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Cannabis terapeutica come trattamento alternativo al morbo di Parkinson. Scopriamo di più con Weedy Shop

Milioni di persone in tutto il mondo soffrono di malattia di Parkinson. La mancanza di cure efficaci nel tempo e l’insorgenza di effetti collaterali spesso gravi, spingono sempre più pazienti alla ricerca di trattamenti alternativi. Tra questi c’è sicuramente la Cannabis Terapeutica. Ma la Cannabis è davvero efficace nella malattia di Parkinson?

Le malattie neurodegenerative – il Parkinson e il morbo di Alzheimer sono le più diffuse – sono caratterizzate da una progressiva perdita della funzionalità neuronale. Per queste malattie, l’infiammazione, la risposta immunitaria in generale e lo stress ossidativo sono tra i fattori principali che causano danni e disfunzioni dei neuroni.

La Cannabis e i cannabinoidi – THC, CBD e THCV principalmente – hanno proprietà anti-infiammatorie e anti-ossidanti ormai stabilite da decenni di ricerche e ciò contribuisce al loro effetto neuroprotettivo.

La neuroprotezione indotta dalla Cannabis si esplica anche attraverso altri meccanismi:

  •  Inibizione della trasmissione glutammatergica nel cervello e conseguente riduzione dell’eccitotossicità (un fenomeno di tossicità neuronale conseguente all’esposizione a concentrazioni relativamente alte di acido glutammico, un neurotrasmettitore);
  • Miglioramento della funzione della barriera emato-encefalica, che protegge il cervello da sostanze esterne;
  • Regolazione del flusso ematico cerebrale;
  • Riduzione del danno conseguente a lesioni cerebrali traumatiche;
  • Regolazione della morte cellulare programmata.

Oltre ad essere neuroprotettiva, la Cannabis è una sostanza ben tollerata, con modesti effetti collaterali. Per questo motivo, la ricerca scientifica da qualche tempo sta indagando se le potenzialità della Cannabis Terapeutica e dei suoi costituenti potrebbero essere sfruttate anche per trattare i sintomi del Parkinson.

CANNABIS E CANNABINOIDI NEL CONTROLLO DEI MOVIMENTI
Oltre a indurre effetti neuroprotettivi, il Sistema Endocannabinoide è espresso anche in molte aree del cervello che controllano i movimenti. I recettori CB1 si trovano in grandi quantità nella substantia nigra e nei gangli della base del Sistema Nervoso Centrale (SNC). Qui troviamo anche concentrazioni elevate di endocannabinoidi, soprattutto anandamide. I recettori CB2 non sono molto espressi nel SNC, anche se sono stati trovati in molte cellule non-neuronali, come astrociti e microglia, con funzione di protezione immunitaria.

I ricercatori dell’Università del Colorado hanno recentemente dimostrato che attivando i recettori CB1 presenti sugli astrociti del midollo spinale, si riduce il tremore in modelli animali di tremore essenziale.
Il THCV, un fitocannabinoide presente in minori quantità nella pianta di Cannabis, dotato di proprietà anti-infiammatorie e anti-ossidanti, migliora i sintomi del Parkinson in modelli animali, probabilmente attraverso l’interazione con i CB2.
Anche altri recettori del Sistema Endocannabinoide, come i GPRs e TRPs, sono implicati nellaneuroprotezione e nel controllo dei movimenti del corpo.

Uno studio del 2014 in un modello animale di Parkinson, ha dimostrato che la deplezione del recettore GPR6, un recettore simile ai recettori cannabinoidi GPRs, presente nei gangli della base, induce un aumento della dopamina nel cervello e un miglioramento dell’attività motoria, soprattutto della discinesia indotta dalla levodopa. Qualche anno dopo è stato dimostrato che il CBD agisce come agonista inverso del GPR6 e per questo potrebbe essere utilizzato come potenziale trattamento per il Parkinson.

PARKINSON E CANNABIS: DAGLI STUDI PRECLINICI AGLI ESPERIMENTI SULL’UOMO
Nonostante una grande quantità di dati sperimentali pre-clinici sugli effetti neuroprotettivi e di riduzione del tremore indotti dalla Cannabis e dai cannabinoidi, gli studi effettuati sull’uomo non hanno dato risultati definitivi, tali da giustificarne l’impiego in terapia.

Uno studio pilota britannico del 2001 ha mostrato che il nabilone, un analogo sintetico del THC, era in grado di ridurre la discinesia indotta da levodopa. [6] Lo studio però è stato effettuato su un ridotto numero di pazienti e non prevedeva il confronto con il placebo.

Un altro studio britannico del 2004, randomizzato e con placebo, con 17 partecipanti, ha invece mostrato che la Cannabis, seppur ben tollerata, non induceva miglioramenti nella discinesia e nel parkinsonismo.
Sempre in Brasile, i ricercatori hanno somministrato CBD o placebo ad una ventina di pazienti con Parkinson, prima di sottoporli ad un test dove era richiesto parlare in pubblico. In questa simulazione di una situazione ansiogena, i pazienti che avevano ricevuto una dose di 300 mg di CBD, hanno mostrato una diminuzione dell’ansia e del tremore.
Basta una semplice ricerca su Google per trovare testimonianze dirette di come l’utilizzo della Cannabis abbia migliorato la vita di tantissime persone affette da Parkinson. Persone che, in generale, non riuscivano più ad avere sollievo dall’utilizzo dei farmaci tradizionali. I sintomi non-motori come ansia e disturbi del sonno sembrano quelli che beneficiano maggiormente dell’utilizzo di Cannabis, ma non mancano testimonianze di pazienti che riportano miglioramenti del tremore e della rigidità posturale.

Per restare nell’ambito accademico, queste testimonianze sono supportate da varie survey, sondaggi effettuati con criteri scientifici ben precisi.

L’ultimo in ordine di tempo è stato pubblicato qualche mese fa sul Journal of Parkinson Disease, ad opera dei ricercatori dell’università di Amburgo, in Germania.

Per valutare il punto di vista della comunità parkinsoniana tedesca, sono stati analizzati 1.348 questionari. L’uso di Cannabis è stato riportato da 8.4% dei pazienti. Di questi, la maggior parte sono più giovani dei non utilizzatori, vivono in grandi città e conoscono meglio gli aspetti legali e clinici della Cannabis Terapeutica. La riduzione del dolore e dei crampi muscolari è stata riportata da più del 40% dei consumatori di Cannabis. Più del 20% ha riportato miglioramenti nella rigidità/acinesia, immobilità, tremore, depressione, ansia e sindrome delle gambe senza riposo. Il miglioramento dei sintomi è stato riportato dal 54% degli utenti che hanno assunto CBD per via orale e dal 68% che hanno inalato Cannabis contenente THC. Rispetto all’assunzione di CBD, l’inalazione di THC è stata riportata più frequentemente per ridurre l’acinesia e la rigidità. Non sono stati riferiti particolari effetti collaterali. Il 65% dei non consumatori si è dichiarato interessato all’utilizzo di Cannabis Terapeutica.

PARKINSON E CANNABIS: CONCLUSIONI
Gli esperimenti effettuati in pre-clinica, su cellule ed animali, indicano che la Cannabis, il THC, il CBD e il THCV hanno grandi potenzialità come trattamento per i sintomi motori e non-motori del Parkinson.
una buona percentuale di pazienti che ha utilizzato queste sostanze come terapia anti-parkinsoniana ha riportato benefici, soprattutto un miglioramento della qualità della vita.

 

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La cannabis light e le malattie neurodegenerative. Weedy Point spiega gli effetti benefici contro il morbo di Parkinson

La malattia di Parkinson (sindrome di Parkinson idiopatica) è considerata la seconda malattia neurodegenerativa più comune dopo l’Alzheimer. Il rischio di contrarre la malattia si stima possa essere del 2% per gli uomini e 1.3% per le donne. Fin ora, non esiste alcuna cura per il morbo di Parkinson. Le opzioni di trattamento farmacologico sono infatti limitate, offrendo solo un sollievo dei sintomi e un miglioramento della qualità di vita del malato. Vari studi e anche resoconti di esperienze di pazienti mostrano che l’uso della cannabis terapeutica può essere un’opzione terapeutica complementare.

La popolarità che la pianta di Cannabis si è guadagnata negli ultimi anni non ha a che fare solo con il suo lato ricreativo ma ha tanto a che vedere con la speranza di migliorare la propria salute. In questo il CBD sta davvero spopolando per le sue proprietà benefiche per l’organismo, ne è un esempio la sua applicazione nella gestione dei sintomi del Parkinson, una patologia dalla quale è davvero difficile trovare sollievo.

Sempre più studi scientifici stanno mettendo in evidenza le potenzialità terapeutiche della Cannabis e dei suoi cannabinoidi. Il CBD in particolare ha conquistato un pubblico davvero vasto e variegato, infatti il cannabidiolo è un composto (non psicoattivo) dalle infinite applicazioni in campo medico e possiede una serie di caratteristiche adattissime al trattamento dei sintomi legati al morbo di Parkinson.

Perché il cannabidiolo può interessare nella gestione delle malattie neurodegenerative?
Negli ultimi anni abbiamo notato un costante aumento delle ricerche relative ai benefici del CBD per le malattie neuro degenerative. Sicuramente al momento tra i cannabinoidi è quello che meglio si addice alla gestione di questo tipo di patologie, per la capacità di dare equilibrio all’organismo, limitare l’ansia e le infiammazioni e dare sollievo da molte manifestazioni di Parkinson o di malattie simili.

Il CBD è uno dei cannabinoidi più abbondanti nella canapa e la sua natura non psicotropa permette di sperimentare molto più di quanto si possa fare con il THC (il principale responsabile del cosiddetto “sballo” da cannabis). Il cannabidiolo è stato ormai testato e validato in buona parte del mondo occidentale come sicuro e non intossicante e ha molte meno restrizioni scientifiche rispetto agli altri cannabinoidi per un bassissimo rischio di effetti collaterali avversi. Inoltre, al pari di molti integratori alimentari ben più conosciuti, se assunto con costanza è in grado di supportare l’organismo su più fronti: vari studi hanno dimostrato che può attenuare in generale le infiammazioni, ansia, la nausea, il dolore e migliorare la qualità del sonno, tutte caratteristiche preziosissime per chi affronta una malattia neurodegenerativa, a qualsiasi stadio.

Che cos’è la malattia di Parkinson?
Il Morbo di Parkinson è una malattia degenerativa che coinvolge il sistema nervoso centrale, è caratterizzata da uno sviluppo progressivo nel tempo e parte con tremori e instabilità fino a portare all’inabilità all’attività motoria. I sintomi motori sono i primi a manifestarsi e riguardano soprattutto comparsa di tremori, rigidità e di un particolare rallentamento dei movimenti. Con l’avanzare della malattia spesso subentrano altri problemi che riguardano la sfera cognitiva e possono portare a perdita di memoria, aggressività e demenza.

Nella maggior parte delle persone la malattia di Parkinson è idiopatica ovvero non dovuta a cause esterne note. C’è una componente genetica importante poiché circa nel 15% delle persone affette c’è un riscontro patologico in un parente di primo grado. Il morbo di Parkinson non è una malattia rara, si colloca al secondo posto dopo il morbo di Alzheimer tra le malattie neurodegenerative e solo negli Stati Uniti ci sono fino a 60.000 nuove diagnosi ogni anno.

Lo sviluppo del morbo colpisce i neuroni, ciò avviene in una specifica zona del cervello chiamata substantia nigra, dove principalmente si produce dopamina, un neurotrasmettitore di impulsi tra cellule nervose. Più la malattia di Parkinson si afferma e minore è la quantità di dopamina prodotta quindi il corpo non riesce più a controllare le funzioni motorie e altre attività vengono inibite. Intanto proliferano i corpi di Lewy, aggregati proteici anormali che si sviluppano nelle cellule nervose e ne causano il deterioramento.

Considerando che ci sono attualmente oltre 10 milioni di persone che hanno ricevuto diagnosi di malattia di Parkinson, che l’aspettativa di vita media è tra 7 e 14 anni e che attualmente non esiste una cura nota per la malattia, non stupisce l’interesse nei confronti del CBD come strumento di gestione dei sintomi di questo terribile morbo.

Sintomi del morbo di Parkinson

  • Tremore
  • Rallentamento dei movimenti (di tipo progressivo) e rigidità muscolare
  • Postura ed equilibrio compromessi
  • Parlata strana, difficoltosa, rallentata o con dai contenuti non congruenti, improbabili
  • Difficoltà nella scrittura (spesso la grafia diventa molto piccola)
  • Perdita di alcuni movimenti automatici (mimica facciale ad esempio)
  • Ragionamento confuso fino alla demenza
  • Mancanza di sonno, scatti d’ira, ansia, depressione grave

CBD per la gestione del Parkinson
Studi recenti dimostrano che il CBD può effettivamente essere utile per il trattamento di molti dei sintomi associati al morbo di Parkinson. In particolare può aiutare a ridurre le difficoltà di movimento, i disturbi depressivi/ansiosi e la mancanza di sonno migliorando notevolmente la qualità della vita di chi soffre di questa patologia.

Questo studio pubblicato sulla banca dati scientifica PubMed condotto in Brasile dimostra che il trattamento con cannabidiolo somministrato giornalmente può migliorare la qualità della vita dei pazienti. I ricercatori hanno somministrato CBD in capsule di gelatina per 6 settimane in tre dosaggi a gruppi diversi di pazienti: 300mg al giorno, 75mg al giorno e un placebo per il controllo. I pazienti che hanno riportato un evidente miglioramento di salute sono ovviamente quelli della prima categoria.

Diversi altri studi (come ad esempio questo) trattano le potenzialità del CBD nel ridurre le difficoltà motorie nel Parkinson, quelle indotte dalla malattia o dalle pesanti cure farmaceutiche alla quale molti pazienti vengono sottoposti.

Si tratta però di studi che analizzano un numero limitato di casi o che non danno risultati definitivi ma che suggeriscono di proseguire e approfondire le valutazioni con indagini di maggiore portata. Attualmente sono quindi necessarie ulteriori ricerche per comprendere quanto il CBD possa essere d’aiuto nella gestione del discomfort da Parkinson, delle complicazioni e della progressione della malattia. Ma quello che è sicuro è che questa strada non deve venire abbandonata dai ricercatori perché il cannabidiolo è davvero promettente, sia per il Parkinson che per molte altre malattie neurodegenerative.

 

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