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Come agisce la cannabis light sul dolore? Gli studi riportati da Weedy Point

Come agisce il CBD sul dolore?
Il corpo umano possiede una rete composta da milioni di recettori che interagiscono con i cannabinoidi ricevendo e traducendo le loro informazioni. Questa rete di recettori è il sistema endocannabinoide, che serve a regolare numerose funzioni fisiologiche. Gli endocannabinoidi come l’anandamide (AEA) e il 2 arachidonoilglicerolo (2-AG) sono formati dal nostro stesso organismo. Altro tipo di cannabinoidi sono i fitocannabinoidi che invece provengono dall’esterno.

Il cannabidiolo o CBD è un fitocannabinoide che agisce indirettamente sui recettori di questo sistema, riequilibrandolo quando uno stimolo, come il dolore, lo perturba.

Non agisce in modo specifico in una parte del corpo, ma funge da modulatore dell’intero sistema endocannabinoide, ripristinando l’equilibrio del sistema quando questo è scompensato.

Il dolore è una sensazione che si prova per via di specifiche fibre nervose che trasportano gli impulsi dolorosi dalla periferia al cervello, il quale a sua volta integra e modifica l’informazione dolorosa. Questo sistema è noto come via ascendente del dolore. C’è anche una via discendente del dolore, che invia segnali dal cervello alla periferia portando il messaggio di spegnimento del dolore. Diversi neurotrasmettitori come il glutammato o il GABA intervengono in questi meccanismi.

Il dolore può essere di diversi tipi, tra cui:

Acuto: è improvviso e ha una durata breve relazionata alla sua causa, come un intervento chirurgico, un trauma o un parto. È facilmente trattabile con i farmaci.

Cronico: è duraturo e continua anche quando la causa scatenante scompare. Può durare anche anni ed in genere è resistente alle terapie. Questo dolore implica uno squilibrio psicologico e può causare anche depressione e ansia. Alcune condizioni che possono provocarlo sono emicrania, cancro, nevralgia, fibromialgia, etc. Un tipo di dolore cronico particolarmente difficile da trattare è quello neuropatico.

Il ruolo della cannabis nel trattamento del dolore è stato oggetto di numerosi studi e si è rivelato utile nella gestione di diverse forme di dolore, prevalentemente refrattarie al trattamento con oppioidi. Il CBD è un composto non tossico, non psicoattivo, con pochissimi effetti collaterali. Molti studi dimostrano l’efficacia del cannabidiolo sul dolore neuropatico. In particolare si è rivelato promettente nei confronti del dolore neuropatico periferico provocato dai chemioterapici. Inoltre la qualità della vita di questi pazienti è spesso inficiata da insonnia, depressione e ansia. Interagendo con i recettori serotoninergici, il CBD è potenzialmente utile nel trattamento di queste comorbidità, migliorando così lo stato di salute dei pazienti e il tono dell’umore. Non è ancora ben chiaro in che modo il CBD eserciti la sua azione analgesica sul dolore neuropatico, ma di certo interagisce con diverse neurotrasmissioni del sistema nervoso centrale. Oltre all’interazione con la serotonina, è stato riportato un suo potenziale coinvolgimento nella regolazione dei recettori dell’adenosina, coinvolti nella trasmissione e la cronicizzazione del dolore.

Il CBD è risultato essere promettente anche per il trattamento del dolore infiammatorio. Infatti in molte condizioni infiammatorie, come l’artrosi, il CBD agisce da antinfiammatorio naturale e ne previene l’aggravamento. In uno studio condotto dall’Università Insubria di Varese è stato evidenziato che l’estratto di cannabis e il CBD possono inibire la produzione di citochine, molecole infiammatorie. Il cannabidiolo agisce inoltre sui processi chimici caratteristici dell’endocannabinoide anandamide, che è legato alla percezione del dolore, e inoltre attiva recettori coinvolti nella trasmissione e la cronicizzazione del dolore.

Oltre alla sua efficacia nel dolore cronico, è stata provata anche la sua sicurezza: in uno studio pubblicato sul Journal of Pain riguardante la sicurezza a lungo termine del consumo di cannabis medica da parte dei pazienti affetti da dolore cronico si è visto come questa abbia un profilo di sicurezza ragionevole.

L’efficacia del CBD non si limita al dolore cronico neuropatico e infiammatorio, ma è stata osservata anche in molte altre condizioni cliniche, come la sclerosi multipla, l’epilessia, l’insonnia, la schizofrenia, e molte altre patologie resistenti alla terapia farmacologica.

 Weedy Point vi aspetta in via Turati 101 a Porto d’Ascoli con la migliore selezione di cannabis light. Info al 349 1513651.

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Le proprietà antitumorali della cannabis light. Weedy Point riporta delle ricerche a riguardo

Tra i pazienti oncologici che seguono trattamenti con cannabidiolo si registra una risposta positiva. Ecco lo studio, condotto da un team di scienziati internazionali, che dimostra il potenziale del CBD contro il cancro grazie all’azione sui geni chiave.

Il CBD contro il cancro: le ricerche
Le proprietà antitumorali del cannabidiolo negli ultimi anni sono state dimostrate su diversi tipi di tumore. Secondo recenti studi, infatti, il CBD da una parte può essere usato per sensibilizzare le cellule tumorali alla chemioterapia e dall’altra inibisce il rilascio di alcune strutture delle cellule tumorali (esosomi e microvescicole) che non solo sono coinvolte nella comunicazione intercellulare attraverso il trasferimento di proteine e materiale genetico, ma sono anche resistenti agli agenti chemioterapici e in grado di favorire il cancro.

Non solo, nell’articolo pubblicato sulla rivista Cell Death & Disease, che fa parte del network di Nature, i ricercatori hanno inoltre dimostrato come le linee cellulari derivate da una forma molto aggressiva di leucemia (la leucemia linfoblastica acuta a linfociti T) siano altamente sensibili al trattamento con CBD. Questo avviene in particolare grazie all’azione del cannabidiolo sui mitocondri — che spesso svolgono un ruolo chiave nella riprogrammazione oncogenica — che, alterando e sovraccaricando la loro capacità di gestire il calcio, porta alla loro morte cellulare.

Alla luce di queste scoperte è nata nella comunità scientifica la necessità di trovare nuove strategie terapeutiche partendo proprio dai cannabinoidi e del cannabidiolo. È in questo contesto che si inserisce lo studio sui geni chiave.

CBD, cancro e geni chiave: lo studio
Nonostante il CBD venga ampiamente utilizzato a livello medico internazionale, anche per l’automedicazione dei malati di cancro, e le terapie a base di cannabidiolo siano in fase di valutazione clinica per il trattamento specifico contro il tumore, i suoi meccanismi d’azione sono ancora poco noti e hanno bisogno di ulteriori studi e approfondimenti per essere compresi appieno.

È da questa considerazione che è nato lo studio intitolato “Cannabidiol Treatment Results in a Common Gene Expression Response Across Aggressive Cancer Cells from Various Origins” e pubblicato online nell’aprile 2021. Lo studio, inoltre, è stato costruito sulla base delle ricerche precedenti che avevano già riportato come il cannabidiolo, un cannabinoide non psicoattivo, fosse in grado di sottoregolare l’azione dell’inibitore del gene pro-metastatico del legame 1 del DNA (ID1) nelle cellule tumorali, portando così all’inibizione della progressione del tumore.

Durante questo studio, i ricercatori, utilizzando per la convalida l’analisi microarray — che permette di esaminare simultaneamente la presenza di differenti geni all’interno di un campione di DNA — e l’analisi Western blot — tecnica che permette, mediante il riconoscimento da parte di anticorpi specifici, di identificare una specifica proteina in una miscela di proteine — hanno tentato di identificare l’intero spettro di geni regolati dal CBD attraverso varie linee cellulari tumorali aggressive, tra cui seno, cervello, testa, collo e prostata.

 

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Stop emicrania! La cannabis light può essere una valida alleata. Scopri di più con Weedy Point

Cosa devi sapere sul dosaggio CBD per emicrania
I ricercatori hanno trovato un problema nel sistema endocannabinoide dei malati di emicrania.
Il sistema endocannabinoide è un sistema naturale del corpo umano che controlla la tua salute generale che influisce molto sul benessere della persona.

I malati di emicrania cronica hanno un sistema endocannabinoide estremamente ridotto rispetto ad un’altra persona che non soffre di questo disturbo, quantificabile fino ad un 50% in meno.
La riduzione del sistema endocannabinoide può essere riconducibile anche ad un abuso dei farmaci che porta ad essere vittime di cefalea ed emicrania.

Il sistema endocannabinoide e il CBD
Grazie agli studi sempre più frequenti sulla marijuana e marijuana legale, con un occhio di riguardo maggiore per il cannabidiolo, è venuta alla luce una nuova teoria in cui i ricercatori spiegano che la carenza di endocannabinoidi potrebbe essere l’origine dell’emicrania.

I cannabinoidi come il CBD o il THC aumentano gli endocannabinoidi nel corpo e possono combattere l’emicrania aumentandone i livelli nell’organismo.
Si pensa positivamente sulla sua efficacia poiché il corpo produce già questa sostanza naturalmente, comunque gli studi sono ancora in corso.

Quali sono i fattori scatenanti dell’emicrania?
Quasi tutti i fattori scatenanti dell’emicrania o cefalea tensiva sono riconducibili allo stress.
Lo stress esaurisce gli endocannabinoidi.
Ciò suggerisce che più sei stressato e più CBD avrai bisogno per ripristinare i livelli di endocannabinoidi.
Si raccomanda sempre di non esagerare e di aumentare il dosaggio solamente in caso di chiara necessità e su consiglio del medico.

Inoltre, non utilizzare lo stesso dosaggio di un tuo amico o conoscente per curare l’emicrania.
Infatti, come ogni persona risponde al CBD in maniera differente, anche i livelli di endocannabinoidi nel tuo sistema variano da persona a persona.

La causa dell’emicrania influisce nel dosaggio di CBD?
Si, la causa dell’emicrania influisce sul dosaggio del CBD perché la patologia può derivare da diversi stati:

Stress
Ansia
In caso di cefalea ed emicranie dovute all’ansia, ci sono altri fattori da tenere in considerazioni e diversi metodi di cura e correlazione tra CBD ed ansia.
In caso di ansia, l’olio di CBD può aiutarti ad eliminare totalmente i mal di testa, mentre nel caso di una lesione al collo, il CBD può alleviare il dolore.

Il dosaggio CBD da assumere dipenderà da quanto sono forti le emicranie e i dolori.

Come assumere il CBD per emicrania
Esistono diversi modi per assorbire il CBD:

Per inalazione
Per via orale (caramelle, capsule)
Per via sublinguale
Per via topica (crema)
Questo articolo si concentrerà sugli estratti di canapa legale che prendi per via sublinguale o orale, anche perché nelle altre forme il dosaggio è già concentrato e specifico, ma puoi leggere i pro e contro di ogni modalità di assunzione.
Infatti, trattare un dolore al collo con la crema di canapa per lenire i nervi associati all’emicrania, avrà una dose diversa di CBD rispetto a una dose sublinguale che prendi per aumentare i livelli totali di endocannabinoidi presenti nel corpo.

Come trovo il dosaggio di CBD giusto contro l’emicrania?
Trovare il dosaggio giusto per curare la propria emicrania non è facile e può richiedere settimane e in alcuni casi mesi.
Per prima cosa chiedi il parere del tuo medico.

Una regola valida per tutti è iniziare con una dose di estratto di canapa legale a basso contenuto di CBD, per poi aumentare se non si ottengono i risultati desiderati.
Dosi eccessive di CBD in alcuni casi può portare ad un aumento dello stress, dell’infiammazione e dell’emicrania stessa, anche se è un avvenimento molto raro.

I ricercatori e i medici, consigliano di iniziare con una piccola dose, come 5 mg al giorno, e di aumentare quella dose di 5 mg ogni settimana fino a quando non ti senti meglio.
Se noti qualcosa di insolito nel tuo corpo diminuisci il dosaggio e avverti il tuo medico.

Dopo quanto tempo il CBD cura la mia emicrania?
Nessun trattamento per l’emicrania è garantito per funzionare ma i cannabinoidi agiscono sul tuo sistema endocannabinoide e questo può richiedere tempo.

La maggior parte degli studi sull’emicrania indicano tre mesi per vedere se un trattamento è efficace o meno.
Per questo motivo considerare lo stesso tempo per vedere se un estratto di canapa legale funziona, è quello che consigliano i ricercatori.

Tieni presente che alcune persone provano sollievo immediato, altre persone impiegano 3 mesi e alcuni purtroppo potrebbero non raggiungere mai il senso di benessere che cerca con il CBD.

Il CBD previene l’emicrania?
Il CBD si trova in alcuni ceppi di cannabis e canapa che le persone usano per alleviare l’emicrania, ma non ci sono conferme che un alto concentrato di cannabidiolo senza THC prevenga l’emicrania.
Comunque i ricercatori stanno ancora studiando gli effetti positivi del CBD della marijuana legale sul corpo umano e i risvolti che possono avere sulla prevenzione di cefalee ed emicranie.

 

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Cannabis light, come agisce positivamente sul sistema nervoso? Ce ne parla Weedy Point

Sempre più ricerche scientifiche mirano a indagare nel profondo l’azione del cannabidiolo (CBD) sul nostro sistema nervoso. I motivi di questo interesse crescente risiede negli effetti benefici che la pianta di canapa e i suoi estratti possono avere sul corpo umano. A maggior ragione è bene capire il modo in cui il cannabidiolo, il principio attivo non psicoattivo della pianta di cannabis, interagisce con il cervello e con il sistema nervoso centrale. Il tutto potrebbe riassumersi nel concetto che il nostro stesso corpo produce cannabinoidi – gli endocannabinoidi – i quali giocano importanti ruoli nel nostro organismo e costituiscono quello che viene chiamato sistema endocannabinoide.

Il CBD e il THC, due sostanze chimiche e principali principi attivi della pianta di cannabis, hanno vari effetti benefici sul nostro organismo, grazie alla loro capacità di interagire con i recettori presenti nel corpo umano.

Oggi gli estratti di canapa, come ad esempio l’olio di canapa, vengono sempre più impiegati per accostare trattamenti che mirano a intervenire sul sistema nervoso centrale o, anche sul sistema immunitario.

CBD e sistema nervoso. L’impiego in medicina
L’impiego della cannabis in generale per accompagnare il trattamento di alcune malattie che colpiscono il sistema nervoso è una realtà ormai da anni.

Uno dei casi più noti è quello del morbo di Parkinson. Vari studi scientifici, come quello condotto nel 2014 dai ricercatori del Dipartimento di Neurologia del Rabin Medical Center, parte della Tel Aviv University, hanno evidenziato l’efficacia della cannabis nel ridurre i sintomi della malattia di Parkinson, una patologia in grado di colpire il cervello e che comporta un sostanziale calo nella produzione di dopamina.

Le molecole della cannabis possono agire come agoniste (si attaccano a un recettore e ne provocano il medesimo effetto) oppure antagoniste (bloccano l’azione del recettore). La cannabis in questo caso funge da agonista per la dopamina, contrastando così l’azione della malattia.

Il solo cannabidiolo (CBD) è risultato avere una profonda efficacia nel ridurre la frequenza delle crisi epilettiche. Uno studio pubblicato sul Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry da parte dei ricercatori della UNSW di Sydney ha mostrato come il cannabidiolo, accostato come trattamento dell’epilessia, faceva sì che il numero di crisi mensili si dimezzasse.

Il sistema endocannabinoide
Il sistema endocannabinoide (ECS) è un sistema biologico presente nel corpo umano composto da endocannabinoidi. Gli endocannabinoidi sono piccole molecole segnale che derivano da un acido grasso polinsaturo: l’acido arachidonico. Gli endocannabinoidi attivano i recettori dei cannabinoidi di tipo 1 (denominato CB1) e di tipo 2 (CB2). I primi recettori sono presenti nel cervello e in alcuni tessuti periferici mentre i secondi si trovano prevalentemente nelle cellule del sistema immunitario. L’insieme degli endocannabinoidi di un individuo viene identificato come sistema endocannabinoide. Il sistema endocannabinoide agisce sulla regolazione di una grande varietà di processi sia fisiologici che cognitivi, come l’appetito, la sensazione di dolore o l’umore.
Consideriamo i cannabinoidi come dei “messaggeri” che agiscono nel nostro corpo.

L’azione del CBD sul sistema nervoso centrale
Il cannabidiolo (CBD) agisce indirettamente sui recettori del sistema endocannabinoide e si comporta come una sostanza “regolatrice” del nostro sistema endocannabinoide. Il cannabidiolo (CBD) modula dei meccanismi che già sono esistenti e in atto nel nostro organismo.

In sostanza, nel momento in cui si attua uno squilibrio o uno scompenso nel sistema endocannabinoide, la modulazione provveduta dal cannabidiolo (CBD) – che agisce, ad esempio, sul sistema immunitario o indirettamente su un processo infiammatorio – tende a ripristinare l’equilibrio originario. Il cannabidiolo (CBD) comporta una modulazione indiretta di una alterazione del sistema endocannabinoide umano provocata da patologie o traumi.

È per questo motivi che le sostanze estratte dalla pianta di canapa, come l’olio di CBD, contribuiscono a generare quelle sensazioni di rilassatezza o riduzione del dolore che le hanno rese così popolari e impiegate per una miriade di scopi.

 

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La cannabis light aiuta a prevenire e curare il Covid. Weedy Point riporta uno studio a riguard

L’acido cannabigerolico (Cbga) e l’acido cannabidiolico (Cbda), avrebbero la capacità di legarsi alla proteina Spike del nuovo coronavirus e, così facendo, anche quella di impedire al virus di penetrare nelle cellule e causare infezioni.

Questa tesi è stata proposta da un team di ricercatori affiliati all’Oregon State University, il cui studio è stato pubblicato sul “Journal of Natural Products”.

Richard Van Breemen, tra i firmatari dello studio, ha spiegato che questi cannabinoidi “biodisponibili per via orale e con una lunga storia di uso umano sicuro, isolati o in estratti di canapa, hanno il potenziale per prevenire e curare l’infezione da Sars-Cov-2”. Si tratta di acidi “abbondanti nella canapa e in molti estratti di canapa”, ha dichiarato lo studioso, precisando che “non sono sostanze controllate come il Thc, l’ingrediente psicoattivo della marijuana” e che “hanno un buon profilo di sicurezza negli esseri umani”. Secondo lo stesso Van Breemen, tra l’altro, sia il Cbda sia il Cbga sarebbero riusciti a frenare l’azione delle varianti emergenti del virus che causa il Covid-19. “La nostra ricerca ha mostrato che i composti di canapa erano ugualmente efficaci contro le varianti di Sars-Cov-2, incluse la variante B.1.1.7, che è stata rilevata per la prima volta nel Regno Unito e la variante B.1.351, rilevata per la prima volta in Sudafrica”, ha commentato ancora.

Il meccanismo di prevenzione dell’infezione

“Qualsiasi parte del ciclo di infezione e replicazione è un potenziale obiettivo per l’intervento antivirale e la connessione del dominio di legame del recettore della proteina spike al recettore della superficie cellulare umana Ace2 è un passaggio critico in quel ciclo”, ha argomentato ancora van Breemen, a margine dello studio. Questo significa, ha riferito, che “gli inibitori dell’ingresso delle cellule, come gli acidi della canapa, potrebbero essere usati per prevenire l’infezione da Sars-Cov-2 e anche per ridurre le infezioni impedendo alle particelle di virus di infettare le cellule umane”. Come? Legandosi alle proteine Spike in modo che le stesse “non possano legarsi all’enzima ACE2, che è abbondante sulla membrana esterna delle cellule endoteliali nei polmoni e in altri organi”.

Per gli studiosi impegnati in questo lavoro di ricerca, tra l’altro, sebbene servano ulteriori approfondimenti, questo studio dimostrerebbe che i cannabinoidi potrebbero essere trasformati in farmaci per prevenire o curare il Covid-19.

 

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La cannabis light contro il dolore cronico. Scopri di più con Weedy Point

Trattare il dolore cronico con il CBD potrebbe rappresentare un nuovo approccio farmacologico non invasivo basato su un principio attivo ben tollerato e di origine naturale.

Il dolore è uno dei sintomi più comuni in diverse patologie ed è caratterizzato da una sensazione spiacevole che varia in base al fenomeno in corso che lo provoca e alle caratteristiche della persona che lo avverte. Il dolore può essere acuto – facilmente trattabile e, in genere, autolimitante – oppure cronico, spesso invalidante e su cui è difficile intervenire.

Per migliaia di anni, la Cannabis è stata utilizzata per scopi medicinali. È ormai noto che l’organismo umano è dotato di un sistema endocannabinoide (ECS) che riceve e traduce i segnali dei cannabinoidi. Esistono infatti composti prodotti endogenamente che possono interagire con quelli che sono comunemente denominati recettori cannabinoidi. Tali composti sono, ad esempio, l’anandamide (AEA) e il 2 arachidonoilglicerolo (2-AG). L’ ECS ha il compito di regolare alcune funzioni fisiologiche quali il sonno, la fame, la coordinazione motoria, le risposte del sistema immunitario e il dolore. Il cannabidiolo (CBD) è uno dei circa 120 composti chiamati fitocannabinoidi, come il tetraidrocannabinolo (THC), ma differisce da quest’ultimo in quanto non causa il cosiddetto effetto “high” psicotropo, poiché mostra una blanda affinità verso i recettori cannabinoidi, mentre interagisce con diverse altre neurotrasmissioni. Molti studi dimostrano che il CBD, attraverso svariati meccanismi d’azione, esercita diversi effetti farmacologici anche a livello del sistema nervoso centrale.

Un’ introduzione. Meccanismi e tipologie di dolore

“Un’esperienza sensoriale spiacevole ed emotiva associata a danno tissutale reale o potenziale o descritta in termini di tale danno”.

Definizione di dolore secondo l’International Association for the Study of Pain (IASP), come riportato dal Ministero della Salute.

Il dolore è mediato da fibre nervose che trasportano gli impulsi dolorosi dalla periferia, al midollo e infine al cervello; il quale a sua volta integra e modifica l’informazione relativamente ad altri fattori. Questo sistema è noto come via ascendente del dolore. Esiste una via deputata allo spegnimento del dolore, nota come via discendente del dolore o antinocicettiva endogena, che, a partire dalla corteccia, invia segnali alla periferia che provocano la cessazione della sensazione dolorosa. Diversi neurotrasmettitori intervengono in questi processi, sia in condizioni fisiologiche che patologiche. Uno dei più importanti è il glutammato, il quale svolge un ruolo fondamentale sia fisiologico (nel Sistema Nervoso) sia nella modulazione del dolore. Il glutammato è il più importante neurotrasmettitore eccitatorio del Sistema Nervoso Centrale (SNC) e numerosi studi preclinici evidenziano una iperattivazione dell’intera neurotrasmissione in svariate condizioni patologiche tra cui il dolore cronico. Il GABA (o acido γ-amminobutirrico), principale neurotrasmettitore inibitorio del SNC, invece, ha il compito di inibire i neuroni del midollo spinale deputati alla trasmissione del dolore. Il dolore può essere classificato come acuto o cronico:

Dolore cronico

Diversamente dal dolore acuto esso può durare più di sei mesi e continuare anche quando la causa scatenante è scomparsa. I segnali del dolore restano attivi per settimane, mesi o anni e possono essere aggravati da fattori ambientali e psicologici. Questo tipo di dolore risulta resistente a molti trattamenti medici e anche farmacologici. Il dolore cronico produce effetti negativi specialmente sulla sfera psichica causando anche depressione, rabbia e ansia. Il dolore cronico è legato a condizioni che includono:

• emicrania e cefalea

• artrite

• cancro

• nevralgia

• sciatalgia

• fibromialgia

• dolore neuropatico

Mentre il dolore acuto è facilmente trattabile, per esempio con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e/o oppioidi deboli o forti a seconda dell’intensità, il dolore cronico, in particolare quello di tipo neuropatico, è difficile da trattare ed è particolarmente debilitante . Nell’ultimo decennio sono stati sviluppati nuovi approcci per il controllo del dolore, e particolare attenzione è stata posta sugli adiuvanti degli analgesici, i quali continuano a destare molto interesse in campo scientifico. Il ruolo della Cannabis e dei suoi componenti, chiamati fitocannabinoidi, come adiuvanti nel trattamento del dolore cronico, è stato oggetto di diversi studi sia preclinici che clinici.

Il cannabidiolo è, insieme al THC, uno dei principali componenti della Cannabis, ed è riportato avere un potenziale terapeutico nel trattamento di alcune forme di dolore cronico sia infiammatorio che neuropatico, agendo in quest’ultimo soprattutto sulle comorbidità ad esso associate.

Il cannabidiolo e i suoi meccanismi d’azione

Uno dei composti più importanti estratti dalla pianta di Cannabis, insieme al THC, è il CBD. Esistono varie specie di Cannabis che forniscono oltre 100 cannabinoidi, ma la medicina si è concentrata principalmente negli studi sul tetraidrocannabinolo (THC) e sul cannabidiolo (CBD) per la gestione di alcune forme di dolore, prevalentemente refrattarie al trattamento con oppioidi. In genere le forme di dolore refrattarie all’utilizzo di oppioidi sono quelle con componente neuropatica o anche dolori con una importante componente idiopatica, come ad esempio la fibromialgia.

Il cannabidiolo è un composto molto interessante dal punto di vista farmacologico. Esso infatti agisce scarsamente sui recettori cannabinergici CB1 e CB2 ma è in grado di interagire con diverse neurotrasmissioni a livello del sistema nervoso centrale. È stato riportato ad esempio un suo potenziale coinvolgimento nella regolazione del tono endogeno di Adenosina. Infatti, gli effetti antidolorifici del CBD sembrano essere antagonizzati da sostanze in grado di inibire i recettori A1 della Adenosina. Tali recettori sono molto coinvolti sia a livello periferico che centrale con la trasmissione e la cronicizzazione del dolore. Un altro meccanismo d’azione del CBD è quello di attivare i recettori della serotonina 5HT1. L’attivazione di tali recettori sarebbe di fondamentale importanza per l’effetto del CBD sul tono dell’umore e su quelle co-morbidità associate a dolore neuropatico come ansia e depressione. Tali evidenze rendono il CBD un principio attivo potenzialmente utilizzabile nella gestione del paziente con dolore cronico di tipo neuropatico.
Gli usi terapeutici del CBD

Diversi studi preclinici e evidenze cliniche hanno dimostrato l’efficacia del CBD nel trattare i sintomi del dolore neuropatico, da solo o in combinazione con tetraidrocannabinolo. In particolare, il CBD riduce quelle sequelae centrali associate al dolore cronico come ansia e depressione. Ansia e depressione sono in realtà due facce di una stessa medaglia, infatti ad oggi il disturbo d’ansia generalizzato è trattato con farmaci antidepressivi piuttosto che con le benzodiazepine. Il CBD, attraverso la sua interazione con i recettori del sistema serotoninergico, riduce queste comorbidità, aiutando il paziente ad affrontare la sintomatologia dolorosa che comunque continua a persistere e che spesso è refrattaria a qualsiasi tipo di trattamento farmacologico.

L’efficacia del CBD non sembra essere limitata solo al dolore cronico generale, ma è stata osservata anche in una serie di altre condizioni cliniche, tra cui l’epilessia, gli stati infiammatori, i disturbi del sonno, i sintomi della sclerosi multipla, la schizofrenia. A oggi il CBD è già stato approvato per l’impiego per alcune epilessie infantili farmaco-resistenti come la sindrome di Lennox-Gastaut, la sindrome di Dravet o epilessia mioclonica grave dell’infanzia.

Dolore cronico, infiammazioni e comorbidità: CBD e qualità della vita dei pazienti

Il dolore cronico ha conseguenze che vanno oltre a una sensazione prolungata nel tempo e che influiscono in maniera sostanziale nella qualità della vita della persona. I fattori che producono, caratterizzano e mantengono il dolore sono molto diversi l’uno dall’altro. I principali attori sono agenti e condizioni pro-infiammatorie, vasodilatazione locale, aumento della permeabilità capillare, accumulo di proteine del sangue e dei fluidi negli spazi interstiziali, migrazione dei neutrofili dai capillari e rilascio di mediatori dell’infiammazione (ad es. citochine, linfochine e istamina). Se la condizione che causa il danno non è risolta, il processo infiammatorio progredisce verso l’infiammazione subacuta/cronica che svolge un ruolo importante nell’insorgenza delle malattie infiammatorie classiche (ad es. l’artrite). Ci sono molti dati preclinici e clinici che supportano le proprietà anti-infiammatorie potenzialmente efficaci dei cannabinoidi, in particolare evidenziano il ruolo del CBD, in qualità di composto non tossico e non psicoattivo. Al momento non esiste un trattamento efficace con cui prevenire o eliminare il dolore neuropatico, quindi l’attuale trattamento è diretto solo a ridurne i sintomi. La qualità della vita dei pazienti con dolore neuropatico è spesso aggravata da co-morbidità come disturbi del sonno, depressione e ansia. Il CBD è potenzialmente utile nel trattamento di queste co-morbidità, migliorando quindi la qualità di vita del paziente neuropatico.

Il futuro del cannabidiolo per il trattamento del dolore cronico

Sebbene siano necessari ulteriori studi per riconoscere il vero ruolo clinico del CBD nel dolore, gli studi attualmente disponibili forniscono già informazioni molto utili sul ruolo terapeutico come anticonvulsivanti, antiossidanti ma anche come adiuvanti nello stato infiammatorio e come analgesico. Studi recenti hanno dimostrato come il CBD abbia un effetto antidolorifico e ansiolitico in modelli preclinici di dolore cronico di tipo neuropatico, ben validati dalla letteratura scientifica internazionale. Non è ancora ben chiaro, però, in che modo il CBD eserciti questa sua azione sul dolore neuropatico. Da un lato è stata evidenziata una certa efficacia antinfiammatoria, che rappresenta una delle componenti ad oggi considerate importanti in questa patologia, dall’altro la sua azione su neurotrasmissioni come quella serotoninergica potrebbe spiegare i suoi effetti farmacologici anche su quelle componenti neuropsichiatriche associate al dolore neuropatico.

 

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Cannabis light, pro e contro spiegati attraverso studi scientifici. Scopri di più con Weedy Point

Il CBD è una sostanza chimica presente nella marijuana. Il CBD non contiene tetraidrocannabinolo (THC), l’ingrediente psicoattivo presente nella marijuana che produce lo sballo (euforia, rilassamento, percezione spazio-temporale alterata; alterazioni uditive, olfattive e visive). La formulazione del CBD è spesso sotto forma di olio, ma viene anche venduto come estratto, liquido vaporizzabile, capsule e inflorescenze. Cibo, bevande e prodotti di bellezza sono tra i tanti prodotti a base di CBD disponibili in vendita.

Attualmente, l’unico prodotto CBD approvato dalla Food and Drug Administration è un olio da prescrizione medica chiamato Epidiolex. È approvato per il trattamento di due tipi di epilessia. A parte Epidiolex, le leggi statali sull’uso del CBD variano. Mentre il CBD viene studiato come trattamento per una vasta gamma di condizioni, tra cui il morbo di Parkinson, la schizofrenia, il diabete, la sclerosi multipla e l’ansia, la ricerca a sostegno dei benefici del farmaco è ancora limitata.

Effetti collaterali del CBD
Gli autori di una recensione del 2019 hanno confermato che le persone potrebbero tollerare bene il CBD anche a dosi fino a 1.500 mg / giorno. I dati sulla sicurezza a lungo termine del CBD sono limitati.

Alcuni effetti collaterali associati al CBD sono:

  • sonnolenza
  • diminuzione dell’appetito
  • diarrea
  • variazioni di peso

Un altro motivo di preoccupazione è l’inaffidabilità della purezza e del dosaggio del CBD nei prodotti. Un recente studio su 84 prodotti CBD acquistati online ha mostrato che più di un quarto dei prodotti conteneva meno CBD di quanto etichettato. Inoltre, il THC è stato trovato in 18 prodotti.

La Food and Drug Administration (FDA) non ha validato il CBD per il trattamento dell’ansia o di altre condizioni di salute mentale. Le persone dovrebbero usare molta cautela quando acquistano prodotti CBD.

Se prevedi di utilizzare prodotti contenenti CBD, parlane con il tuo medico.

Cosa dicono le ricerche circa l’effetto del CBD sull’ansia e depressione
Secondo gli autori di una revisione scientifica del 2015, il CBD interagisce con il recettore dei cannabinoidi di tipo 1 (CB1R), il recettore della serotonina 5-HT1A e altri recettori nel cervello che regolano la paura e i comportamenti indotti dall’ansia.

Gli autori della revisione hanno anche trovato prove precliniche e cliniche che hanno stabilito il CBD come trattamento efficace per numerosi tipi di disturbi d’ansia, tra cui:

  • disturbo d’ansia generalizzato (GAD)
  • disturbo post-traumatico da stress (PTSD)
  • disturbo di panico (PD)
  • disturbo ossessivo-compulsivo (DOC)
  • disturbo d’ansia sociale (SAD)

In uno studio più recente del 2020, i ricercatori hanno valutato gli effetti del CBD in 397 adulti che vivono in Nuova Zelanda. I partecipanti allo studio hanno ricevuto prescrizioni mediche di CBD per una varietà di disturbi, tra cui dolore non canceroso, sintomi correlati al cancro, sintomi neurologici e sintomi legati alla salute mentale.

Tutti i gruppi hanno riportato miglioramenti nella loro qualità di vita complessiva dopo 3 settimane di trattamento con CBD. Secondo quanto riferito, le persone che hanno ricevuto un trattamento con CBD per ansia o depressione hanno sperimentato miglioramenti nella loro capacità di svolgere le funzioni quotidiane e ridurre i sintomi di dolore, ansia o depressione.

Il 70% dei partecipanti allo studio ha riportato un certo livello di soddisfazione per il trattamento con CBD, che va da buono a eccellente. Solo il 9,9% dei partecipanti ha sperimentato effetti collaterali negativi, come sedazione e sogni vividi. Una parte ancora più piccola della popolazione dello studio (0,8%) ha riportato un peggioramento dei sintomi.

In uno studio retrospettivo, i ricercatori hanno valutato gli effetti del trattamento con CBD in 72 adulti con problemi di ansia o di sonno. La maggior parte dei partecipanti allo studio ha ricevuto una capsula da 25 milligrammi di CBD una volta al giorno (mg/d). Alcuni partecipanti hanno ricevuto 50 o 75 mg / d. Un individuo con una storia di trauma e disturbo schizoaffettivo ha ricevuto fino a 175 mg / die.

Dopo i primi 2 mesi di trattamento con CBD, il 78,1-79,2% dei partecipanti ha riportato miglioramenti nei sintomi dell’ansia. Tuttavia, il 15,3-19,5% dei partecipanti ha sviluppato sintomi peggiori dopo il trattamento con CBD.

Gli autori di un articolo del 2020 hanno esaminato otto studi che indagano sul ruolo del CBD nel trattamento di vari disturbi d’ansia.

Gli autori hanno trovato prove a sostegno dell’uso del CBD come monoterapia efficace o terapia complementare per il trattamento del disturbo d’ansia generalizzato, del disturbo d’ansia sociale e del disturbo da stress post-traumatico.

Tuttavia, gli studi hanno mostrato una variazione considerevole nelle dosi di CBD, che vanno da 6-400 mg per dose. Questa variazione evidenzia la necessità di più studi clinici di alta qualità e su larga scala per aiutare a stabilire un dosaggio standardizzato e linee guida per l’uso clinico per la terapia con CBD.

E’ possibile sviluppare dipendenza da CBD?
A differenza della sua controparte, il delta-tetraidrocannabinolo (THC), il CBD non ha effetti psicoattivi. Tuttavia, le persone potrebbero chiedersi se il CBD crea dipendenza.

Il CBD, di per sé, non sembra avere effetti legati alla dipendenza. Ciò può essere dovuto al fatto che il CBD non produce effetti inebrianti.

Secondo un rapporto di pre-revisione del 2017, l‘Organizzazione mondiale della sanità (OMS) afferma che “le prove di una ricerca sperimentale umana ben controllata indicano che il CBD non è associato a un potenziale di abuso”.

I risultati di uno studio del 2016 su 31 adulti mostrano che mentre il THC attivo ha prodotto effetti fisici e psicologici, come battito cardiaco accelerato ed euforia, il CBD non ha influenzato la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna o la funzione cognitiva.

Anche il CBD si è comportato in modo simile a un placebo sui sentimenti di intossicazione auto-riferiti. Al contrario, il gruppo THC ha riferito di sentirsi euforico e sedato.

Non solo il CBD non crea dipendenza, ma può anche aiutare a curare la tossicodipendenza.

Prove preliminari suggeriscono che il CBD potrebbe ridurre la probabilità di sviluppare disturbi da uso di cocaina e metanfetamina. Può anche aiutare a prevenire le ricadute dopo un periodo di disintossicazione e sobrietà.

Gli autori di una revisione del 2015 hanno trovato prove che il CBD può anche aiutare a curare la dipendenza da nicotina e cannabis.

 

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Depressione? La cannabis può aiutarti. Scopri di più con Weedy Point

CBD è l’acronimo di Cannabidiolo. Una componente della pianta di cannabis priva dei tipici effetti stupefacenti comunemente associati a questa pianta, dovuti da altri cannabinoidi come il tetraidrocannabinolo (THC). Per questo motivo il CBD viene venduto ed usato legalmente in moltissimi paesi.

Il CBD estratto dalle piante di canapa è legalmente usato in molti stati poiché le ricerche hanno dimostrato i sui effetti positivi sulla salute. L’estrazione avviene da piante con una bassa concentrazione di THC ed altre sostanze psicotrope, garantendo così l’assenza di qualsiasi effetto stupefacente.

Anziché THC, queste piante di canapa hanno un alto contenuto di cannabinoidi “buoni”, ovvero cannabinoidi che hanno un effetto altamente positivo sulla salute ed il funzionamento corretto del nostro organismo. Diversi studi hanno confermato che il CBD ha la capacità di curare ed alleviare svariati tipi di disturbi e malattie, inclusa la depressione.

Cos’è la depressione?
La depressione è una malattia mentale grave e comune che influisce negativamente sui sentimenti, pensieri ed azioni degli individui colpiti. Si può essere predisposti allo sviluppo di questo disturbo, o può risultare in seguito ad un trauma o anche un lutto. Indipendentemente dalle cause, i sintomi sono fondamentalmente gli stessi, compresa la perdita di piacere o interesse per le attività, il sentirsi tristi, il cambiamento di appetito, la perdita di energia, i problemi di sonno, la sensazione di inettitudine e la difficoltà nel prendere decisioni, concentrarsi o pensare. Fortunatamente, la depressione è trattabile.

La maggior parte degli scienziati concorda sul fatto che la depressione è causata dalla riduzione del livello dei neurotrasmettitori, come la dopamina e la serotonina, nel nostro cervello. Questo squilibrio influisce negativamente sulla maggior parte delle normali attività quotidiane come fare attività, nutrirsi e perfino provare emozioni.

Come funziona il CBD contro la depressione?
In alcuni studi4 condotti da ricercatori tedeschi, è stato osservato come i prodotti chimici attivi nel CBD aumentano la trasmissione dei recettori della serotonina nel nostro cervello, compresi i recettori 5-HT1A. Riducendo l’assorbimento della serotonina, il cervello comunica segnali positivi per aiutare ad alleviare i sintomi della depressione.

Inoltre, alcuni studi clinici dimostrano che il CBD può stimolare la crescita dell’ippocampo, innescando così la creazione di nuovi neuroni. Questa condizione, nota anche come neurogenesi, può essere un metodo efficace per ridurre i sintomi di ansia e depressione.

Quali benefici si ottengono dal consumo di CBD per la depressione?
+
Aumento dei livelli di serotonina
+
Sonno ristoratore
+
Anti-infiammatorio
Effetti collaterali
Sebbene il CBD sia generalmente considerato sicuro, alcune persone presentano qualche effetto collaterale minore tra cui nausea, diarrea, sonnolenza, cambiamento dell’appetito, e secchezza delle fauci. Tutte queste conseguenze sono rare e facilmente reversibili, inoltre sono insignificanti se comparate con i possibili effetti collaterali dei farmaci generalmente prescritti contro la depressione.

Come usare il CBD per trattare la depressione
Ogni individuo reagisce in modo differente al consumo di CBD. Il dosaggio raccomandato per ciascun prodotto e per ciascuna persona potrebbe variare di molto, creando confusione. Il dosaggio varia anche a seconda della concentrazione di CBD nell’olio. In media 25 mg di CBD al giorno risultano efficaci per la maggior parte della gente. Per sintomi particolarmente ostinati, il dosaggio può essere gradualmente aumentato di settimana in settimana, fino ad ottenere dei risultati. È importante monitorare e tenere sotto controllo la posologia in ogni momento per garantire l’efficacia del prodotto. Per avere maggiori dettagli consultate il nostro articolo sul dosaggio e posologia del CBD.

Poiché la depressione può influenzare le abitudini alimentari, si può prendere in considerazione la possibilità di miscelare i prodotti CBD con il cibo. Tuttavia, il metodo più utilizzato è quello per via sublinguale, lasciandolo in posizione per 1 minuto. Ovviamente, il dosaggio è il fattore decisivo per mantenere efficace ed equilibrato un trattamento a base di CBD per la depressione.

Storie di successo
Emma*, una ragazza di 13 anni, ha sofferto di ansia e depressione nel 2015. Un anno dopo, il suo consulente le suggerì di rivolgersi a uno psichiatra o un dottore anziché assumere farmaci a causa della gravità della sua situazione. Dopo aver assunto antidepressivi per alcune settimane, la situazione si era aggravata. Quando sua mamma la portò in ospedale, fu ricoverata in un reparto psichiatrico per due settimane e iniziò con l’assunzione di un altro antidepressivo. Quando tornò a casa, Emma* iniziò ad agire in modo estremamente apatico e non interagì con nessuno.

Dopo aver letto un articolo sull’olio di CBD per il trattamento della depressione, sua madre parlò con alcuni medici e decise di sostituire gli antidepressivi con l’olio di CBD. Dopo solo una settimana, la differenza fu sorprendente. Emma* riconquistò gioia e felicità nella sua vita quotidiana. Riprese a vedersi con gli amici, ridere e scherzare con i fratelli, ed essere sé stessa. Sei mesi dopo interruppe le sue sessioni di consulenza che si tenevano ogni due settimane. L’olio di CBD le ha ridato la vita per poter vivere felice ed al meglio con la sua famiglia.

Cosa dice la ricerca sulla relazione tra CBD e depressione?
Studi di laboratorio
Uno studio condotto dall’università di Chicago nel 2012 ha approvato la cannabis medica ed il CBD come trattamenti contro la depressione. Inoltre hanno concluso che l’olio di CBD può aumentare le capacità cognitive di pazienti che soffrono di un disordine bipolare.

I ricercatori hanno anche sostenuto che iniettare olio di CBD nei ratti stimola l’area dell’ippocampo, creando così nuovi neuroni nel cervello. Questo è uno dei modi più efficaci di alleviare i sintomi comuni della depressione.

Test clinici
Basandosi su svariati studi clinici, è stato dimostrato che il trattamento a base di CBD per la depressione non presenta rischi ed effetti collaterali sulla condizione psichica dei pazienti.

Uno dei più prestigiosi ricercatori, dottor Samir Dahmane dell’Istituto di Ricerca del Maine, sostiene che l’olio di CBD aiuta a calmare lo stato di depressione stabilizzando l’umore grazie all’attivazione delle aree limbiche e paralimbiche del cervello dei pazienti.

 

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La cannabis light è ottima per gli sportivi. Scopri perché con Weedy Point

Gli effetti miorilassanti del cbd unite al suo ruolo antinfiammatorio sono la ricetta che rende il cannabidiolo un prodotto sempre più utilizzato dagli sportivi.

Oltre ad essere utilizzato nel contesto della cannabis terapeutica per contrastare e lenire diverse patologie soprattutto nell’area del dolore cronico, aumentando il benessere e la distensione muscolare. Unito alle diverse tecniche di rilassamento, il cbd può essere un ottimo alleato per le fibre muscolari.

I nostro muscoli sono sempre sotto sforzo, che sia per l’attività sportiva oppure per gli sforzi che compiamo ogni giorno nel corso della nostra routine.

È per questo motivo che è necessario prendersi cura della propria muscolatura, evitando di sottoporsi a sforzi eccessivi, seguendo una dieta corretta e bilanciata, intervenendo prontamente per quelle condizioni di dolore o infiammazione.

Lo avreste mai detto che nella pianta di canapa potete trovare un rimedio naturale e privo di effetti collaterali contro la fatica muscolare, o il mal di testa o mal di schiena che può manifestarsi dopo l’ allenamento?

Il CBD favorisce il rilassamento muscolare
Il cannabidiolo (CBD) viene utilizzato da anni – da sportivi e non – proprio con lo scopo di rilassare i muscoli e raggiungere uno stato di benessere. L’ olio di CBD può infatti lenire diversi processi infiammatori. Il CBD, il principio non psicoattivo della cannabis, ha dimostrato infatti di avere ottime qualità antinfiammatorie e lenitive. Queste sue qualità rendono il CBD l’ideale per rilassare i muscoli, al termine di una dura giornata di lavoro a alla fine di una allenamento piuttosto impegnativo.

Il CBD, inoltre, interviene anche su quella tensione muscolare dovuta a una condizione di particolare stress. La contrazione muscolare dovuta a uno stato d’ansia cronico può comportare anche l’insorgenza di fastidio e dolore.

Effetti del CBD e proprietà del CBD: come interagisce con il nostro corpo?
Il cannabidiolo non ha un’azione specifica nei confronti di una particolare patologia o zona dell’organismo. Il CBD agisce da “modulatore” del nostro sistema endocannabinoide. Il CBD, e in generale i cannabinoidi, agiscono indirettamente sui recettori di questo sistema.

Di conseguenza si può affermare che il CBD moduli meccanismi già esistenti e ripristina la normalità in una situazione di squilibrio o di scompenso nel sistema endocannabinoide. Grazie a ciò, il cannabidiolo (CBD) può portare beneficio, alleviando i sintomi di una patologia o di un’infiammazione.

Per questi motivi l’olio di CBD viene assunto sia via orale che tramite applicazione cutanea, adattandosi alle necessità del momento. I campi d’applicazione sono numerosi e altrettanti sono i benefici al vaglio dei ricercatori.

Il CBD contro i dolori muscolari
È una sensazione che conosciamo bene: un dolore intenso, che non ci permette di muoverci come dovremmo.
A volte il dolore può essere così intenso da non permetterci nemmeno di alzarci dal letto. Sentiamo dolore alle cosce, dopo una lunga corsa, oppure alle braccia dopo avere aiutato una persona a noi cara a trasportare alcuni pesi. Si tratta di ciò che i dizionari medici definiscono come indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata (DOMS, dall’inglese Delayed Onset Muscle Soreness): un fenomeno molto comune, a tratti doloroso, e associato all’esercizio fisico.

Negli ultimi anni, il cannabidiolo (CBD) è stato sempre più impiegato come trattamento per stemperare il dolore provocato dall’indolenzimento muscolare, grazie alla sua efficacia e al suo ottimo profilo di sicurezza.

Dolori muscolari alle gambe e acido lattico
Il dolore che proviamo nei giorni successivi a un esercizio fisico estraneo alla nostra comune routine non è causato da un accumulo di acido lattico, come spesso si tramanda con una falsa credenza.

L’acido lattico che il nostro organismo produce mentre compiamo uno sforzo, viene rimosso nelle ore immediatamente successive all’attività fisica. Il dolore ai muscoli che si avverte nei giorni successivi è, invece, da attribuirsi a una serie di microlesioni delle fibre muscolari. A seguito di queste microlesioni, il nostro organismo reagisce con un processo infiammatorio. È questa la causa del dolore che avvertiamo.

Tra i tanti rimedi che negli anni sono stati impiegati per stemperare questo indolenzimento, il cannabidiolo (CBD) è uno di quelli che, di recente, sta riscuotendo più successo.

CBD contro la rigidità muscolare
I nervi sono strutture anatomiche del sistema nervoso periferico formate da fasci di assoni (provenienti da un gruppo di neuroni) che trasportano informazioni da o verso il sistema nervoso centrale. I gruppi muscolari si contraggono (volontariamente o involontariamente), in risposta a un impulso nervoso che ha origine dall’interno del sistema nervoso centrale.

L’azione del CBD come rilassante muscolare avviene grazie alla presenza di recettori cannabinoidi in loco. Questa presenza di recettori è garantita dal sistema endocannabinoide. Il sistema endocannabinoide (ECS) è uno dei sistemi biologici presenti nel corpo umano, alla stregua del sistema nervoso, del sistema immunitario e del sistema endocrino, con cui predilige interagire in qualità di modulatore.

Si tratta di una “macchina” composta fondamentalmente da tre elementi: i cannabinoidi, che possono essere sia endogeni, e vengono definiti con il nome di endocannabinoidi, che esogeni, detti fitocannabinoidi, presenti in natura in diverse piante, ma soprattutto nella Cannabis. Sono le molecole che trasmettono segnali e informazioni alle altre cellule presenti nel corpo umano.

Per trasmettere, necessitano dell’interazione con un’altro elemento: i recettori cannabinoidi, che si dividono in due tipologie fondamentali, i recettori CB1 e CB2, distribuiti in vari sistemi e membrane del nostro corpo. Il sistema endocannabinoide agisce come un dispositivo di regolazione della contrazione muscolare, e i cannabinoidi (come il CBD) possano giocare un ruolo significativo nella comunicazione tra i gruppi muscolari e i neuroni a cui riferiscono.

Il cannabidiolo provvede al benessere quotidiano della persona. Nel caso della salute e del rilassamento dei muscoli, il CBD permette di ritrovare la distensione e il sollievo, andando a intervenire sui sintomi. Lo sport è utilissimo per rilassarsi, magari già accoppiato al cannabidiolo. La salute dei nostri muscoli è altrettanto importante.

Il cannabidiolo si è confermato, negli anni, un principio attivo capace di ridare benessere e distensione tanto alle persone che soffrono d’ansia (e conseguente irrigidimento muscolare), quanto agli sportivi di una moltitudine di discipline, impegnate a stemperare un fastidioso indolenzimento muscolare.

Oltre a contribuire al rilassamento dei muscoli, il CBD viene utilizzato anche da tutte quelle persone che soffrono di dolore muscolare, anche cronico. L’azione indiretta antinfiammatoria del cannabidiolo permette alla persona di rilassarsi, distendere la muscolatura e riacquistare la giusta serenità.

5 motivi per cui il CBD è ottimo per gli sportivi
Parliamo di un aspetto importante e pratico, ovvero cinque motivi per cui uno sportivo può trarre benefici dall’utilizzo del cannabidiolo.

1. Proprietà antinfiammatorie
Il CBD è molto apprezzato ed utilizzato per le sue proprietà antinfiammatorie.

2. Ottimizza il recupero
L’assunzione del CBD al termine dello sforzo fisico può aiutare ad ottimizzare il recupero dell’organismo

3. Proprietà ansiolitiche e muscolorilassanti
Il sonno è il migliore degli allenamenti, e le proprietà ansiolitiche e muscolorilassanti del cannabidiolo possono aiutare a distendere e calmare il nostro sistema nervoso, conciliano un sonno ristoratore e riposante.

4. Il CBD ha proprietà analgesiche
Il CBD ha proprietà analgesiche e può svolgere un’azione positiva verso il dolore, per questo è indicato per persone che soffrono di dolori cronici o malattie infiammatorie, causate ad esempio da traumi sportivi, frequenti in discipline come il rugby o il football americano.

5. Lenire gli stati di ansia generalizzata
Il CBD, così come lo sport in sé, aiuta a lenire gli stati di ansia generalizzata, e l’unione di questi due aspetti permette di ottenere benefici mentali, oltre che fisici, particolarmente efficaci.

 

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Soffri d’insonnia? La cannabis light può aiutarti a sconfiggerla

Sempre più persone, secondo recenti studi di mercato, assumono CBD in varie forme per combattere l’insonnia e dormire meglio senza dover ricorrere a farmaci o ingredienti chimici.

Questa sostanza ricavata dalla canapa ha infatti proprietà calmanti e rilassanti che possono aiutare a riposare più profondamente anche in periodi di ansia e stress, che possono peggiorare notevolmente la qualità e la durata del sonno.

Vediamo nel dettaglio con Weedy Point perché l’assunzione di CBD può essere una valida alleata a notti insonni e poco riposanti.

Cos’è il CBD
Il CBD, o cannabidiolo, è un metabolita prodotto dalla canapa sativa privo di effetti psicoattivi, a differenza del più conosciuto THC. E’ la seconda sostanza più presente nella pianta di canapa, e sempre più persone iniziando ad usare prodotti a base di CBD per le sue proprietà rilassanti, antinfiammatorie e per il fatto che non crea assuefazione anche a dosi elevate; sempre più studi scientifici sembrano confermare le proprietà benefiche di questo metabolita, anche se occorre fare attenzione perché sul mercato si trovano in commercio oli o pastiglie con quantità non ben definite di principio attivo.

L’assunzione di CBD agisce sul sistema nervoso e su quello immunitario: il metabolita si lega ai recettori CB2 creando un effetto rilassante e antinfiammatorio con benefici per tutto l’organismo. È utile anche per sostenere le difese naturali del corpo da malanni di stagione e altri disturbi come ansia, vuoti di memoria e psicosi. La comunità scientifica sta studiando anche i suoi effetti su patologie gravi come epilessia e schizofrenia, con lo scopo di riuscire a produrre terapie più naturali e meno dannose rispetto a quelle farmacologiche attualmente sul mercato.

Cos’è l’insonnia
L’insonnia è un disturbo del sonno molto comune, tanto che in Italia sono quasi 9 milioni le persone che sperimentano sporadiche o costanti difficoltà a riposare bene. Secondo le definizioni mediche, è necessario avere due o più di questi sintomi:

  • difficoltà a prendere sonno
  • stanchezza mattutina
  • costante sonnolenza
  • mancanza di concentrazione
  • frequenti risvegli notturni

Le cause possono essere diverse: ansia, stress, assunzione di eccitanti come caffeina o una dieta che impegna eccessivamente il sistema digestivo. Sono disponibili sul mercato diversi farmaci per trattare efficacemente l’insonnia, anche se è ovviamente meglio rivolgersi verso una soluzione naturale e priva di effetti collaterali come il CBD.

Perché il CBD aiuta a dormire meglio
Il CBD ha un conclamato effetto rilassante, che può aiutare a lenire il dolore cronico, gli stati d’ansia e indurre al sonno. Si rivela quindi utilissimo per aiutare a dormire meglio, sostituendosi a farmaci o sonniferi che possono indurre dipendenza o alterare l’equilibrio chimico dell’organismo. Si consiglia di non assumere CBD insieme ad alcool o altre droghe, perché potrebbe vanificare o ridurne l’efficacia.

Se stai cercando di combattere l’insonnia con il CBD, Weedy Point ti consiglia di iniziare con un dosaggio minimo per testarne gli effetti sul tuo corpo: anche se non provoca dipendenza o assuefazione, si tratta comunque di una sostanza che richiede attenzione e rispetto.

Come assumere CBD per sconfiggere l’insonnia
Esistono sul mercato diverse soluzioni per assumere CBD con il fine di dormire meglio: fra le più comuni troviamo pastiglie e olio di CBD: raccomandiamo di leggere sempre con attenzione le etichette, per sincerarsi della quantità di principio attivo presente nel prodotto.

È consigliabile iniziare ad assumere CBD in dosi moderate poche ore prima di coricarsi; in seguito, se lo si riterrà necessario, è possibile incrementare il dosaggio fino a raggiungere l’effetto desiderato. L’assunzione di CBD non provoca dipendenza o tolleranza nell’organismo, anche se può causare una leggera dipendenza “psicologica” che potrebbe provocare difficoltà a prendere sonno se si sospendesse immediatamente il trattamento.

Per questa ragione, è consigliabile non assumerlo quotidianamente, ma riservarlo per le giornate più “impegnative” o quando, per una ragione o per l’altra, si può prevedere che si avrà difficoltà a prendere sonno.

CBD e sonno: gli studi scientifici
La ricerca scientifica si sta dedicando sempre più a studiare gli effetti del CBD sull’organismo, anche se è fondamentale restare cauti data la moderata “novità” di questo metabolita della cannabis nell’ambito del consumo umano. Un recente studio sugli effetti della Cannabis sull’autismo pubblicato sulla celebre rivista Nature ha portato uno dei ricercatori coinvolti nella ricerca, il Dottor Lihi Bar-Lev Schleider, ad affermare che questo principio attivo ha “proprietà anti-infiammatorie comprovate”, risultando talvolta addirittura più efficace di alcune alternative chimiche.

Un altro studio, condotto nel 2018, ha preso in esame il rapporto fra canapa e insonnia di 409 soggetti con difficoltà a riposare: ben il 94% dei partecipanti alla ricerca si è dichiarato soddisfatto dei risultati ottenuti con l’assunzione di cannabis. Risultati incoraggianti dunque, anche se manca ancora ulteriore letteratura scientifica a supportare l’ipotesi.

 

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