficacia antinfiammatoria, che rappresenta una delle componenti ad oggi considerate importanti in questa patologia, dall’altro la sua azione su neurotrasmissioni come quella serotoninergica potrebbe spiegare i suoi effetti farmacologici anche su quelle componenti neuropsichiatriche associate al dolore neuropatico.

 

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Weedy Point: le proprietà antidolorifiche della cannabis light

Cerchi un rimedio per il dolore?

Il CBD è la soluzione, che si tratti di dolori muscolari, cronici, acuti, infiammatori o neuropatici. I prodotti di Weedy Point, estratti dalla cannabis a base di CBD e CBG sono estremamente efficaci per trattare il dolore.

Come agisce il CBD sul dolore?

Il corpo umano possiede una rete composta da milioni di recettori che interagiscono con i cannabinoidi ricevendo e traducendo le loro informazioni. Questa rete di recettori è il sistema endocannabinoide, che serve a regolare numerose funzioni fisiologiche. Gli endocannabinoidi come l’anandamide (AEA) e il 2 arachidonoilglicerolo (2-AG) sono formati dal nostro stesso organismo. Altro tipo di cannabinoidi sono i fitocannabinoidi che invece provengono dall’esterno.

Il cannabidiolo o CBD è un fitocannabinoide che agisce indirettamente sui recettori di questo sistema, riequilibrandolo quando uno stimolo, come il dolore, lo perturba.

Non agisce in modo specifico in una parte del corpo, ma funge da modulatore dell’intero sistema endocannabinoide, ripristinando l’equilibrio del sistema quando questo è scompensato.

Il dolore è una sensazione che si prova per via di specifiche fibre nervose che trasportano gli impulsi dolorosi dalla periferia al cervello, il quale a sua volta integra e modifica l’informazione dolorosa. Questo sistema è noto come via ascendente del dolore. C’è anche una via discendente del dolore, che invia segnali dal cervello alla periferia portando il messaggio di spegnimento del dolore. Diversi neurotrasmettitori come il glutammato o il GABA intervengono in questi meccanismi.

Il dolore può essere di diversi tipi, tra cui:

Acuto: è improvviso e ha una durata breve relazionata alla sua causa, come un intervento chirurgico, un trauma o un parto. È facilmente trattabile con i farmaci.
Cronico: è duraturo e continua anche quando la causa scatenante scompare. Può durare anche anni ed in genere è resistente alle terapie. Questo dolore implica uno squilibrio psicologico e può causare anche depressione e ansia. Alcune condizioni che possono provocarlo sono emicrania, cancro, nevralgia, fibromialgia, etc. Un tipo di dolore cronico particolarmente difficile da trattare è quello neuropatico.

Quali sono le indicazioni terapeutiche antidolorifiche del CBD?

Il ruolo della cannabis nel trattamento del dolore è stato oggetto di numerosi studi e si è rivelato utile nella gestione di diverse forme di dolore, prevalentemente refrattarie al trattamento con oppioidi. Il CBD è un composto non tossico, non psicoattivo, con pochissimi effetti collaterali. Molti studi dimostrano l’efficacia del cannabidiolo sul dolore neuropatico. In particolare si è rivelato promettente nei confronti del dolore neuropatico periferico provocato dai chemioterapici. Inoltre la qualità della vita di questi pazienti è spesso inficiata da insonnia, depressione e ansia. Interagendo con i recettori serotoninergici, il CBD è potenzialmente utile nel trattamento di queste comorbidità, migliorando così lo stato di salute dei pazienti e il tono dell’umore. Non è ancora ben chiaro in che modo il CBD eserciti la sua azione analgesica sul dolore neuropatico, ma di certo interagisce con diverse neurotrasmissioni del sistema nervoso centrale. Oltre all’interazione con la serotonina, è stato riportato un suo potenziale coinvolgimento nella regolazione dei recettori dell’adenosina, coinvolti nella trasmissione e la cronicizzazione del dolore.

Il CBD è risultato essere promettente anche per il trattamento del dolore infiammatorio. Infatti in molte condizioni infiammatorie, come l’artrosi, il CBD agisce da antinfiammatorio naturale e ne previene l’aggravamento. In uno studio condotto dall’Università Insubria di Varese è stato evidenziato che l’estratto di cannabis e il CBD possono inibire la produzione di citochine, molecole infiammatorie. Il cannabidiolo agisce inoltre sui processi chimici caratteristici dell’endocannabinoide anandamide, che è legato alla percezione del dolore, e inoltre attiva recettori coinvolti nella trasmissione e la cronicizzazione del dolore.

Oltre alla sua efficacia nel dolore cronico, è stata provata anche la sua sicurezza: in uno studio pubblicato sul Journal of Pain riguardante la sicurezza a lungo termine del consumo di cannabis medica da parte dei pazienti affetti da dolore cronico si è visto come questa abbia un profilo di sicurezza ragionevole.

L’efficacia del CBD non si limita al dolore cronico neuropatico e infiammatorio, ma è stata osservata anche in molte altre condizioni cliniche, come la sclerosi multipla, l’epilessia, l’insonnia, la schizofrenia, e molte altre patologie resistenti alla terapia farmacologica.

 

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Soffri di mal di testa? Weedy Point illustra come può aiutare la cannabis light

Quante volte capita di rientrare a casa dopo una lunga giornata di lavoro e trovarsi a fare i conti – una volta che la tensione della routine si allenta – con un mal di testa martellante, che non lascia godere del relax serale? Si tratta di un’esperienza che tutti, con maggiore o minore frequenza, facciamo nel corso del tempo. Molto spesso mettersi a letto non basta e si finisce per fissare il soffitto in attesa che il sonno arrivi, mentre il dolore non cessa di rimbombare e dare il tormento.

Il mal di testa (o cefalea) è un disturbo molto comune, che spesso porta a consultare un medico per il timore che sia il campanello d’allarme di altre patologie. Nella cefalea cosiddetta ‘primaria’, che non è sostenuta da ulteriori malattie, si percepisce un dolore localizzato e palpitante dietro la testa: molto spesso si lega anche a una certa predisposizione nel soggetto. La causa scatenante solitamente è – come accennato – uno stress prolungato, che spesso è legato al lavoro. Ma anche l’insonnia e gli sbalzi ormonali possono innescarla. Il meteo che cambia, la percezione di certi odori particolari e persino l’esposizione a luci molto forti sono tutte potenziali cause di questo disturbo.

Le persone che più sono soggette a cefalee sviluppano come un sesto senso e riescono a predirne la comparsa. Tra i migliori rimedi naturali al mal di testa ai quali è possibile ricorrere c’è senza dubbio il CBD, utile anche nella fase della prevenzione del malessere. Il cannabidiolo, metabolita della cannabis sativa, sta infatti acquisendo una sempre maggiore popolarità anche in questo ambito per via delle sue proprietà rilassanti, ansiolitiche e antinfiammatorie (ma non solo).

Come agisce sul nostro sistema endocannabinoide 
L’utilizzo della cannabis mal di testa è una pratica antichissima. Oggi questa sostanza nella sua versione light sta conoscendo una grande ribalta, anche mediatica, dovuta alla (ri)scoperta delle sue molte proprietà positive. Studiosi ritengono che il CBD sia in grado di compensare una particolare mancanza nel nostro sistema endocannabinoide (ECS), che causa la comparsa del mal di testa. Il sistema endocannabinoide si occupa di regolare qualsiasi sensazione: dalla fame al malessere generico e non solo. Si ritiene che una carenza importante di anandamide – in pratica la molecola della felicità – possa legarsi alla comparsa di emicranie anche pesanti. Dunque, riuscire a colmare questa mancanza di endocannabinoidi naturali sembra davvero la soluzione migliore. Ecco spiegato il motivo per il quale molte persone scelgono di affidarsi, soprattutto la sera, a una dose light di cannabis emicrania sia con scopo preventivo che per combattere il dolore pulsante. Per quanto riguarda la modalità di assunzione, questa è in genere per via orale: si mettono poche gocce di olio sotto la lingua, prima di distendersi aspettando che faccia effetto. Ma qualsiasi metodo assuntivo – fumare, vaporizzare – andrà bene: basta fare riferimento alle personali preferenze, sempre sfruttando il binomio vincente formato da cannabis e mal di testa.

Anche il sonno migliora grazie alle proprietà rilassanti 
Le persone sempre più spesso preferiscono ricorrere al CBD piuttosto che ai farmaci da prescrizione: l’obiettivo è riuscire a ottenere una diminuzione – più sicura e veloce – del dolore legato alla comparsa delle emicranie più pesanti. In genere sono minori anche gli effetti collaterali connessi all’assunzione, come il mal di stomaco o i dolori ai muscoli. Riuscire a stabilire una routine assuntiva di CBD, soprattutto quando vi sia una personale predisposizione alla comparsa di cefalee, è dunque essenziale per uscire dal tunnel del malessere serale e ricaricare al meglio le pile. Anche perché le proprietà rilassanti del CBD possono essere di grande supporto per la risoluzione di ulteriori disagi – spesso connessi al mal di testa – come l’insonnia e l’ansia (oltre naturalmente allo stress causato dalle tensioni in ufficio). Anche per coloro che sono in grado di percepire l’arrivo del malessere e predire in un certo senso l’emicrania sarà utile ricorrere a questa sostanza: è perfetta per ridurre l’intensità dei sintomi, così come la frequenza della comparsa dei dolori alla testa. Utilizzare il CBD (l’olio da assumere per via orale o comunque la sostanza da fumare o vaporizzare) rappresenta dunque una nuova frontiera terapeutica nella lotta all’emicrania cannabis.

 

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Weedy Point: la cannabis light contro ansia e attacchi di panico

Secondo le stime degli esperti, circa un quarto degli austriaci soffrirà almeno una volta nella vita di un disturbo d’ansia, che si manifesta con sintomi come gli attacchi di panico. Le donne ne sono colpite circa il doppio rispetto agli uomini. Chiunque abbia già vissuto un attacco di panico conosce la sensazione di essere completamente in balia dell’ansia – una condizione che non si vuole assolutamente provare, soprattutto non regolarmente.

Un posto importante nel centro della ricerca è assicurato dal principio attivo CBD contenuto nella cannabis, il cui effetto è stato confermato più volte negli ultimi anni in studi e riportato da molti dei clienti Weedy Point.

Nel testo che segue Weedy Point desidera quindi fornire informazioni sui disturbi d’ansia e gli attacchi di panico, mostrarvi come ottenere aiuto e trattamenti naturali e spiegare gli effetti della CBD.

Cosa sono gli attacchi di panico?
Improvvisamente tutto inizia a girare, si inizia a sudare, a tremare, a vedere offuscata e il cuore batte forte – i sintomi di un attacco di panico possono essere di natura diversa e in molti casi non hanno alcuna spiegazione. Probabilmente la cosa peggiore di un attacco di panico o d’ansia: ti si avvicina di soppiatto, arriva all’improvviso e attacca così rapidamente e apparentemente senza motivo che spesso tira fuori il tappeto da sotto i piedi della persona colpita. Quando il sangue scorre, il cuore accelera e non ci si può più concentrare su ciò che sta accadendo in quel momento, ci si sente completamente impotenti.

Sintomi fisici e psicologici
La paura non è qualcosa che si può vedere, afferrare o concretizzare. È quindi difficile per chi ne è colpito descrivere il “problema”, soprattutto se qualcuno non è chiaro su ciò che ti sta succedendo. Per gli estranei, la paura e il panico spesso sembrano irrazionali e non sanno come aiutare chi soffre.

Le persone colpite spesso non sanno da tempo di soffrire di attacchi di panico e sono semplicemente alla loro mercé. A causa dei sintomi fisici come vertigini, palpitazioni e sudorazione, in molti casi il paziente consulta prima un medico di medicina generale. Poiché molti attacchi di panico non vengono diagnosticati correttamente, non sono rare le false diagnosi. Può accadere, per esempio, che le persone con un attacco di panico pensino di avere un attacco di cuore.

Come nasce la paura e come si scatenano gli attacchi di panico?
Fondamentalmente, la paura è un utile meccanismo di protezione del nostro corpo ed era un importante vantaggio per la sopravvivenza. Nel giro di millisecondi, la paura segnala al nostro corpo che un pericolo è imminente e a cui bisogna reagire.

Un attacco di panico è sempre temporaneo, poiché il corpo umano può rilasciare solo una certa quantità di ormoni come serotonina, cortisolo o insulina. Non è quindi possibile per l’organismo mantenere questo stato di panico in modo permanente. In una situazione di panico acuto è molto utile tenere a mente questo fatto e sapere che passerà di nuovo.

Anche se gli attacchi di panico sono temporanei, possono durare diverse ore. In confronto, questo è piuttosto raro; la maggior parte degli attacchi di panico dura solo pochi minuti. Nella maggior parte dei casi, l’attacco di panico dovrebbe aver raggiunto il suo apice dopo pochi minuti e dovrebbe ridursi di nuovo.

Tipi di attacchi di panico
In medicina si fa una distinzione di base tra quattro tipi di attacchi di panico, ognuno dei quali ha una causa diversa:

  • Un improvviso attacco di panico

Gli attacchi di panico improvvisi di solito si verificano senza un motivo apparente e possono essere attribuiti principalmente a un disturbo di panico.

In questo tipo di panico, gli attacchi d’ansia si verificano quando la persona interessata si trova in un certo luogo o si trova in una situazione spiacevole. Una situazione del genere potrebbe essere quella di viaggiare in ascensore o di trovarsi in una grande folla. Nei casi peggiori di questo disturbo d’ansia, la persona colpita non è più in grado di uscire di casa perché la paura è semplicemente troppo grande. A questo punto, però, a tutti coloro che soffrono di questo disturbo si consiglia di non ritirarsi e di non nascondersi troppo. Questo non fa che manifestare la paura e diventa sempre più difficile sopravvivere a queste situazioni.

  • Fobia sociale

Questo tipo di panico descrive la paura delle situazioni interpersonali ed è solitamente scatenato da altre persone in presenza delle quali gli interessati non si sentono a proprio agio o minacciati. Per i malati è difficile stabilire contatti o andare tra le persone e attirare l’attenzione.

  • Fobie speciali

Se si soffre di una fobia particolare, il panico è scatenato da certe situazioni e da certi fattori scatenanti. Possono essere fobie animali, paura dei germi o paura dell’altezza, per esempio. In questi casi, il fattore scatenante può essere chiaramente definito, motivo per cui la persona interessata dovrebbe pensare a una terapia di confronto. Poiché gli inneschi di solito non sono cose di tutti i giorni, evitare queste situazioni può anche essere d’aiuto.

Sintomi
Ogni persona deve essere considerata come un individuo a sé stante e reagisce in modo diverso alla paura e al panico. Un attacco di panico può anche verificarsi senza essere immediatamente un disturbo d’ansia. Ciò è riconoscibile dalla regolarità degli attacchi.

Il cannabidiolo aiuta con gli attacchi di panico?
Per il trattamento dei disturbi d’ansia e degli attacchi di panico vengono utilizzate diverse terapie e farmaci per alleviare e prevenire il manifestarsi dei sintomi sopra citati.

Gli psicofarmaci, che spesso sono accompagnati da gravi effetti collaterali, giocano un ruolo importante in questo. Non tutti i pazienti vogliono quindi ricorrere a farmaci prodotti chimicamente. Molte persone colpite sono quindi alla ricerca di alternative a base di erbe e nel frattempo giurano sul cannabidiolo (CBD). Oltre ai molti altri effetti positivi del CBD, come il dolore e le proprietà antinfiammatorie, i prodotti cannabidiolici hanno un effetto ansiolitico e sono ideali per il trattamento degli attacchi di panico.

Effetto della CBD
Il cannabidiolo (CBD) è un principio attivo estratto dalla pianta di cannabis ed è legale in Austria. È noto anche il principio attivo THC, che è responsabile dell’effetto inebriante sull’organismo quando si usa la cannabis.

Anche se il THC e il CBD sono chimicamente simili, differiscono molto nei loro effetti – mentre il THC ha più probabilità di scatenare l’ansia, il CBD ha un effetto rilassante e calmante. Il rapporto tra THC e CBD differisce tra i ceppi, quindi dipende interamente dalla pianta di cannabis.

 

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Depressione, come combatterla con la cannabis light. Parola a Weedy Point

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) la depressione è la causa principale di disabilità a livello mondiale ed è anche uno dei tre maggiori problemi nei luoghi di lavoro (gli altri due sono stress e crisi familiari). È difficile fare una stima delle perdite che causa alle nostre famiglie, comunità e, in generale, all’intera società. Per molti anni le persone hanno cercato un rimedio sicuro ed efficace che li aiutasse a gestire questa malattia e, ad oggi, molte riportano i risultati positivi ottenuti grazie al CBD.

Nel corso degli ultimi decenni, i metodi principali usati per il trattamento della depressione sono stati farmaci come gli SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina), che hanno la funzione di modificare l’equilibrio ormonale del cervello nel tentativo di alleviare i sintomi. Malgrado possano risultare efficaci per alcune persone, hanno però evidenziato di provocare seri effetti collaterali e molti dei pazienti sono ad alto rischio di assuefazione o abuso.

Il CBD, al contrario, ha un profilo di sicurezza decisamente più favorevole. Quando l’OMS ha raccomandato l’abolizione di tutti i controlli su questo composto, i loro rapporti hanno affermato specificatamente che il CBD non è riconosciuto tra i preparati che causano effetti collaterali e che “non induce alla possibilità di abuso o assuefazione”.

Questo perché il cannabidiolo non ha effetti psicoattivi. Il CBD agisce sul sistema endocannabinoide che è una rete di recettori presenti in tutto il corpo umano che hanno il compito di controllare una vasta sfera di funzioni, incluso l’umore. Anche se la ricerca è ancora agli stadi iniziali, i primi risultati suggeriscono che il CBD può avere effetti antidepressivi grazie all’attivazione di recettori come il 5-HT1A, meglio conosciuto come il recettore della serotonina.

Malgrado questo sia un segnale incoraggiante del fatto che l’olio di CBD è efficace nel trattamento delle persone che soffrono di depressione, è importante tenere a mente che la ricerca non è solo speculativa ma anche che non tutti i composti a base di CBD sono prodotti correttamente e che alcuni avranno più effetto di altri.

I prodotti Bioteca aderiscono a tutti gli standard qualitativi europei e vengono sottoposti a numerosi test di laboratorio prima di essere immessi sul mercato.

La potenzialità di trattare la depressione con il CBD ad ampio spettro.
Per essere di aiuto nel trattamento della depressione, il CBD deve essere di un certo tipo.

Le due caratteristiche più importanti sono:

  • Non è prodotto con canapa industriale.
  • L’estratto è ad ampio spettro.

Il CBD può essere estratto sia dalla cannabis industriale (che ha un basso contenuto sia di THC che di CBD) sia dalla pianta di cannabis (che ha un’alta percentuale di contenuto cannabinoide). Queste due piante sono strettamente correlate e appartengono alla famiglia della canapa Sativa. Malgrado il CBD estratto dalla cannabis industriale sia più comune, è anche meno efficace per motivi che è semplice comprendere. Bioteca usa esclusivamente le piante di cannabis per produrre i propri composti a base di CBD.

Le varietà di cannabis industriale non contengono più dello 0.3% di THC. Anche se molti clienti non necessitano di alti livelli di THC, esso ricopre, comunque, una certa importanza dato che l’olio ideale per i trattamenti è quello ad ampio spettro che contiene tutti i cannabinoidi e i terpeni che sono necessari. Bioteca produce gli oli e le creme da cannabinoidi ad ampio spettro per garantire la più alta qualità dei prodotti.

È importante ricordare che, quando si parla di CBD, non esiste una dose precisa che vada bene per tutti. Il dosaggio varia da persona a persona a seconda dei vari fattori sopra menzionati. Il modo migliore di determinare il corretto dosaggio di CBD è chiedere consiglio al proprio medico.

Decidete sotto quale forma vorreste assumere il CBD. I prodotti di Weedy Point sono disponibili in gocce, creme e spray.
Non assumete troppo CBD. È importante ricordare che la terapia a base di canapa spesso funziona sul principio del “meno se ne usa, meglio è”.

Se non raggiungete i risultati desiderati con un alto dosaggio, Weedy Point vi consiglia di considerare l’idea di ridurlo, non di aumentarlo. Questo sistema ha aiutato molti pazienti a trovare il loro dosaggio migliore, quello maggiormente corretto per trattare la loro condizione particolare in quel momento. Ricordate che, durante il trattamento, potreste aver bisogno di modificare il vostro dosaggio ideale dopo un po’ di tempo.

Se state già assumendo altri farmaci, siate consapevoli del fatto che esiste la possibilità di effetti collaterali e interazioni con i medicinali prescritti e quindi sarebbe bene discuterne con il proprio medico.

 

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Gli effetti fisici e psichici dell’estratto di canapa. Scoprili con Weedy Point

Vuoi sapere di più su come l’estratto della canapa può aiutarti a stare meglio o a risolvere un particolare problema che ti affligge? Continua a leggere, in questo articolo Weedy Point mette in evidenza in modo approfondito tutti gli effetti collaterali del CBD, in modo che tu abbia un quadro completo su come possa esserti utile.

POSSIBILI EFFETTI COLLATERALI DEL CBD
Iniziamo subito specificando che il CBD non è un composto psicotropo: non ti fa “sballare” e non crea dipendenza. Ha effetti negativi?, ti starai forse domandando. Qualcuno sì: elenchiamo qui sotto i più comuni.

Secchezza delle fauci. Il cannabidiolo influisce sul comportamento delle ghiandole salivari, quindi può causare una leggera secchezza, che rimane comunque temporanea e a cui si può facilmente ovviare idratandosi opportunamente.

Variazioni dell’appetito. Dato che dipende molto dal tono dell’umore, e dato che il CBD ha effetti importanti proprio sull’umore, è possibile che assumendo estratto di cannabis si possano notare un aumento oppure una diminuzione del senso di fame (è una questione soggettiva). Se si trattasse di un effetto indesiderato, in ogni caso, si potrebbe porre rimedio a ciò riducendo la dose quotidiana di CBD fino a tornare a condizioni normali di appetito.

Leggero abbassamento della pressione Il CBD ha effetti ipotensivi, di conseguenza risulta utile a chi deve tenere sotto controllo la tendenza all’ipertensione; per gli altri soggetti, meglio consultare un medico prima di intraprendere un trattamento a base di cannabidiolo.

Senso di vertigine. Per ovviare a ciò, è sufficiente iniziare l’iter con dosaggi di CBD limitati, per poi eventualmente incrementarli.
Senso di stanchezza. Avendo il CBD effetti calmanti, è possibile che alcune persone notino una certa fiacca o sonnolenza. Anche in questo caso, basterà dosare in modo più oculato la quantità di estratto di CBD per eliminare gli effetti indesiderati.

Dissenteria. Questo effetto collaterale solitamente è dovuto più all’olio utilizzato come vettore che al cannabidiolo in sé. In genere il CBD viene associato ad olio di canapa, di oliva o MCT (trigliceridi a catena media); se uno di questi dovesse dare fastidio, sarebbe comunque possibile selezionare un prodotto formulato con un differente olio vettore.

Irritazione della pelle. Con l’applicazione di creme, gel o lozioni al CBD, si potrebbe verificare un arrossamento della cute: per questo è importante testare il prodotto prima su una zona ristretta per vedere come reagisce.

Come avrai notato, si tratta di effetti collaterali di portata non grave, e vale la pena ribadire che, interrompendo l’assunzione di CBD, essi spariscono automaticamente (non sono permanenti).

Inoltre, è sempre buona norma consultare il proprio medico, se già si assumono dei farmaci, per verificare che non vi siano potenziali interazioni con il CBD, come è opportuno fare con qualsiasi altro prodotto, anche se si tratta di un prodotto al 100% naturale (l’iperico, ad esempio, può avere interazioni con alcuni contraccettivi orali).

EFFETTI TERAPEUTICI DEL CBD
Dopo aver esaminato con attenzione i possibili effetti indesiderati del CBD, passiamo a considerare, invece, i benefici che questa molecola estratta dalla cannabis medica può avere, sia a livello fisico che a livello interiore. Ecco tutti gli effetti positivi che sono finora stati riconosciuti al CBD:

Effetti analgesici
Contribuisce a diminuire e ad eliminare dolori di diverso tipo: articolari, muscolari, cervicali, di testa, al nervo sciatico. Il CBD, infatti, agisce anche da antinfiammatorio

Tra gli effetti del CBD, è stata evidenziata la capacità di diminuire l’ansia e lo stress.

Effetti positivi del cbd su chi soffre di disturbi dell’umore
Aiuta a migliorare il tono dell’umore, ad allontanare le preoccupazioni e le paure, a calmare la mente e a

Effetti sul sistema immunitario: aiuta a modulare il sistema endocannabinoide, che a sua volta è uno dei responsabili della risposta immunitaria dell’organismo. In questo modo, i processi infiammatori cronici che sono all’origine di molte malattie vengono contrastati dal CBD. Inoltre, grazie alle sue proprietà ansiolitiche, il CBD aiuta ad allontanare lo stress, uno dei fattori che possono causare l’abbassamento delle difese immunitarie.

Un’altra funzione importante del cannabidiolo è quella immunosoppressiva 
Combatte, cioè, le modalità con cui il sistema immunitario “aggredisce immotivatamente” l’organismo (ne sono un esempio le crisi di rigetto e le malattie autoimmuni).

Effetti sessuali
Con il CBD è possibile ridimensionare la cosiddetta “ansia da prestazione” e le tensioni emotive che rischiano di ostacolare i rapporti; dall’olio di CBD si ricavano, inoltre, prodotti lubrificanti in grado di migliorare notevolmente l’esperienza intima.

Effetti ematici
Come anticipato, il CBD può essere utile a coloro che soffrono di pressione alta;

Effetti sul cervello
È ormai noto il suo potere calmante e rilassante; ciò è collegato alla capacità del CBDdi limitare la produzione di cortisolo, l’ormone deputato a “mettere in allerta” l’organismo, ormone definito anche “dello stress” (è proprio l’eccesso di allerta nella vita quotidiana a provocare una serie di disagi come la difficoltà a dormire, l’ipertensione, gli attacchi d’ansia e molti altri). Altri benefici del cannabidiolo sul cervello sono la capacità di agevolare la concentrazione, di migliorare l’umore e di diminuire la percezione del dolore.

Ulteriori effetti beneficidel CBD: antiossidante, anti-convulsivante, antispasmodico, antiemetico (contrasta il senso di nausea e l’urto del vomito).

Questo è un riepilogo degli effetti benefici del CBD finora scoperti. Naturalmente, non ha la pretesa di essere un elenco esaustivo, per il fatto che la materia è ancora oggetto di ricerca. Anzi, sono sempre più numerose le realtà, gli enti e le aziende che effettuano studi sugli effetti del CBD. È assai probabile, perciò, che presto emergano altre novità sulle proprietà terapeutiche di questa sostanza.

Eusphera Nutraceuticals, ad esempio, ha un reparto interno di Ricerca & Sviluppo che ha proprio il compito di portare nuove evidenze e di migliorare costantemente la qualità dei propri prodotti con estratto di cannabis.

Per qualsiasi domanda o delucidazione, contatta Weedy Point senza indugio e ti fornirà tutte le informazioni di cui hai bisogno.

 

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Weedy Point, le proprietà curative della cannabis light

Negli ultimi anni si è acceso sempre più il dibattito sulla Cannabis, in particolare la cannabis legale. Se la marijuana è sempre stata stigmatizzata per la sua caratteristica di provocare una sensazione di “sballo”, la cannabis light è ora particolarmente richiesta per tutte le sue proprietà benefiche.

Il principale componente della cannabis legale è il cannabidiolo, meglio conosciuto con l’acronimo di CBD. Esso costituisce generalmente il 40% dell’estratto totale ed è il principio attivo più ricercato dagli utilizzatori di questi prodotti.

Infatti, i consumatori non cercano l’effetto psicoattivo causato dalle varietà di cannabis che contengono un’elevata percentuale di THC. Diversamente, sono interessati alla condizione di relax che induce il CBD.

Il CBD offre moltissime proprietà curative e prima su tutte è quella di curare l’ansia in modo naturale, combattere la depressione e alleviare lo stress.

Molti e recenti studi hanno dimostrato le capacità curative del CBD, il quale rappresenta una risposta naturale a patologie che affliggono la maggior parte della popolazione.

A differenza dei prodotti chimici, i quali comportano dipendenza e assuefazione, nonché l’insorgere di problematiche derivanti da un uso prolungato, i rimedi naturali sfruttano componenti che lavorano già in sinergia all’interno delle piante e che possono quindi potenzialmente portare gli stessi benefici all’interno dell’organismo umano senza contrindicazioni.

Il CBD è in grado di agire sul sistema endocannabinoide umano regolando i cicli fisiologici che riguardano emozioni, sonno e umore. Ripercorriamo insieme le ricerche realizzate sulla cannabis per curare l’ansia, analizzando il modo in cui agisce sull’organismo.

Dallo studio della Washington State University di Pullman…
Un team di ricercatori dell’Università di Pullman ha voluto dimostrare la capacità della cannabis di alleviare i cosiddetti “disorders” legati ai sintomi di ansia, stress, panico e malcontento. Questi stati d’animo, purtroppo, sono gli stessi contro cui molti di noi combattono quotidianamente.

Gli scienziati hanno cercato di dimostrare come diverse concentrazioni di CBD e THC influenzino questi stati d’animo restituendo all’organismo una sensazione di benessere.

Lo studio è stato realizzato su un campione di circa 1.400 persone affette da questi disturbi. Il campione selezionato avrebbe dovuto fare uso di cannabis per poi rispondere a una serie di domande su un’app che permetteva di quantificare, su una scala da 1 a 10, i loro stati d’animo.

Si parla in questo caso di “esame naturalistico”. Questa metodologia ha permesso ai ricercatori di osservare le risposte dei partecipanti nella vita reale e non negli ambienti asettici di laboratori o ambulatori.

Le risposte messe a confronto sono state più di 12.000 e da queste è emersa una certezza. Rispetto a studi precedenti nei quali era stato impiegato solamente il THC, con questo studio più recente si è dimostrato come l’utilizzo di cannabis ad alto contenuto di CBD e basso in THC ha ridotto significativamente le condizioni di ansia, depressione e stress.

Dopo l’uso di cannabis, i pazienti hanno percepito una diminuzione pari al 50% della depressione e al 58% di ansia e stress.

La cannabis per curare l’ansia e la depressione è quella legale, approvata dalla normativa italiana proprio perché presenta elevate concentrazioni di CBD e una ridotta componente di THC, il principio attivo responsabile dell’effetto psicoattivo.

…allo studio dell’Università di San Paolo
Come nello studio precedente, anche in questo secondo caso i ricercatori si sono appoggiati a un’applicazione per smartphone chiamata “Releaf App”. L’app in questione ha permesso di monitorare gli effetti causati dalle diverse quantità e fenotipi di cannabis.

Questo studio, meno imponente a livello numerico, è stato condotto su 27 volontari, in questo caso però “sani”, che ricevevano 300mg di CBD trenta minuti prima della registrazione del test. Anche da questi risultati è emerso che il CBD può essere utilizzato con successo per trattare i sintomi di ansia e depressione, e (attenzione!) senza alterare il normale ciclo del sonno dei pazienti.

Questo è il punto fondamentale, la cannabis, infatti, permette di ottenere gli stessi risultati previsti da farmaci quali ansiolitici o antidepressivi ma escludendo tutti gli effetti collaterali che questi comportano.

Ansiolitici e antidepressivi sono come dei sedativi per il sistema nervoso. Infatti, più che guarire il disturbo, lo sopprimono momentaneamente. Inoltre, è importante sottolineare che questi farmaci possono aiutare in un primo periodo, ma se la cura dovesse dilungarsi troppo, c’è il rischio di aumentare la vulnerabilità alla ricaduta nel momento dell’interruzione.

Al contrario, la cannabis per curare l’ansia, la depressione e lo stress non attenua le conseguenze ma risolve il problema alla radice. Il sistema endocannabinoide è responsabile di funzioni e processi come la riproduzione, la memoria, l’appetito, l’umore e anche il sonno.

Il CBD, agendo sul sistema, riequilibra i cicli biologici che per cause esterne sono stati alterati. Non fa altro che permettere all’organismo di fare ciò che dovrebbe se fosse in perfetta forma. Tra i benefici del CBD, essendo un prodotto naturale, c’è proprio quello di riequilibrare un organismo stressato.

La ricerca sulla cannabis per curare l’ansia
Tra i principali effetti della cannabis legale troviamo proprio quelli relativi alla cura dell’ansia, un disturbo di cui la popolazione soffre sempre di più.

I primi test sulle proprietà del CBD nei confronti dell’ansia sono stati condotti dal National Institute on Drug Abuse, il quale ha testato gli effetti terapeutici del CBD contro il cosiddetto disturbo d’ansia generalizzato. I primi esperimenti con risultati positivi sono stati condotti sui ratti.

Nello studio sono stati coinvolti animali affetti dai classici sintomi che si verificano in concomitanza con l’ansia come, ad esempio, una più alta frequenza cardiaca. L’utilizzo del CBD ha provato come questi sintomi si riducessero notevolmente, portando beneficio all’organismo interessato.

Tuttavia, questo non è stato l’unico studio condotto in relazione alla cannabis per curare l’ansia. Oltre alla forma di ansia generalizzata, sono state condotti esperimenti relativi ad altri disturbi che comportano stati ansiosi come il disturbo post-traumatico e il disturbo d’ansia sociale.

In particolare, sono diversi gli studi che si sono interessati del disturbo da stress post-traumatico, particolarmente diffuso negli States. Il CBD, grazie alla sua capacità di agire sul sistema endocannabinoide, migliora la qualità del sonno inducendo l’organismo a un sonno più profondo e regolare, curando così l’insonnia e riducendo l’incidenza di incubi. I disturbi del sonno sono molto diffusi tra i soggetti che soffrono di disturbo da stress post-traumatico.

Chi soffre di questa patologia spesso assume appositi farmaci e la scienza ha provato che il CBD non produce particolari effetti collaterali se combinato con altri farmaci tradizionali.

Molto efficace si è dimostrata la cannabis per curare l’ansia anche nel campo del disturbo d’ansia sociale. Uno studio specifico ha somministrato una dose di CBD e una di placebo a un determinato numero di soggetti e coloro che hanno assunto cannabis light hanno provato una riduzione immediata del disturbo.

Cannabis light contro l’ansia e i disturbi neurologici
Le proprietà del CBD non solo sono in grado di curare i disturbi d’ansia fini a se stessi, ma anche altre patologie neurologiche e disturbi comportamentali.

Uno studio ha valutato le proprietà del CBD su bambini autistici, somministrandogli una dose ad alto contenuto di CBD e basso in THC. In base al Caregiver Global Impression of Change, a seguito del trattamento, il 61% dei soggetti interessanti ha sperimentato una riduzione notevole delle esplosioni nei comportamenti con un netto miglioramento di problemi collaterali come ansia e comunicazione, nel 37% e nel 47% dei pazienti rispettivamente.

Diversi studi sono stati condotti per testare le proprietà del CBD nei confronti dell’epilessia. Sia sugli animali che sugli esseri umani sono state provate le qualità anticonvulsionanti, attestando che il CBD è un principio attivo naturale sicuro per chi soffre di questo disturbo.

Ancora, le proprietà del CBD si sono mostrate efficaci nella cura del morbo di Parkinson. Uno studio che ha trattato con CBD pazienti affetti dal morbo per 3 mesi consecutivi ha dimostrato come gli interessati, alla fine del trattamento, avessero ridotto significativamente i disturbi derivanti dalla malattia, senza peggiorare le funzioni motorie.

Ulteriori studi sono stati condotti nel campo della schizofrenia, provando che il CBD ha effetti antipsicotici ma senza causare effetti collaterali né di per sé e nemmeno se abbinato ad altri farmaci per il trattamento del disturbo.

La cannabis come risposta per curare la depressione
Gli studi sulla cannabis per curare la depressione sono ancora agli albori. Tuttavia, pare che il CBD agisca sul sistema endocannabinoide e, in particolare, sulle funzioni dell’umore.

Attraverso il medesimo meccanismo visto nei confronti dell’ansia, anche per quanto riguarda l’umore il CBD si occupa di riequilibrare quei cicli che hanno vissuto uno scompenso all’interno dell’organismo.

I recettori dei cannabinoidi sono chiamati endocannabinoidi, ossia mediatori lipidici che costituiscono il sistema endocannabinoide. Gli endocannabinoidi regolano tantissimi processi umani come la cognizione umana, le emozioni e l’attività motoria e hanno una composizione chimica simile a quella della cannabis. Ecco perché vengono attivati dal CBD e dal THC contenuti all’interno della pianta.

Ad aver testato l’interazione dei cannabinoidi sul sistema sono stati gli scienziati dell’Università di Buffalo Research Institute od Addictions (RIA),i quali hanno studiato sia depressione che stress cronico. È emerso come le sostanze chimiche prodotte dal cervello siano simili a quelle contenute nella pianta di cannabis. Dai risultati raccolti, gli scienziati hanno dedotto che le componenti della cannabis possono essere utili per la soluzione dei disturbi appena citati.

Le ricerche sono state inizialmente condotte sugli animali. Gli scienziati hanno notato che lo stress cronico riduceva la produzione di endocannabinoidi da parte del cervello, la quale conseguenza era uno stato di depressione. L’uso dei composti derivanti dalla cannabis è riuscito a colmare questo gap riducendo la depressione e ristabilizzando lo stato d’animo del soggetto in questione.

Come vedi, il CBD è in grado di risolvere un problema anche grave alla sua radice, invece di limitarsi ad assopire i sintomi.

Esistono dei rischi?
Sono in molti a chiedersi se la cannabis contro la depressione sia responsabile di eventuali effetti collaterali, tra cui la stessa acutizzazione dello stato depressivo. In realtà, ad oggi non esistono abbastanza prove del fatto che esistano effetti collaterali gravi.

È stato condotto un sondaggio, uno dei pochi realizzati negli Stati Uniti, sui benefici della cannabis. I risultati sono stati incoraggianti, dato che il 71% dei pazienti ha riportati solo vantaggi e nessuna controindicazione, mentre il 6% ha riportato un’irritazione alla gola e il 5% è stata semplicemente preoccupata di essere arrestata, nonostante la cannabis medica fosse legale nello stato delle Hawaii dove è stato condotto il sondaggio.

 

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Crisi epilettiche e cannabis light. Weedy Point riporta uno studio a riguardo

La cannabis light ha dimezzato le crisi epilettiche nei bambini affetti da epilessia resistente ai farmaci tradizionali. E’ il risultato di uno studio curato dai ricercatori dell’Università di Saskatchewan, in Canada, che ha riscontrato miglioramenti in soggetti di età infantile.

Secondo lo studio, la cannabis light, con il suo effetto anticonvulsivante, migliorerebbe non solo la situazione sanitaria, ma la vita generale delle persone rendendole più interattivi con i propri cari.

Crisi epilettiche e CBD: i risultati dello studio 
Guidati da Richard Huntsman, neurologo del college di medicina dell’università, i ricercatori hanno somministrato un olio curativo a base di CBD al 95% e di THC al 5% su bambini (7 in totale con età da 1 a 10 anni) che soffrono di gravi forme di epilessia resistente ai farmaci. Nei sei mesi di osservazione i bambini hanno ricevuto 10-12 milligrammi di estratto di cannabis per ogni chilo di peso, per ogni giorno. Malgrado la preoccupazione iniziale, nessuno dei soggetti ha riscontrato effetti di intossicazione. “Ciò che siamo stati in grado di mostrare è che i livelli plasmatici di THC, suggeriscono un basso rischio di intossicazione con un rapporto THC/CBD di 1:20”, hanno sottolineato. Dopo il periodo di somministrazione, gli effetti sono stati sorprendenti con una riduzione degli attacchi epilettici di oltre la metà. In 3 bambini su 7 addirittura le crisi sono definitivamente scomparse. Oltre ai miglioramenti della condizioni di salute dei bambini, i ricercatori hanno riscontrato un progresso nella vita di tutti i giorni.

L’efficacia del CBD
L’esperimento dell’Università di Saskatchewan rappresenta un contributo importante nella ricerca sulla cannabis terapeutica. Già altri studi hanno dimostrato che i prodotti contenenti CBD possono essere efficaci nell’aiutare a controllare le convulsioni nei bambini con encefalopatia epilettica, una forma grave di epilessia che inizia nell’infanzia. Nonostante il Canada sia un paese leader nella diffusione della cannabis terapeutica, molti genitori faticano a trovare medicinali adatti ai più piccoli dato che ancora rimane un vuoto normativo. “Il nostro olio non guarisce l’epilessia, ma la probabilità di ottenere un buon risultato con un altro farmaco è davvero bassa”.

E’ un argomento che di recente è stato affrontato dal dottor Pasqualino Strianoni ricercatore presso l’Università degli Studi di Genova e neurologo infantile presso il Gaslini, che aveva indicato il CBD come: “Un farmaco tra i primissimi da considerare per questi bambini”, vista la sua “efficacia clinica e la tollerabilità eccellente” nell’epilessia.

 

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