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La cannabis light contro i disturbi alimentari. Scopri di più con Weedy Point

Diversi studi sugli effetti benefici della cannabis per i disturbi alimentari hanno dimostrato l’effettiva capacità di questa pianta.

Secondo l’AIDAP (Associazione Italiana Disturbi dell’alimentazione e del Peso), i disturbi alimentari sono dei comportamenti legati all’alimentazione che provocano un alterato consumo di cibo, danneggiando così in maniera significativa la salute fisica e mentale di un individuo. Tali comportamenti tendono ad essere influenzati da una volontà costante di controllo del peso.

Per chi soffre di queste patologie, mangiare è un momento di forte ansia e paura. La cannabis ha la capacità di rilassare e calmare, stimolando l’appetito ed invogliando la persona ad assumere cibo. Le tre forme più comuni di disturbi alimentari sono: anoressia, bulimia e fame compulsiva.

Anoressia

L’anoressia è la malattia più comune e diffusa tra le persone che soffrono di disturbi alimentari. È una forma molto grave e potenzialmente pericolosa che in casi estremi può portare anche alla morte. Infatti, questa patologia porta ad una repulsione verso il cibo e ad un’eccessiva perdita di peso. Un altro fattore evidente della malattia è il conto ossessivo delle calorie che si ingeriscono.

L’anoressia è il disturbo alimentare con il più alto tasso di mortalità, 12,8% e si è stimato che il 6% dei suicidi sia di persone affette da anoressia. Le cause che fanno scaturire questa malattia non sono solo riferibili al giudizio della società con i suoi stereotipi ma anche a traumi infantili. Altre ipotesi invece riterrebbero che l’anoressia dipenda da fattori genetici e neuro biologici.

Bulimia

La Bulimia è un disturbo alimentare che alterna fasi di forte voracità a fasi depurative. La persona tende ad ingerire quantità di cibo superiori al normale per un determinato lasso di tempo e a rigettarle poco dopo. L’assunzione incontrollata avviene senza un’apparente sensazione di fame ma al contempo con un forte senso di vergogna e disagio. Dopo aver assunto cibo, di solito vi è la fase depurativa in cui o tramite autoinduzione di vomito o con diuretici e lassativi si compensa all’abbuffata. Tuttavia, la mattia non ha dei segni esterni evidenti poiché le persone che ne soffrono hanno un peso forma normale.

Fame compulsiva
La fame compulsiva è anch’essa un disturbo alimentare, molto simile alla bulimia. In questa circostanza, la persona perde il controllo delle sue abitudini alimentari e mangia in maniera smodata in un lasso di tempo molto breve. Dopo la fase di abbuffata, al contrario della bulimia non si verifica l’autoinduzione del vomito ma si verificano forti sensi di colpa, disagio e disgusto verso se stessi e il proprio comportamento. La causa principale di questo disturbo è l’incapacità di gestire le proprie emozioni, in maniera tale da rifletterle nell’assunzione di cibo.

Effetti benefici della cannabis nei disturbi alimentari

Gli effetti benefici della cannabis per i disturbi alimentari sono innumerevoli.

Una volta ingerita la cannabis, il CBD presente all’interno interagisce con i recettori del Sistema Endocannabinoide CB1 e
CB2, presenti in diversi organi del corpo tra cui lo stomaco. All’interno dello stomaco permetto l’aumento di grelina, ormone responsabile della fame. L’azione del CBD è la stessa di quando si avverte che lo stomaco è vuoto. Pertanto lo stomaco invia dei segnali al cervello, che attivano la grelina. Questo ormone viaggia dall’ipotalamo, incrementando la mobilità intestinale e la consecutiva secrezione dei sughi gastrici.

La stessa soluzione viene già prescritta per malattie come l’AIDS e il cancro poiché la cannabis permette di aumentare la sensibilità del palato e dell’olfatto e di stimolare la fame. Inoltre migliora la percezione dei sapori anche in caso di effetti collaterali come la nausea e il vomito, grazie alla sua azione antiemetica.

Uno studio pubblicato sul Biological Psycology ha mostrato come ci sia un legame tra il Sistema Endocannabinoide e i disturbi alimentari. Infatti, nella ricerca emerge come le persone affette da disturbi alimentari abbiano anche un Sistema Endocannabinoide deteriorato. Assumendo cannabis e in particolar modo CBD, si ristabilirebbe il normale funzionamento del Sistema Endocannabinoide e a contrastare le patologie di cui si soffre tra cui i disordini alimentari.

Le informazioni sanitarie pubblicate su questa pagina sono esclusivamente a titolo informativo e formativo generale, e non sostituiscono la consulenza medica professionale. Pertanto, prima di intraprendere qualsiasi azione sulla base di queste informazioni, vi invitiamo a consultare un medico o un altro operatore sanitario. Non forniamo alcun consiglio di salute.

 

Chiunque voglia chiedere informazioni può contattare Weedy Point al 349 1513651.

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Cerchi un rimedio per il dolore? Il CBD può essere la soluzione. Scopri di più con Weedy Point

Cerchi un rimedio per il dolore? Il CBD è la soluzione.

Che si tratti di dolori muscolari, cronici, acuti, infiammatori o neuropatici. I prodotti di Weedy Point estratti dalla cannabis a base di CBD e CBG sono estremamente efficaci per trattare il dolore.

Come agisce il CBD sul dolore?
Il corpo umano possiede una rete composta da milioni di recettori che interagiscono con i cannabinoidi ricevendo e traducendo le loro informazioni. Questa rete di recettori è il sistema endocannabinoide, che serve a regolare numerose funzioni fisiologiche. Gli endocannabinoidi come l’anandamide (AEA) e il 2 arachidonoilglicerolo (2-AG) sono formati dal nostro stesso organismo. Altro tipo di cannabinoidi sono i fitocannabinoidi che invece provengono dall’esterno.

Il cannabidiolo o CBD è un fitocannabinoide che agisce indirettamente sui recettori di questo sistema, riequilibrandolo quando uno stimolo, come il dolore, lo perturba.

Non agisce in modo specifico in una parte del corpo, ma funge da modulatore dell’intero sistema endocannabinoide, ripristinando l’equilibrio del sistema quando questo è scompensato.

Il dolore è una sensazione che si prova per via di specifiche fibre nervose che trasportano gli impulsi dolorosi dalla periferia al cervello, il quale a sua volta integra e modifica l’informazione dolorosa. Questo sistema è noto come via ascendente del dolore. C’è anche una via discendente del dolore, che invia segnali dal cervello alla periferia portando il messaggio di spegnimento del dolore. Diversi neurotrasmettitori come il glutammato o il GABA intervengono in questi meccanismi.

Il dolore può essere di diversi tipi, tra cui:

Acuto: è improvviso e ha una durata breve relazionata alla sua causa, come un intervento chirurgico, un trauma o un parto. È facilmente trattabile con ifarmaci.

Cronico: è duraturo e continua anche quando la causa scatenante scompare. Può durare anche anni ed in genere è resistente alle terapie. Questo dolore implica uno squilibrio psicologico e può causare anche depressione e ansia. Alcune condizioni che possono provocarlo sono emicrania, cancro, nevralgia, fibromialgia, etc. Un tipo di dolore cronico particolarmente difficile da trattare è quello neuropatico.

Quali sono le indicazioni terapeutiche antidolorifiche del CBD?
Il ruolo della cannabis nel trattamento del dolore è stato oggetto di numerosi studi e si è rivelato utile nella gestione di diverse forme di dolore, prevalentemente refrattarie al trattamento con oppioidi. Il CBD è un composto non tossico, non psicoattivo, con pochissimi effetti collaterali. Molti studi dimostrano l’efficacia del cannabidiolo sul dolore neuropatico. In particolare si è rivelato promettente nei confronti del dolore neuropatico periferico provocato dai chemioterapici. Inoltre la qualità della vita di questi pazienti è spesso inficiata da insonnia, depressione e ansia. Interagendo con i recettori serotoninergici, il CBD è potenzialmente utile nel trattamento di queste comorbidità, migliorando così lo stato di salute dei pazienti e il tono dell’umore. Non è ancora ben chiaro in che modo il CBD eserciti la sua azione analgesica sul dolore neuropatico, ma di certo interagisce con diverse neurotrasmissioni del sistema nervoso centrale. Oltre all’interazione con la serotonina, è stato riportato un suo potenziale coinvolgimento nella regolazione dei recettori dell’adenosina, coinvolti nella trasmissione e la cronicizzazione del dolore.

Il CBD è risultato essere promettente anche per il trattamento del dolore infiammatorio. Infatti in molte condizioni infiammatorie, come l’artrosi, il CBD agisce da antinfiammatorio naturale e ne previene l’aggravamento. In uno studio condotto dall’Università Insubria di Varese è stato evidenziato che l’estratto di cannabis e il CBD possono inibire la produzione di citochine, molecole infiammatorie. Il cannabidiolo agisce inoltre sui processi chimici caratteristici dell’endocannabinoide anandamide, che è legato alla percezione del dolore, e inoltre attiva recettori coinvolti nella trasmissione e la cronicizzazione del dolore.

Oltre alla sua efficacia nel dolore cronico, è stata provata anche la sua sicurezza: in uno studio pubblicato sul Journal of Pain riguardante la sicurezza a lungo termine del consumo di cannabis medica da parte dei pazienti affetti da dolore cronico si è visto come questa abbia un profilo di sicurezza ragionevole.

L’efficacia del CBD non si limita al dolore cronico neuropatico e infiammatorio, ma è stata osservata anche in molte altre condizioni cliniche, come la sclerosi multipla, l’epilessia, l’insonnia, la schizofrenia, e molte altre patologie resistenti alla terapia farmacologica.

 

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CBD e THC. Scopri le differenze con Weedy Point

Vi siete mai chiesti quali siano le differenze tra il CBD e il THC? Quali sono i benefici dei due principi attivi sulla nostra salute? E soprattutto, perché preferire il CBD al THC nell’uso medico, al di là dei ben noti motivi legali? Diamo una risposta a tutte le domande immergendoci nel mondo della canapa, dalla chimica che caratterizza i suoi principi attivi fino agli effetti medici documentati.

CBD VS THC: QUALI SONO LE DIFFERENZE CHIMICHE?
Intanto, facciamo le dovute presentazioni. Con il termine CBD ci riferiamo alla molecola 2-[(1R,6R)-3-metil-6-(prop-1-en-2-il)cicloes-2-enil]-5-pentilbenzen-1,3-diolo, anche detta cannabidiolo (nome decisamente più simpatico da ricordare). Si tratta di un metabolita (un prodotto del metabolismo) della Cannabis sativa, che non possiede effetti psicoattivi; ovvero, il CBD non è in grado di interagire con i nostri recettori neuronali CB1, responsabili tra le altre cose della percezione del dolore, del coordinamento e della memoria.

Il THC, invece, per gli amici Tetraidro-6,6,9-trimetil-3-pentil-6H-dibenzo[b,d]piran-1-olo o tetraidrocannabinolo è una molecola metabolita definita psicotropa, ovvero in grado di interagire con il nostro sistema neuronale. Benché entrambi vengano estratti dalla medesima specie (la Cannabis sativa, appunto), le differenze tra i due principi attivi sono notevoli. Al contrario del cugino CBD, il THC è capace di legarsi ai suddetti recettori CB1 e di alterarne il normale funzionamento. Da cosa dipende questa differenza? Dalla struttura chimica delle due sostanze. Anche se apparentemente molto simili, la molecola di THC possiede un gruppo reattivo capace di legarsi ai nostri recettori. La meccanica che sta dietro questa reazione è complessa ed esula lo scopo di questo articolo, ma è comunque facilmente consultabile online per chi volesse approfondirla.

Quello che a noi interessa, però, è che le differenze chimiche tra queste due molecole non influenzano solo la loro capacità di interagire con i nostri recettori neuronali, ma anche i loro effetti sul resto del corpo. Come? Vediamolo qui di seguito.

GLI EFFETTI MEDICI DEI PRINCIPI ATTIVI DELLA CANAPA
Sono numerosi gli studi già condotti sugli effetti medici del CBD e del THC, ma la ricerca continua. Benché ancora non siano note nel dettaglio tutte le interazioni di questi due principi attivi, siamo già in grado di individuare alcuni effetti molto interessanti. Recenti studi rivelano ad esempio che il CBD (e in misura minore anche il THC) sia in grado di interagire positivamente con il nostro sistema immunitario, dando origine a quella che in gergo viene definita immunomodulazione. È interessante inoltre notare che l’assenza di effetti psicotropici rende il CBD un candidato molto più interessante del THC per la cura di numerosi disturbi.

Tra questi, i principali sono:
Dolore
Infiammazioni
Psicosi
Malattie infiammatorie intestinali
Convulsioni
Nausea
Emicrania
Al CBD è stata riconosciuta anche una potente azione ansiolitica, efficace soprattutto per neutralizzare gli effetti scatenati dal THC. A sua volta, il THC risulta utile nel trattamento di numerosi disturbi, tra i quali spiccano il glaucoma e la spasticità (disturbi per i quali in alcuni paesi viene prescritta a scopo medicinale). Ma, al contrario del CBD, il THC si porta dietro anche diversi effetti collaterali.

Tra questi, i più notevoli sono:
Incremento della frequenza cardiaca
Secchezza della mucosa orale
Problemi nella coordinazione
Occhi rossi
Tempi di reazione rallentati
Perdita di memoria
Negli ultimi anni, i ricercatori stanno sperimentando nuove formulazioni che permettano di sostituire il THC con il CBD nella cura di patologie come la sclerosi multipla e la spasticità muscolare.

PERCHÉ CBD E NON THC?
E arriviamo dunque al punto cardine del nostro discorso. Perché scegliere il CBD e non il THC? Ebbene, se si esclude l’uso prettamente ricreativo del THC e si guarda solo alla sua interazione medica, risulta evidente che gli effetti secondari di questo principio attivo siano notevoli, soprattutto quando se ne considera un uso prolungato. Gli ultimi studi sul CBD sembrano invece rivelare che quest’ultimo non possegga importanti effetti collaterali. L’uso del CBD a scopo terapeutico si sta dimostrando un’interessante scelta medica, nonché una valida possibilità per il trattamento di disturbi più lievi (si veda, ad esempio, il vasto utilizzo degli oli al CBD). Inoltre, la sua capacità di interagire con il nostro sistema immunitario e di intervenire nell’immunomodulazione fa ben sperare in un’applicazione futura del cannabidiolo per la cura di malattie croniche e degenerative.

Allo stato attuale della ricerca è difficile dire con sicurezza se il CBD vedrà davvero un largo utilizzo nella medicina e nel trattamento quotidiano dei nostri disturbi. Ma è ancor più difficile non notare come i suoi numerosi effetti benefici e l’assenza di effetti collaterali dimostrati lo rendano già un’alternativa migliore del THC in un gran numero di applicazioni.

 

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Come curare l’ansia in modo naturale con il CBD. Scopriamolo con Weedy Point

Cerchi un rimedio per curare l’ansia in modo naturale?

Numerosi studi scientifici hanno dimostrato la capacità del CBD di contrastare i disturbi d’ansia, grazie alla sua interazione con i recettori Cb1 e CB2 e la serotonina, un importante neurotrasmettitore che regola diverse funzioni, quali ad esempio l’umore, il sonno, le emozioni. Ecco la nostra selezione di estratti di CBD più adatti ad affrontare il problema.

Paura ed ansia sono delle risposte adattive del nostro organismo a potenziali minacce, messe in atto per la nostra sopravvivenza.
Spesso però queste risposte diventano eccessive e non più collegate a minacce reali, provocando sintomi fisici a volte particolarmente invalidanti tra i quali tensione tremore sudore palpitazione aumento del battito cardiaco vertigini nausea.

Si stima che ben 2,2 milioni di persone in Italia hanno sofferto nel 2015 di ansia cronica grave.

Per risolvere il problema si fa normalmente riferimento ai farmaci classici, che rientrano nella categoria degli:

Ansiolitici
Benzodiazepine
Antidepressivi

Questi farmaci per l’ansia però, portano con sé effetti collaterali, che specie nel lungo periodo, possono recare notevoli disturbi.

Per fortuna, ci sono altri rimedi naturali ed efficaci per affrontare il problema. Tra questi, il CBD, un componente naturale della Cannabis, che agisce sul sistema nervoso periferico, in modo efficace e senza effetti psicotropi.

Il CBD può, secondo diversi studi scientifici condotti, essere un validissimo aiuto nei seguenti casi:

Attacchi di panico
Stati d’ansia
Disturbo ossessivo-compulsivo
Ansia sociale
Disturbo post traumatico da stress
Ansia generalizzata
Tensione muscolare
Battito cardiaco accelerato

CBD e ansia, cosa dice la scienza

Nel 2015 è stata pubblicata sulla rivista Neuroterapeuthics la revisione degli studi condotti fino a quel momento volti a verificare gli effetti del CBD nel trattare gli stati d’ansia. I risultati confermano l’ipotesi iniziale e cioè che il CBD possa essere efficace nel ridurre gli stati d’ansia.

La revisione ha preso in esame 49 studi preclinici, clinici ed epidemiologici e ha incluso anche le ricerche fatte con tecniche di neuroimmagine (le tecnologie che permettono di studiare il metabolismo cerebrale).

Dalla revisione, curata da Esther M. Blessing, Maria M. Steenkamp, Jorge Manzanares e Charles R. Marmar della New York School of Medicine, è emerso che gli studi preclinici hanno dimostrato l’efficacia del CBD nel ridurre l’ansia provocata da molti disturbi come, ad esempio, il disturbo da stress post-traumatico, quello d’ansia generalizzata, quello ossessivo-compulsivo e molti altri.

È del 2018, invece, lo studio degli scienziati dell’Università di Washington, pubblicato sul Journal of Affective Disorders, che ha preso in considerazione un campione di persone decisamente consistente – più di 1.400 volontari e volontarie – per indagare l’efficacia dei prodotti a base di cannabis nei confronti di ansia e stress.

I ricercatori si sono avvalsi di un’applicazione (Strainprint), con cui i partecipanti indicavano i propri dati (raccolti anonimamente), la quantità e il tipo di cannabis usata e, infine, gli effetti riscontrati.

Dalle 12.000 risposte pervenute agli autori dello studio, è risultato che più della metà (il 58%) percepiva una netta riduzione dell’ansia. In particolare, la cannabis con alto contenuto di CBD e basso di THC è stata indicata come la più efficace per trattare ansia e depressione.

 

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IL CBD agisce positivamente in caso di dolore. Scopri di più con Weedy Point

Cerchi un rimedio per il dolore?

Il CBD è la soluzione, che si tratti di dolori muscolari, cronici, acuti, infiammatori o neuropatici. I nostri prodotti estratti dalla cannabis a base di CBD e CBG sono estremamente efficaci per trattare il dolore.

Come agisce il CBD sul dolore?

Il corpo umano possiede una rete composta da milioni di recettori che interagiscono con i cannabinoidi ricevendo e traducendo le loro informazioni. Questa rete di recettori è il sistema endocannabinoide, che serve a regolare numerose funzioni fisiologiche. Gli endocannabinoidi come l’anandamide (AEA) e il 2 arachidonoilglicerolo (2-AG) sono formati dal nostro stesso organismo. Altro tipo di cannabinoidi sono i fitocannabinoidi che invece provengono dall’esterno.

Il cannabidiolo o CBD è un fitocannabinoide che agisce indirettamente sui recettori di questo sistema, riequilibrandolo quando uno stimolo, come il dolore, lo perturba.

Non agisce in modo specifico in una parte del corpo, ma funge da modulatore dell’intero sistema endocannabinoide, ripristinando l’equilibrio del sistema quando questo è scompensato.

Il dolore è una sensazione che si prova per via di specifiche fibre nervose che trasportano gli impulsi dolorosi dalla periferia al cervello, il quale a sua volta integra e modifica l’informazione dolorosa. Questo sistema è noto come via ascendente del dolore. C’è anche una via discendente del dolore, che invia segnali dal cervello alla periferia portando il messaggio di spegnimento del dolore. Diversi neurotrasmettitori come il glutammato o il GABA intervengono in questi meccanismi

Il dolore può essere di diversi tipi, tra cui:

Acuto: è improvviso e ha una durata breve relazionata alla sua causa, come un intervento chirurgico, un trauma o un parto. È facilmente trattabile con ifarmaci.
Cronico: è duraturo e continua anche quando la causa scatenante scompare. Può durare anche anni ed in genere è resistente alle terapie. Questo dolore implica uno squilibrio psicologico e può causare anche depressione e ansia. Alcune condizioni che possono provocarlo sono emicrania, cancro, nevralgia, fibromialgia, etc. Un tipo di dolore cronico particolarmente difficile da trattare è quello neuropatico.

Quali sono le indicazioni terapeutiche antidolorifiche del CBD?

Il ruolo della cannabis nel trattamento del dolore è stato oggetto di numerosi studi e si è rivelato utile nella gestione di diverse forme di dolore, prevalentemente refrattarie al trattamento con oppioidi. Il CBD è un composto non tossico, non psicoattivo, con pochissimi effetti collaterali. Molti studi dimostrano l’efficacia del cannabidiolo sul dolore neuropatico. In particolare si è rivelato promettente nei confronti del dolore neuropatico periferico provocato dai chemioterapici. Inoltre la qualità della vita di questi pazienti è spesso inficiata da insonnia, depressione e ansia. Interagendo con i recettori serotoninergici, il CBD è potenzialmente utile nel trattamento di queste comorbidità, migliorando così lo stato di salute dei pazienti e il tono dell’umore. Non è ancora ben chiaro in che modo il CBD eserciti la sua azione analgesica sul dolore neuropatico, ma di certo interagisce con diverse neurotrasmissioni del sistema nervoso centrale. Oltre all’interazione con la serotonina, è stato riportato un suo potenziale coinvolgimento nella regolazione dei recettori dell’adenosina, coinvolti nella trasmissione e la cronicizzazione del dolore.

Il CBD è risultato essere promettente anche per il trattamento del dolore infiammatorio. Infatti in molte condizioni infiammatorie, come l’artrosi, il CBD agisce da antinfiammatorio naturale e ne previene l’aggravamento. In uno studio condotto dall’Università Insubria di Varese è stato evidenziato che l’estratto di cannabis e il CBD possono inibire la produzione di citochine, molecole infiammatorie. Il cannabidiolo agisce inoltre sui processi chimici caratteristici dell’endocannabinoide anandamide, che è legato alla percezione del dolore, e inoltre attiva recettori coinvolti nella trasmissione e la cronicizzazione del dolore.

Oltre alla sua efficacia nel dolore cronico, è stata provata anche la sua sicurezza: in uno studio pubblicato sul Journal of Pain riguardante la sicurezza a lungo termine del consumo di cannabis medica da parte dei pazienti affetti da dolore cronico si è visto come questa abbia un profilo di sicurezza ragionevole.

L’efficacia del CBD non si limita al dolore cronico neuropatico e infiammatorio, ma è stata osservata anche in molte altre condizioni cliniche, come la sclerosi multipla, l’epilessia, l’insonnia, la schizofrenia, e molte altre patologie resistenti alla terapia farmacologica.

 

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Emicrania, il CBD può alleviarla. Scopri di più con Weedy Point

Il CBD è potenzialmente in grado di alleviare tantissimi disturbi, tra cui l’emicrania.

È stato dimostrato che il CBD mantiene costanti i livelli di anandamide all’esterno della membrana cellulare, impedendone l’assorbimento. Tale processo potrebbe alleviare il dolore causato dall’emicrania. Il CBD, o cannabidiolo, è una delle molecole appartenenti alla famiglia dei cannabinoidi. Queste sostanze vengono principalmente prodotte dai tricomi della pianta di cannabis, e sembrano racchiudere innumerevoli effetti terapeutici. Il CBD ha ottenuto molta popolarità grazie alla sua capacità di trattare i sintomi di vari disturbi. Ha dimostrato un’azione antinfiammatoria, antiossidante, anti-convulsiva, e neuroprotettiva.

Il CBD ha ottenuto un’enorme popolarità non appena le testimonianze aneddotiche relative ai suoi effetti sono state diffuse sui media mainstream. Gli esperti pubblicano costantemente articoli sui presunti meccanismi d’azione della molecola, e stanno esaminando l’influsso del cannabinoide su modelli di infiammazione, stress ossidativo e convulsioni. Essendo privo di effetti inebrianti, il CBD è più facile da studiare ed è maggiormente accettato dal pubblico, rispetto al THC.

Tuttavia, gli scienziati stanno ancora analizzando solo la punta dell’iceberg. Devono ancora scoprire in che modo il CBD agisce nell’organismo, e gli studi clinici sono ancora limitati. Alcune ricerche hanno testato gli effetti della cannabis ricca di THC sui modelli di emicrania, ma la pianta contiene centinaia di composti fitochimici, inclusi cannabinoidi e terpeni, ognuno dei quali agisce in modo differente.

Di seguito, scoprirete tutto ciò che c’è da sapere sull’emicrania e le più recenti scoperte scientifiche sull’argomento.

 

Weedy Point ricorda che l’unico distributore per Marche e Abruzzo è in via Turati 101 a Porto d’Ascoli, diffidate dalle imitazioni! Per chiedere informazioni o per ordini e consegne a domicilio basta contattare il 3491513761. La consegna o la spedizione sono gratuite. Il negozio, aperto h24, è in via Turati 101 a Porto d’Ascoli.

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Cancro e cannabis light, la correlazione spiegata da Weedy Point

Oggi parleremo con Weedy Point dell’interessante relazione tra CBD e Cancro. Studi scientifici hanno dimostrato che il cannabidiolo è in grado di agire direttamente sui mitocondri delle cellule tumorali, uccidendoli.

Una scoperta che potrebbe aprire nuovi spiragli di luce verso la cura di questa grave patologia.

Ad oggi le cause della comparsa del cancro sono ancora parzialmente sconosciute, anche se per diverse forme di tumori la ricerca e nuove terapie sperimentali hanno ridotto fortemente la mortalità nella popolazione affetta.

Di seguito alcune informazioni su come agisce il CBD sul cancro e quali benefici apporta al corpo umano.

CBD e cancro: dati e statistiche

Molto probabilmente una “pillola” in grado di sconfiggere il cancro non verrà mai inventata e commercializzata (almeno per ora). Il problema principale è che il cancro non è un’unica patologia, bensì è composto da un insieme di malattie.

Curarle risulta quindi più difficile. Inoltre il tumore riesce a modificare la sua struttura nel tempo, espandersi, e nel frattempo sfuggire alle terapie.

Ci sono comunque alcuni tipi di tumori maligni che, al giorno d’oggi, presentano un’alta percentuale di sopravvivenza.

Secondo dati e statistiche ufficiali (elaborate da AIRTUM, Associazione Italiana Registri Tumori), in Italia i tumori che risultano più curabili sono:

Tiroide (sopravvivenza al 93%);
Prostata (91%);
Testicolo (91%);
Mammella (87%);
Melanoma (87%).
Poi ci sono altri tipi di cancro che risultano ben più gravi e con più basse probabilità di sopravvivenza. Uno fra tutti è la Leucemia, che colpisce il sangue, uno dei tumori più pericolosi di tutti. E’ in grado di resistere alla chemioterapia e presenta un alto rischio di recidiva.

Ebbene, è stato scoperto che le linee cellulari derivate da questa patologia risultano altamente sensibili al cannabidiolo.

Il CBD potrebbe quindi svolgere un ruolo fondamentale nella cura del cancro.

Le proprietà anti tumorali

Di recente è stato scoperto che due fitocannabinoidi sono dotati di potenti proprietà anti tumorali e che potrebbero dare una grossa mano per curare il tumore. Stiamo parlando del THC e del CBD.

Ed è stato proprio il CBD (cannabidiolo) ad ottenere grandi risultati, cosa che fa ben sperare scienziati, medici e pazienti affetti da questa malattia.

E’ stato dimostrato che il CBD è in grado di attaccare i mitocondri delle cellule tumorali in maniera selettiva, provocandone la morte. Di conseguenza il cancro arresterà la sua espansione e andrà via via a scomparire.

Ciò accade perché il CBD altera le capacità dei mitocondri di gestire l’apporto di calcio, sovraccaricandole di questo minerale , inducendo le cellule tumorali all’autofagia ed alla morte cellulare.

I ricercatori sono al lavoro per poter includere le terapie al CBD nei protocolli chemioterapici, ovvero integrarli con la chemioterapia stessa.

 

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La correlazione tra CBD e cancro illustrata da Weedy Point

Oggi parleremo con Weedy Point dell’interessante relazione tra CBD e Cancro. Studi scientifici hanno dimostrato che il cannabidiolo è in grado di agire direttamente sui mitocondri delle cellule tumorali, uccidendoli.

Una scoperta che potrebbe aprire nuovi spiragli di luce verso la cura di questa grave patologia.

Ad oggi le cause della comparsa del cancro sono ancora parzialmente sconosciute, anche se per diverse forme di tumori la ricerca e nuove terapie sperimentali hanno ridotto fortemente la mortalità nella popolazione affetta.

Di seguito alcune informazioni su come agisce il CBD sul cancro e quali benefici apporta al corpo umano.

CBD e cancro: dati e statistiche

Molto probabilmente una “pillola” in grado di sconfiggere il cancro non verrà mai inventata e commercializzata (almeno per ora). Il problema principale è che il cancro non è un’unica patologia, bensì è composto da un insieme di malattie.

Curarle risulta quindi più difficile. Inoltre il tumore riesce a modificare la sua struttura nel tempo, espandersi, e nel frattempo sfuggire alle terapie.

Ci sono comunque alcuni tipi di tumori maligni che, al giorno d’oggi, presentano un’alta percentuale di sopravvivenza.

Secondo dati e statistiche ufficiali (elaborate da AIRTUM, Associazione Italiana Registri Tumori), in Italia i tumori che risultano più curabili sono:

Tiroide (sopravvivenza al 93%);
Prostata (91%);
Testicolo (91%);
Mammella (87%);
Melanoma (87%).
Poi ci sono altri tipi di cancro che risultano ben più gravi e con più basse probabilità di sopravvivenza. Uno fra tutti è la Leucemia, che colpisce il sangue, uno dei tumori più pericolosi di tutti. E’ in grado di resistere alla chemioterapia e presenta un alto rischio di recidiva.

Ebbene, è stato scoperto che le linee cellulari derivate da questa patologia risultano altamente sensibili al cannabidiolo.

Il CBD potrebbe quindi svolgere un ruolo fondamentale nella cura del cancro.

Le proprietà anti tumorali

Di recente è stato scoperto che due fitocannabinoidi sono dotati di potenti proprietà anti tumorali e che potrebbero dare una grossa mano per curare il tumore. Stiamo parlando del THC e del CBD.

Ed è stato proprio il CBD (cannabidiolo) ad ottenere grandi risultati, cosa che fa ben sperare scienziati, medici e pazienti affetti da questa malattia.

E’ stato dimostrato che il CBD è in grado di attaccare i mitocondri delle cellule tumorali in maniera selettiva, provocandone la morte. Di conseguenza il cancro arresterà la sua espansione e andrà via via a scomparire.

Ciò accade perché il CBD altera le capacità dei mitocondri di gestire l’apporto di calcio, sovraccaricandole di questo minerale , inducendo le cellule tumorali all’autofagia ed alla morte cellulare.

I ricercatori sono al lavoro per poter includere le terapie al CBD nei protocolli chemioterapici, ovvero integrarli con la chemioterapia stessa.

 

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Ansia e attacchi di panico. Weedy Point spiega come il Cbd può aiutare

Palpitazioni, sudorazione, insicurezza, tensione al petto, ondata di calore, disturbi della concentrazione e del sonno. Sintomi, questi, che le persone che soffrono di sindrome ansiosa e attacchi di panico conoscono fin troppo bene. La qualità della vita ne viene influenzata in modo duraturo e le cause possono variare molto e spesso sono imprevedibili.

Si tratta di una condizione che a lungo termine ha un impatto negativo sulla salute mentale e fisica delle persone colpite e finisce in isolamento. Spesso i primi segni della sindrome ansiosa e degli attacchi di panico non vengono presi sul serio e fraintesi come sintomi di stress.

Il seguente articolo cerca di chiarire le cause della sindrome d’ansia e degli attacchi di panico e di indicare possibili suggerimenti e idee alternative e olistiche per facilitare la vita quotidiana delle persone colpite.

Sempre più persone si rivolgono al CBD, la sostanza naturale della pianta di canapa. Di seguito una spiegazione di come il CBD può essere utile.

Ansia – un compagno evolutivo della vita quotidiana
La paura e l’ansia sono emozioni che ognuno di noi conosce –sia consciamente che inconsciamente – e che ci aiuta a proteggerci da situazioni rischiose e ed a tenerci al sicuro dal pericolo. Nella vita quotidiana ci sono spesso momenti in cui la paura è coinvolta inconsciamente. Per esempio, prima di attraversare la strada guardiamo a sinistra e a destra per non causare un incidente. Dietro questo c’è la paura che ci tiene lontano dalla strada e quindi di non essere investiti. La paura e l’ansia sono quindi reazioni significative ed anche necessarie che già una volta si sono dimostrate utili. Il fisiologo Walter Cannon ha descritto questo come una reazione di “lotta o fuga”. In altre parole, la paura come reazione positiva allo stress che permette all’individuo di adattarsi rapidamente a una situazione pericolosa. Soprattutto in passato, la paura come pulsione era necessaria per la sopravvivenza degli nostri antenati.

Fino a un certo punto la paura è normale e necessaria. Tuttavia, per alcune non si tratta soltanto di questa paura “normale” e ha un impatto negativo sulla vita quotidiana – allora si parla di disturbi d’ansia [1] o di stress negativo.

Cosa fare se l’ansia diventa patologica
Se l’ansia però assume una dimensione troppo grande, è importante prenderla sul serio, perché altrimenti le condizioni possono continuare a peggiorare.

I disturbi d’ansia sono malattie mentali e, come la depressione, sono in aumento negli ultimi anni. Sono dichiarate come reazioni di paura e di ansia eccesive con anormalità comportamentali corrispondenti. Questi di solito si manifestano in età adulta. È evidente che dal 30 all’80% delle persone colpite soffra di un’altra malattia mentale e che gli stati d’ansia si sovrappongano spesso a disturbi da dipendenza.

Gli attacchi di panico sono di solito la causa principale del riconoscimento dei disturbi d’ansia. Solo poche delle persone colpite si rivolgono a strutture sanitarie, motivo per cui la malattia spesso non viene diagnosticata.

I disturbi d’ansia fanno parte dei disturbi multifattoriali – nel loro sviluppo sono coinvolti quindi predisposizioni genetiche così come fattori ambientali esterni. Gli studi suggeriscono che i geni, soprattutto dei sistemi serotoninergico, dopaminergico e noradrenergico, sono coinvolti nello sviluppo dell’ansia. Si sospetta che i disturbi dell’equilibrio dei neurotrasmettitori serotonina, noradrenalina, dopamina, GABA e glutammina siano associati ai disturbi d’ansia a livello neurobiologico [1].

Una panoramica dei disturbi d’ansia più comuni:

Disturbi di panico: In questo caso, l’ansia si verifica improvvisamente ed è accompagnato da sintomi fisici, come il battito cardiaco rapido, vertigini o nausea. Gli attacchi possono venire dal nulla e le persone soffrono di ansia immensa e temono di svenire o anche peggio. La condizione può durare per alcuni minuti.

  1. Disturbo d’ansia generalizzato: Questo tipo di ansia si mostra come disturbi fisici e psichici.
  2. Ansia legata a un disturbo depressivo: Qui l’ansia è legata a episodi depressivi.
  3. Fobie specifiche: La paura si concentra su un oggetto specifico, per esempio i ragni.
  4. Fobie sociali: In questo caso, le persone colpite evitano l’attenzione e non amano essere al centro dell’attenzione.
  5. Agorafobia: Qui si verifica la paura di certi luoghi, spesso combinata con attacchi di panico.

A chi si possono rivolgere le persone colpite?

  • Medici stabiliti per la psichiatria
  • Assicurazione sanitaria/Ambulatorio ospedaliero per la psichiatria
    Psicoterapeuta
  • Medici con perfezionamento in medicina psicoterapeutica

Attacchi di panico – i compagni dei disturbi d’ansia
Gli attacchi di panico sono brevi episodi di paura intensa. Le fasi sono accompagnate da sintomi fisici ed emotivi che mettono la persona colpita in uno stato di sofferenza estrema. Spesso si verificano in combinazione con i disturbi d’ansia.

I seguenti sintomi appaino in combinazione con un’attacco panico:

  • Vertigini
  • Nausea
  • Dispnea
  • Sentimento del soffocamento
  • Dolore al petto

Cura degli attacchi di ansia e panico
A causa di presupposizioni che la malattia è causata da condizioni e squilibri neurobiologici, i sintomi sono spesso trattati con farmaci.

In questo caso, i medici ricorrono ad antidepressivi e altri farmaci, che causano un miglioramento a breve termine, ma sono anche associati a gravi effetti collaterali a lungo termine.

Una panoramica di possibili effetti collaterali causati da medicamenti:

Disturbi del sonno
Disturbi funzionali sessuali
Aumento di peso
Nausea
Vomito
Diarrea

Tuttavia, è anche chiaro che i fattori ambientali sono coinvolti nello sviluppo, motivo per cui il trattamento non dovrebbe essere esclusivamente medicinale.

Oltre ad una visione olistica delle circostanze interne ed esterne, è necessario occuparsi intensivamente della persona colpita e del suo stile di vita.

La psicoterapia può esserci un metodo terapeutico efficace. Nel centro dell’attenzione c’è una relazione di fiducia tra paziente e psicoterapeuta, nella quale vengono discussi i possibili problemi e le preoccupazioni della persona colpita. Nel processo, il paziente riceve le competenze e le conoscenze necessarie per essere in grado di aiutare se stesso in futuro.

Nel centro della terapia sta come segue:

Riattivazione delle risorse
Rendere i problemi comprensibili
Imparare strategie di problem solving

Questo si ottiene, tra l’altro, con:

Metodi di rilassamento
Strategie di comunicazione
Confronto con le cause dell’ansia
Terapia comportamentale

Inoltre, le persone colpite possono diventare attive per alleviare i sintomi. Da un lato, l’attenzione si concentra sullo stile di vita e dall’altro lato, sull‘assunzione di rimedi naturali come valeriana, melissa e fiori d’arancio o CBD, nonché opzioni ortomolecolari come vitamine del gruppo B, magnesio e acidi grassi omega-3.

Il CBD contro l’ansia e gli attacchi di panico
Il cannabidiolo, detto CBD, è un rimedio naturale della pianta di canapa con una storia che va molto indietro. I testi dei Veda rivelano che era stato usato per trattare l’ansia già nel 2000 a.C.

Studi sugli animali e sull’uomo hanno dimostrato che il CBD può ridurre l’ansia. I ricercatori suppongono che l’effetto di riduzione dello stress del CBD sia legato alle attività nelle aree limbiche e paralimbiche del cervello, e quindi ha un effetto positivo sull’ansia. L’ansia sociale, in particolare, si pensa sia ridotta dall‘ingestione di CBD. Uno studio sugli animali ha indicato che un rafforzamento del sistema endocannabinoide può essere una strategia favorevole per ridurre le conseguenze comportamentali e fisiche dello stress, facilitando la trasduzione del segnale [4].

In sintesi, alcuni studi indicano già che il CBD può avere un effetto di sostegno sui disturbi d’ansia. Tuttavia, le opinioni sui meccanismi coinvolti si divergono e gli studi non sono ancora tutti chiari. Quello che è certo è che il CBD può alleviare i sintomi e che di seguito si può affrontare meglio lo stress negativo.

Studi selezionati sul tema CBD e ansia
Cannabidiol as a Potential Treatment for Anxiety Disorders
Cannabidiol, a Cannabis sativa constituent, as an anxiolytic drug
Cannabidiol in Anxiety and Sleep

Un altro vantaggio positivo è che usando il CBD, non ci sono noti effetti collaterali. Tuttavia, può avere influenze reciproche con altri farmaci, motivo per cui i pazienti che assumono regolarmente farmaci dovrebbe discutere l’assunzione con il loro medico curante. Il CBD può rallentare la degradazione di alcuni farmaci, il che può però avere il vantaggio che l’effetto dura più a lungo.

Uso

Il dosaggio è molto individuale e si raccomanda un approccio soggettivo-intuitivo all’assunzione del CBD, utilizzare tra tutte le varietà quelle contenenti limonene.

 

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Gli effettivi positivi del CBD in caso di dolore cronico. Scopriamoli con Weedy Point

Il trattamento del dolore cronico con il CBD rappresenta un approccio farmacologico non invasivo che si basa su un ingrediente che contiene principi naturali e ben tollerati. Il dolore è uno dei sintomi più comuni in varie malattie ed è accompagnato da una spiacevole sensazione che varia a seconda della situazione del momento che lo provoca e da come la persona lo percepisce. Il dolore può essere acuto – facilmente trattabile e che non causa autolimitazioni – o cronico – spesso invalidante e difficile da gestire.

Dolore cronico – cos’è e cosa provoca?
Contrariamente al dolore acuto, il dolore cronico può durare per più di sei mesi e protrarsi anche quando la causa scatenante è scemata. Le avvisaglie di dolore rimangono attive per settimane, mesi o anni e possono essere aggravate da fattori ambientali e psicologici. Questo tipo di dolore è resistente sia al trattamento medico che farmacologico ed è fonte di effetti negativi specialmente nella sfera psichica, causando depressione, rabbia e ansia. Il dolore cronico è collegato a particolari condizioni che includono:

  • emicrania e mal di testa
  • artrite
  • cancro
  • nevralgia
  • solastalgia
  • fibromialgia
  • dolori neuropatici

Mentre il dolore acuto è facilmente trattabile, per esempio, con i FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei) o con oppiacei più o meno forti, a seconda della sua intensità, il dolore cronico, specialmente il dolore neuropatico, è particolarmente debilitante. Nell’ultimo decennio sono stati sviluppati nuovi approcci alla terapia del dolore e si è posta un’attenzione speciale agli antidolorifici, che continuano a suscitare un maggiore interesse scientifico. Il ruolo della cannabis e dei suoi componenti, chiamati fitocannabinoidi, come coadiuvanti nel trattamento del dolore cronico sono stati oggetto di numerosi studi clinici e preclinici.

Il Cannabidiolo, assieme al THC, è uno dei principali componenti della cannabis ed è stato asserito che possiede un importante potenziale terapeutico nel trattamento di alcune forme di dolore cronico, sia di natura infiammatoria che neuropatica, con particolare riferimento, specialmente, alle comorbidità associate.

Gli usi terapeutici del CBD
Numerosi studi preclinici e clinici hanno dimostrato l’efficacia del CBD nel trattamento delle afflizioni sintomatiche dolorose sia usato singolarmente che in combinazione con il tetraidrocannabidiolo. In particolare, il CBD riduce le più importanti complicazioni, quali ansia e depressione, associate al dolore cronico. Ansia e depressione sono due facce della stessa medaglia e, infatti, al giorno d’oggi, vengono trattate con medicinali antidepressivi invece che con le benzodiazepine. Il CBD, grazie alla sua interazione con i recettori del sistema serotoninergico, riduce questi effetti collaterali, aiutando il paziente a sopportare i sintomi dolorosi che continuano a persistere e che, spesso, sono resistenti ad ogni tipo di terapia farmacologica.

L’efficacia del CBD sembra non essere limitata al dolore cronico generico ma è stata osservata anche in molte altre condizioni cliniche quali l’epilessia, gli stati infiammatori, i disturbi del sonno, i sintomi della sclerosi multipla e la schizofrenia. Ad oggi, l’uso del CBD è stato approvato anche per i casi resistenti ai farmaci di epilessia infantile quali la sindrome di Lennox-Gastaut, la sindrome di Dravet o l’epilessia mioclonica infantile grave.

Dolore cronico, infiammazioni e comorbidità: il CBD e la qualità di vita dei pazienti
Il dolore cronico provoca delle conseguenze che vanno oltre la durata della sua percezione e impatta in maniera sostanziale sulla qualità di vita di una persona. I fattori che scatenano, caratterizzano e fanno perdurare il dolore sono molto diversi tra loro. Le cause principali sono gli agenti e le condizioni che favoriscono l’insorgere delle infiammazioni: vasodilatazione locale, un’aumentata permeabilità capillare, l’accumulo di sangue e liquidi negli spazi interstiziali, la migrazione di neutrofili dai capillari ed il rilascio di mediatori della flogosi (come, ad esempio, le citochine, le linfochine e l’istamina). Se la condizione medica non viene risolta, il processo di infiammazione progredisce fino a divenire sub-acuta o cronica e gioca un ruolo considerevole nella comparsa di malattie infiammatorie classiche (ad esempio l’artrite). Esistono molti dati clinici e preclinici che supportano quelle che sono, potenzialmente, le proprietà antinfiammatorie efficaci dei cannabinoidi e che, in particolare, mettono in risalto il ruolo del CBD come composto non tossico e non psicoattivo. Al momento non esistono trattamenti per prevenire o eliminare il dolore neuropatico, quindi i trattamenti in uso attualmente hanno solo lo scopo di ridurne i sintomi. La qualità di vita del paziente che presenta un dolore neuropatico è, generalmente, peggiorata da comorbidità quali disordini del sonno, depressione e ansia. Il CBD è potenzialmente utile nel trattamento di queste malattie coesistenti e, di conseguenza, migliora la qualità della vita del paziente neuropatico.
Il futuro del cannabidiolo nel trattamento del dolore cronico

Anche se maggiori studi si rendono necessari per far riconoscere al CBD una reale importanza clinica per il trattamento del dolore, alcune ricerche già attualmente disponibili forniscono informazioni molto utili sul ruolo che ricopre come anticonvulsivo, antiossidante ma anche come coadiuvante negli stati infiammatori come analgesico.

Quando scegliete il prodotto, è importante cercare quelli ad ampio spettro testati da laboratori indipendenti che garantiscano che il contenuto dichiarato nella confezione sia veritiero e dovreste essere in grado di reperire queste informazioni nel sito della compagnia. Inoltre, orientatevi su preparati che provengano da canapa coltivata biologicamente.

 

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