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Gli effettivi positivi del CBD in caso di dolore cronico. Scopriamoli con Weedy Point

Il trattamento del dolore cronico con il CBD rappresenta un approccio farmacologico non invasivo che si basa su un ingrediente che contiene principi naturali e ben tollerati. Il dolore è uno dei sintomi più comuni in varie malattie ed è accompagnato da una spiacevole sensazione che varia a seconda della situazione del momento che lo provoca e da come la persona lo percepisce. Il dolore può essere acuto – facilmente trattabile e che non causa autolimitazioni – o cronico – spesso invalidante e difficile da gestire.

Dolore cronico – cos’è e cosa provoca?
Contrariamente al dolore acuto, il dolore cronico può durare per più di sei mesi e protrarsi anche quando la causa scatenante è scemata. Le avvisaglie di dolore rimangono attive per settimane, mesi o anni e possono essere aggravate da fattori ambientali e psicologici. Questo tipo di dolore è resistente sia al trattamento medico che farmacologico ed è fonte di effetti negativi specialmente nella sfera psichica, causando depressione, rabbia e ansia. Il dolore cronico è collegato a particolari condizioni che includono:

  • emicrania e mal di testa
  • artrite
  • cancro
  • nevralgia
  • solastalgia
  • fibromialgia
  • dolori neuropatici

Mentre il dolore acuto è facilmente trattabile, per esempio, con i FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei) o con oppiacei più o meno forti, a seconda della sua intensità, il dolore cronico, specialmente il dolore neuropatico, è particolarmente debilitante. Nell’ultimo decennio sono stati sviluppati nuovi approcci alla terapia del dolore e si è posta un’attenzione speciale agli antidolorifici, che continuano a suscitare un maggiore interesse scientifico. Il ruolo della cannabis e dei suoi componenti, chiamati fitocannabinoidi, come coadiuvanti nel trattamento del dolore cronico sono stati oggetto di numerosi studi clinici e preclinici.

Il Cannabidiolo, assieme al THC, è uno dei principali componenti della cannabis ed è stato asserito che possiede un importante potenziale terapeutico nel trattamento di alcune forme di dolore cronico, sia di natura infiammatoria che neuropatica, con particolare riferimento, specialmente, alle comorbidità associate.

Gli usi terapeutici del CBD
Numerosi studi preclinici e clinici hanno dimostrato l’efficacia del CBD nel trattamento delle afflizioni sintomatiche dolorose sia usato singolarmente che in combinazione con il tetraidrocannabidiolo. In particolare, il CBD riduce le più importanti complicazioni, quali ansia e depressione, associate al dolore cronico. Ansia e depressione sono due facce della stessa medaglia e, infatti, al giorno d’oggi, vengono trattate con medicinali antidepressivi invece che con le benzodiazepine. Il CBD, grazie alla sua interazione con i recettori del sistema serotoninergico, riduce questi effetti collaterali, aiutando il paziente a sopportare i sintomi dolorosi che continuano a persistere e che, spesso, sono resistenti ad ogni tipo di terapia farmacologica.

L’efficacia del CBD sembra non essere limitata al dolore cronico generico ma è stata osservata anche in molte altre condizioni cliniche quali l’epilessia, gli stati infiammatori, i disturbi del sonno, i sintomi della sclerosi multipla e la schizofrenia. Ad oggi, l’uso del CBD è stato approvato anche per i casi resistenti ai farmaci di epilessia infantile quali la sindrome di Lennox-Gastaut, la sindrome di Dravet o l’epilessia mioclonica infantile grave.

Dolore cronico, infiammazioni e comorbidità: il CBD e la qualità di vita dei pazienti
Il dolore cronico provoca delle conseguenze che vanno oltre la durata della sua percezione e impatta in maniera sostanziale sulla qualità di vita di una persona. I fattori che scatenano, caratterizzano e fanno perdurare il dolore sono molto diversi tra loro. Le cause principali sono gli agenti e le condizioni che favoriscono l’insorgere delle infiammazioni: vasodilatazione locale, un’aumentata permeabilità capillare, l’accumulo di sangue e liquidi negli spazi interstiziali, la migrazione di neutrofili dai capillari ed il rilascio di mediatori della flogosi (come, ad esempio, le citochine, le linfochine e l’istamina). Se la condizione medica non viene risolta, il processo di infiammazione progredisce fino a divenire sub-acuta o cronica e gioca un ruolo considerevole nella comparsa di malattie infiammatorie classiche (ad esempio l’artrite). Esistono molti dati clinici e preclinici che supportano quelle che sono, potenzialmente, le proprietà antinfiammatorie efficaci dei cannabinoidi e che, in particolare, mettono in risalto il ruolo del CBD come composto non tossico e non psicoattivo. Al momento non esistono trattamenti per prevenire o eliminare il dolore neuropatico, quindi i trattamenti in uso attualmente hanno solo lo scopo di ridurne i sintomi. La qualità di vita del paziente che presenta un dolore neuropatico è, generalmente, peggiorata da comorbidità quali disordini del sonno, depressione e ansia. Il CBD è potenzialmente utile nel trattamento di queste malattie coesistenti e, di conseguenza, migliora la qualità della vita del paziente neuropatico.
Il futuro del cannabidiolo nel trattamento del dolore cronico

Anche se maggiori studi si rendono necessari per far riconoscere al CBD una reale importanza clinica per il trattamento del dolore, alcune ricerche già attualmente disponibili forniscono informazioni molto utili sul ruolo che ricopre come anticonvulsivo, antiossidante ma anche come coadiuvante negli stati infiammatori come analgesico.

Quando scegliete il prodotto, è importante cercare quelli ad ampio spettro testati da laboratori indipendenti che garantiscano che il contenuto dichiarato nella confezione sia veritiero e dovreste essere in grado di reperire queste informazioni nel sito della compagnia. Inoltre, orientatevi su preparati che provengano da canapa coltivata biologicamente.

 

Weedy Point ricorda che l’unico distributore per Marche e Abruzzo è in via Turati 101 a Porto d’Ascoli, diffidate dalle imitazioni! Per chiedere informazioni o per ordini e consegne a domicilio basta contattare il 3491513761. La consegna o la spedizione sono gratuite. Il negozio, aperto h24, è in via Turati 101 a Porto d’Ascoli.

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Dolore cronico, come alleviarlo con la cannabis light. Scopriamolo con Weedy Point

Il trattamento del dolore cronico con il CBD rappresenta un approccio farmacologico non invasivo che si basa su un ingrediente che contiene principi naturali e ben tollerati. Il dolore è uno dei sintomi più comuni in varie malattie ed è accompagnato da una spiacevole sensazione che varia a seconda della situazione del momento che lo provoca e da come la persona lo percepisce. Il dolore può essere acuto – facilmente trattabile e che non causa autolimitazioni – o cronico – spesso invalidante e difficile da gestire.

Dolore cronico – cos’è e cosa provoca?
Contrariamente al dolore acuto, il dolore cronico può durare per più di sei mesi e protrarsi anche quando la causa scatenante è scemata. Le avvisaglie di dolore rimangono attive per settimane, mesi o anni e possono essere aggravate da fattori ambientali e psicologici. Questo tipo di dolore è resistente sia al trattamento medico che farmacologico ed è fonte di effetti negativi specialmente nella sfera psichica, causando depressione, rabbia e ansia. Il dolore cronico è collegato a particolari condizioni che includono:

  • emicrania e mal di testa
  • artrite
  • cancro
  • nevralgia
  • solastalgia
  • fibromialgia
  • dolori neuropatici

Mentre il dolore acuto è facilmente trattabile, per esempio, con i FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei) o con oppiacei più o meno forti, a seconda della sua intensità, il dolore cronico, specialmente il dolore neuropatico, è particolarmente debilitante. Nell’ultimo decennio sono stati sviluppati nuovi approcci alla terapia del dolore e si è posta un’attenzione speciale agli antidolorifici, che continuano a suscitare un maggiore interesse scientifico. Il ruolo della cannabis e dei suoi componenti, chiamati fitocannabinoidi, come coadiuvanti nel trattamento del dolore cronico sono stati oggetto di numerosi studi clinici e preclinici.

Il Cannabidiolo, assieme al THC, è uno dei principali componenti della cannabis ed è stato asserito che possiede un importante potenziale terapeutico nel trattamento di alcune forme di dolore cronico, sia di natura infiammatoria che neuropatica, con particolare riferimento, specialmente, alle comorbidità associate.

Gli usi terapeutici del CBD
Numerosi studi preclinici e clinici hanno dimostrato l’efficacia del CBD nel trattamento delle afflizioni sintomatiche dolorose sia usato singolarmente che in combinazione con il tetraidrocannabidiolo. In particolare, il CBD riduce le più importanti complicazioni, quali ansia e depressione, associate al dolore cronico. Ansia e depressione sono due facce della stessa medaglia e, infatti, al giorno d’oggi, vengono trattate con medicinali antidepressivi invece che con le benzodiazepine. Il CBD, grazie alla sua interazione con i recettori del sistema serotoninergico, riduce questi effetti collaterali, aiutando il paziente a sopportare i sintomi dolorosi che continuano a persistere e che, spesso, sono resistenti ad ogni tipo di terapia farmacologica.

L’efficacia del CBD sembra non essere limitata al dolore cronico generico ma è stata osservata anche in molte altre condizioni cliniche quali l’epilessia, gli stati infiammatori, i disturbi del sonno, i sintomi della sclerosi multipla e la schizofrenia. Ad oggi, l’uso del CBD è stato approvato anche per i casi resistenti ai farmaci di epilessia infantile quali la sindrome di Lennox-Gastaut, la sindrome di Dravet o l’epilessia mioclonica infantile grave.

Dolore cronico, infiammazioni e comorbidità: il CBD e la qualità di vita dei pazienti
Il dolore cronico provoca delle conseguenze che vanno oltre la durata della sua percezione e impatta in maniera sostanziale sulla qualità di vita di una persona. I fattori che scatenano, caratterizzano e fanno perdurare il dolore sono molto diversi tra loro. Le cause principali sono gli agenti e le condizioni che favoriscono l’insorgere delle infiammazioni: vasodilatazione locale, un’aumentata permeabilità capillare, l’accumulo di sangue e liquidi negli spazi interstiziali, la migrazione di neutrofili dai capillari ed il rilascio di mediatori della flogosi (come, ad esempio, le citochine, le linfochine e l’istamina). Se la condizione medica non viene risolta, il processo di infiammazione progredisce fino a divenire sub-acuta o cronica e gioca un ruolo considerevole nella comparsa di malattie infiammatorie classiche (ad esempio l’artrite). Esistono molti dati clinici e preclinici che supportano quelle che sono, potenzialmente, le proprietà antinfiammatorie efficaci dei cannabinoidi e che, in particolare, mettono in risalto il ruolo del CBD come composto non tossico e non psicoattivo. Al momento non esistono trattamenti per prevenire o eliminare il dolore neuropatico, quindi i trattamenti in uso attualmente hanno solo lo scopo di ridurne i sintomi. La qualità di vita del paziente che presenta un dolore neuropatico è, generalmente, peggiorata da comorbidità quali disordini del sonno, depressione e ansia. Il CBD è potenzialmente utile nel trattamento di queste malattie coesistenti e, di conseguenza, migliora la qualità della vita del paziente neuropatico.
Il futuro del cannabidiolo nel trattamento del dolore cronico

Anche se maggiori studi si rendono necessari per far riconoscere al CBD una reale importanza clinica per il trattamento del dolore, alcune ricerche già attualmente disponibili forniscono informazioni molto utili sul ruolo che ricopre come anticonvulsivo, antiossidante ma anche come coadiuvante negli stati infiammatori come analgesico.

Quando scegliete il prodotto, è importante cercare quelli ad ampio spettro testati da laboratori indipendenti che garantiscano che il contenuto dichiarato nella confezione sia veritiero e dovreste essere in grado di reperire queste informazioni nel sito della compagnia. Inoltre, orientatevi su preparati che provengano da canapa coltivata biologicamente.

 

Weedy Point ricorda che l’unico distributore per Marche e Abruzzo è in via Turati 101 a Porto d’Ascoli, diffidate dalle imitazioni! Per chiedere informazioni o per ordini e consegne a domicilio basta contattare il 3491513761. La consegna o la spedizione sono gratuite. Il negozio, aperto h24, è in via Turati 101 a Porto d’Ascoli.

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Come agisce la cannabis light sul dolore? Gli studi riportati da Weedy Shop

Come agisce il CBD sul dolore?
Il corpo umano possiede una rete composta da milioni di recettori che interagiscono con i cannabinoidi ricevendo e traducendo le loro informazioni. Questa rete di recettori è il sistema endocannabinoide, che serve a regolare numerose funzioni fisiologiche. Gli endocannabinoidi come l’anandamide (AEA) e il 2 arachidonoilglicerolo (2-AG) sono formati dal nostro stesso organismo. Altro tipo di cannabinoidi sono i fitocannabinoidi che invece provengono dall’esterno.

Il cannabidiolo o CBD è un fitocannabinoide che agisce indirettamente sui recettori di questo sistema, riequilibrandolo quando uno stimolo, come il dolore, lo perturba.

Non agisce in modo specifico in una parte del corpo, ma funge da modulatore dell’intero sistema endocannabinoide, ripristinando l’equilibrio del sistema quando questo è scompensato.

Il dolore è una sensazione che si prova per via di specifiche fibre nervose che trasportano gli impulsi dolorosi dalla periferia al cervello, il quale a sua volta integra e modifica l’informazione dolorosa. Questo sistema è noto come via ascendente del dolore. C’è anche una via discendente del dolore, che invia segnali dal cervello alla periferia portando il messaggio di spegnimento del dolore. Diversi neurotrasmettitori come il glutammato o il GABA intervengono in questi meccanismi.

Il dolore può essere di diversi tipi, tra cui:

Acuto: è improvviso e ha una durata breve relazionata alla sua causa, come un intervento chirurgico, un trauma o un parto. È facilmente trattabile con i farmaci.

Cronico: è duraturo e continua anche quando la causa scatenante scompare. Può durare anche anni ed in genere è resistente alle terapie. Questo dolore implica uno squilibrio psicologico e può causare anche depressione e ansia. Alcune condizioni che possono provocarlo sono emicrania, cancro, nevralgia, fibromialgia, etc. Un tipo di dolore cronico particolarmente difficile da trattare è quello neuropatico.

Il ruolo della cannabis nel trattamento del dolore è stato oggetto di numerosi studi e si è rivelato utile nella gestione di diverse forme di dolore, prevalentemente refrattarie al trattamento con oppioidi. Il CBD è un composto non tossico, non psicoattivo, con pochissimi effetti collaterali. Molti studi dimostrano l’efficacia del cannabidiolo sul dolore neuropatico. In particolare si è rivelato promettente nei confronti del dolore neuropatico periferico provocato dai chemioterapici. Inoltre la qualità della vita di questi pazienti è spesso inficiata da insonnia, depressione e ansia. Interagendo con i recettori serotoninergici, il CBD è potenzialmente utile nel trattamento di queste comorbidità, migliorando così lo stato di salute dei pazienti e il tono dell’umore. Non è ancora ben chiaro in che modo il CBD eserciti la sua azione analgesica sul dolore neuropatico, ma di certo interagisce con diverse neurotrasmissioni del sistema nervoso centrale. Oltre all’interazione con la serotonina, è stato riportato un suo potenziale coinvolgimento nella regolazione dei recettori dell’adenosina, coinvolti nella trasmissione e la cronicizzazione del dolore.

Il CBD è risultato essere promettente anche per il trattamento del dolore infiammatorio. Infatti in molte condizioni infiammatorie, come l’artrosi, il CBD agisce da antinfiammatorio naturale e ne previene l’aggravamento. In uno studio condotto dall’Università Insubria di Varese è stato evidenziato che l’estratto di cannabis e il CBD possono inibire la produzione di citochine, molecole infiammatorie. Il cannabidiolo agisce inoltre sui processi chimici caratteristici dell’endocannabinoide anandamide, che è legato alla percezione del dolore, e inoltre attiva recettori coinvolti nella trasmissione e la cronicizzazione del dolore.

Oltre alla sua efficacia nel dolore cronico, è stata provata anche la sua sicurezza: in uno studio pubblicato sul Journal of Pain riguardante la sicurezza a lungo termine del consumo di cannabis medica da parte dei pazienti affetti da dolore cronico si è visto come questa abbia un profilo di sicurezza ragionevole.

L’efficacia del CBD non si limita al dolore cronico neuropatico e infiammatorio, ma è stata osservata anche in molte altre condizioni cliniche, come la sclerosi multipla, l’epilessia, l’insonnia, la schizofrenia, e molte altre patologie resistenti alla terapia farmacologica.

 

Weedy Shop ricorda è sempre attivo con il servizio di consegne a domicilio e/o spedizioni gratuite. Basta chiamare o scrivere al numero 3248169597.

Il negozio aperto H24 si trova in via Cesare Battisti 24, in pieno centro ad Ascoli, in viale Marconi 128 ad Alba Adriatica e in via Piemonte a San Benedetto 103/b, a due passi dal pub storico San Michele.

Se vuoi scoprire le tipologie di cannabis light disponibili, con le relative descrizioni, vai al sito http://www.weedy-shop.com

La cannabis light contro il dolore cronico. Scopri di più con Weedy Shop

Trattare il dolore cronico con il CBD potrebbe rappresentare un nuovo approccio farmacologico non invasivo basato su un principio attivo ben tollerato e di origine naturale.

Il dolore è uno dei sintomi più comuni in diverse patologie ed è caratterizzato da una sensazione spiacevole che varia in base al fenomeno in corso che lo provoca e alle caratteristiche della persona che lo avverte. Il dolore può essere acuto – facilmente trattabile e, in genere, autolimitante – oppure cronico, spesso invalidante e su cui è difficile intervenire.

Per migliaia di anni, la Cannabis è stata utilizzata per scopi medicinali. È ormai noto che l’organismo umano è dotato di un sistema endocannabinoide (ECS) che riceve e traduce i segnali dei cannabinoidi. Esistono infatti composti prodotti endogenamente che possono interagire con quelli che sono comunemente denominati recettori cannabinoidi. Tali composti sono, ad esempio, l’anandamide (AEA) e il 2 arachidonoilglicerolo (2-AG). L’ ECS ha il compito di regolare alcune funzioni fisiologiche quali il sonno, la fame, la coordinazione motoria, le risposte del sistema immunitario e il dolore. Il cannabidiolo (CBD) è uno dei circa 120 composti chiamati fitocannabinoidi, come il tetraidrocannabinolo (THC), ma differisce da quest’ultimo in quanto non causa il cosiddetto effetto “high” psicotropo, poiché mostra una blanda affinità verso i recettori cannabinoidi, mentre interagisce con diverse altre neurotrasmissioni. Molti studi dimostrano che il CBD, attraverso svariati meccanismi d’azione, esercita diversi effetti farmacologici anche a livello del sistema nervoso centrale.

Un’ introduzione. Meccanismi e tipologie di dolore

“Un’esperienza sensoriale spiacevole ed emotiva associata a danno tissutale reale o potenziale o descritta in termini di tale danno”.

Definizione di dolore secondo l’International Association for the Study of Pain (IASP), come riportato dal Ministero della Salute.

Il dolore è mediato da fibre nervose che trasportano gli impulsi dolorosi dalla periferia, al midollo e infine al cervello; il quale a sua volta integra e modifica l’informazione relativamente ad altri fattori. Questo sistema è noto come via ascendente del dolore. Esiste una via deputata allo spegnimento del dolore, nota come via discendente del dolore o antinocicettiva endogena, che, a partire dalla corteccia, invia segnali alla periferia che provocano la cessazione della sensazione dolorosa. Diversi neurotrasmettitori intervengono in questi processi, sia in condizioni fisiologiche che patologiche. Uno dei più importanti è il glutammato, il quale svolge un ruolo fondamentale sia fisiologico (nel Sistema Nervoso) sia nella modulazione del dolore. Il glutammato è il più importante neurotrasmettitore eccitatorio del Sistema Nervoso Centrale (SNC) e numerosi studi preclinici evidenziano una iperattivazione dell’intera neurotrasmissione in svariate condizioni patologiche tra cui il dolore cronico. Il GABA (o acido γ-amminobutirrico), principale neurotrasmettitore inibitorio del SNC, invece, ha il compito di inibire i neuroni del midollo spinale deputati alla trasmissione del dolore. Il dolore può essere classificato come acuto o cronico:

Dolore cronico

Diversamente dal dolore acuto esso può durare più di sei mesi e continuare anche quando la causa scatenante è scomparsa. I segnali del dolore restano attivi per settimane, mesi o anni e possono essere aggravati da fattori ambientali e psicologici. Questo tipo di dolore risulta resistente a molti trattamenti medici e anche farmacologici. Il dolore cronico produce effetti negativi specialmente sulla sfera psichica causando anche depressione, rabbia e ansia. Il dolore cronico è legato a condizioni che includono:

• emicrania e cefalea

• artrite

• cancro

• nevralgia

• sciatalgia

• fibromialgia

• dolore neuropatico

Mentre il dolore acuto è facilmente trattabile, per esempio con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e/o oppioidi deboli o forti a seconda dell’intensità, il dolore cronico, in particolare quello di tipo neuropatico, è difficile da trattare ed è particolarmente debilitante . Nell’ultimo decennio sono stati sviluppati nuovi approcci per il controllo del dolore, e particolare attenzione è stata posta sugli adiuvanti degli analgesici, i quali continuano a destare molto interesse in campo scientifico. Il ruolo della Cannabis e dei suoi componenti, chiamati fitocannabinoidi, come adiuvanti nel trattamento del dolore cronico, è stato oggetto di diversi studi sia preclinici che clinici.

Il cannabidiolo è, insieme al THC, uno dei principali componenti della Cannabis, ed è riportato avere un potenziale terapeutico nel trattamento di alcune forme di dolore cronico sia infiammatorio che neuropatico, agendo in quest’ultimo soprattutto sulle comorbidità ad esso associate.

Il cannabidiolo e i suoi meccanismi d’azione

Uno dei composti più importanti estratti dalla pianta di Cannabis, insieme al THC, è il CBD. Esistono varie specie di Cannabis che forniscono oltre 100 cannabinoidi, ma la medicina si è concentrata principalmente negli studi sul tetraidrocannabinolo (THC) e sul cannabidiolo (CBD) per la gestione di alcune forme di dolore, prevalentemente refrattarie al trattamento con oppioidi. In genere le forme di dolore refrattarie all’utilizzo di oppioidi sono quelle con componente neuropatica o anche dolori con una importante componente idiopatica, come ad esempio la fibromialgia.

Il cannabidiolo è un composto molto interessante dal punto di vista farmacologico. Esso infatti agisce scarsamente sui recettori cannabinergici CB1 e CB2 ma è in grado di interagire con diverse neurotrasmissioni a livello del sistema nervoso centrale. È stato riportato ad esempio un suo potenziale coinvolgimento nella regolazione del tono endogeno di Adenosina. Infatti, gli effetti antidolorifici del CBD sembrano essere antagonizzati da sostanze in grado di inibire i recettori A1 della Adenosina. Tali recettori sono molto coinvolti sia a livello periferico che centrale con la trasmissione e la cronicizzazione del dolore. Un altro meccanismo d’azione del CBD è quello di attivare i recettori della serotonina 5HT1. L’attivazione di tali recettori sarebbe di fondamentale importanza per l’effetto del CBD sul tono dell’umore e su quelle co-morbidità associate a dolore neuropatico come ansia e depressione. Tali evidenze rendono il CBD un principio attivo potenzialmente utilizzabile nella gestione del paziente con dolore cronico di tipo neuropatico.
Gli usi terapeutici del CBD

Diversi studi preclinici e evidenze cliniche hanno dimostrato l’efficacia del CBD nel trattare i sintomi del dolore neuropatico, da solo o in combinazione con tetraidrocannabinolo. In particolare, il CBD riduce quelle sequelae centrali associate al dolore cronico come ansia e depressione. Ansia e depressione sono in realtà due facce di una stessa medaglia, infatti ad oggi il disturbo d’ansia generalizzato è trattato con farmaci antidepressivi piuttosto che con le benzodiazepine. Il CBD, attraverso la sua interazione con i recettori del sistema serotoninergico, riduce queste comorbidità, aiutando il paziente ad affrontare la sintomatologia dolorosa che comunque continua a persistere e che spesso è refrattaria a qualsiasi tipo di trattamento farmacologico.

L’efficacia del CBD non sembra essere limitata solo al dolore cronico generale, ma è stata osservata anche in una serie di altre condizioni cliniche, tra cui l’epilessia, gli stati infiammatori, i disturbi del sonno, i sintomi della sclerosi multipla, la schizofrenia. A oggi il CBD è già stato approvato per l’impiego per alcune epilessie infantili farmaco-resistenti come la sindrome di Lennox-Gastaut, la sindrome di Dravet o epilessia mioclonica grave dell’infanzia.

Dolore cronico, infiammazioni e comorbidità: CBD e qualità della vita dei pazienti

Il dolore cronico ha conseguenze che vanno oltre a una sensazione prolungata nel tempo e che influiscono in maniera sostanziale nella qualità della vita della persona. I fattori che producono, caratterizzano e mantengono il dolore sono molto diversi l’uno dall’altro. I principali attori sono agenti e condizioni pro-infiammatorie, vasodilatazione locale, aumento della permeabilità capillare, accumulo di proteine del sangue e dei fluidi negli spazi interstiziali, migrazione dei neutrofili dai capillari e rilascio di mediatori dell’infiammazione (ad es. citochine, linfochine e istamina). Se la condizione che causa il danno non è risolta, il processo infiammatorio progredisce verso l’infiammazione subacuta/cronica che svolge un ruolo importante nell’insorgenza delle malattie infiammatorie classiche (ad es. l’artrite). Ci sono molti dati preclinici e clinici che supportano le proprietà anti-infiammatorie potenzialmente efficaci dei cannabinoidi, in particolare evidenziano il ruolo del CBD, in qualità di composto non tossico e non psicoattivo. Al momento non esiste un trattamento efficace con cui prevenire o eliminare il dolore neuropatico, quindi l’attuale trattamento è diretto solo a ridurne i sintomi. La qualità della vita dei pazienti con dolore neuropatico è spesso aggravata da co-morbidità come disturbi del sonno, depressione e ansia. Il CBD è potenzialmente utile nel trattamento di queste co-morbidità, migliorando quindi la qualità di vita del paziente neuropatico.

Il futuro del cannabidiolo per il trattamento del dolore cronico

Sebbene siano necessari ulteriori studi per riconoscere il vero ruolo clinico del CBD nel dolore, gli studi attualmente disponibili forniscono già informazioni molto utili sul ruolo terapeutico come anticonvulsivanti, antiossidanti ma anche come adiuvanti nello stato infiammatorio e come analgesico. Studi recenti hanno dimostrato come il CBD abbia un effetto antidolorifico e ansiolitico in modelli preclinici di dolore cronico di tipo neuropatico, ben validati dalla letteratura scientifica internazionale. Non è ancora ben chiaro, però, in che modo il CBD eserciti questa sua azione sul dolore neuropatico. Da un lato è stata evidenziata una certa efficacia antinfiammatoria, che rappresenta una delle componenti ad oggi considerate importanti in questa patologia, dall’altro la sua azione su neurotrasmissioni come quella serotoninergica potrebbe spiegare i suoi effetti farmacologici anche su quelle componenti neuropsichiatriche associate al dolore neuropatico.

 

Weedy Shop ricorda è sempre attivo con il servizio di consegne a domicilio e/o spedizioni gratuite. Basta chiamare o scrivere al numero 3248169597.

Il negozio aperto H24 si trova in via Cesare Battisti 24, in pieno centro ad Ascoli, in viale Marconi 128 ad Alba Adriatica e in via Piemonte a San Benedetto 103/b, a due passi dal pub storico San Michele.

Se vuoi scoprire le tipologie di cannabis light disponibili, con le relative descrizioni, vai al sito http://www.weedy-shop.com

 

 

La cannabis light contro il dolore cronico. Scopri di più con Weedy Point

Trattare il dolore cronico con il CBD potrebbe rappresentare un nuovo approccio farmacologico non invasivo basato su un principio attivo ben tollerato e di origine naturale.

Il dolore è uno dei sintomi più comuni in diverse patologie ed è caratterizzato da una sensazione spiacevole che varia in base al fenomeno in corso che lo provoca e alle caratteristiche della persona che lo avverte. Il dolore può essere acuto – facilmente trattabile e, in genere, autolimitante – oppure cronico, spesso invalidante e su cui è difficile intervenire.

Per migliaia di anni, la Cannabis è stata utilizzata per scopi medicinali. È ormai noto che l’organismo umano è dotato di un sistema endocannabinoide (ECS) che riceve e traduce i segnali dei cannabinoidi. Esistono infatti composti prodotti endogenamente che possono interagire con quelli che sono comunemente denominati recettori cannabinoidi. Tali composti sono, ad esempio, l’anandamide (AEA) e il 2 arachidonoilglicerolo (2-AG). L’ ECS ha il compito di regolare alcune funzioni fisiologiche quali il sonno, la fame, la coordinazione motoria, le risposte del sistema immunitario e il dolore. Il cannabidiolo (CBD) è uno dei circa 120 composti chiamati fitocannabinoidi, come il tetraidrocannabinolo (THC), ma differisce da quest’ultimo in quanto non causa il cosiddetto effetto “high” psicotropo, poiché mostra una blanda affinità verso i recettori cannabinoidi, mentre interagisce con diverse altre neurotrasmissioni. Molti studi dimostrano che il CBD, attraverso svariati meccanismi d’azione, esercita diversi effetti farmacologici anche a livello del sistema nervoso centrale.

Un’ introduzione. Meccanismi e tipologie di dolore

“Un’esperienza sensoriale spiacevole ed emotiva associata a danno tissutale reale o potenziale o descritta in termini di tale danno”.

Definizione di dolore secondo l’International Association for the Study of Pain (IASP), come riportato dal Ministero della Salute.

Il dolore è mediato da fibre nervose che trasportano gli impulsi dolorosi dalla periferia, al midollo e infine al cervello; il quale a sua volta integra e modifica l’informazione relativamente ad altri fattori. Questo sistema è noto come via ascendente del dolore. Esiste una via deputata allo spegnimento del dolore, nota come via discendente del dolore o antinocicettiva endogena, che, a partire dalla corteccia, invia segnali alla periferia che provocano la cessazione della sensazione dolorosa. Diversi neurotrasmettitori intervengono in questi processi, sia in condizioni fisiologiche che patologiche. Uno dei più importanti è il glutammato, il quale svolge un ruolo fondamentale sia fisiologico (nel Sistema Nervoso) sia nella modulazione del dolore. Il glutammato è il più importante neurotrasmettitore eccitatorio del Sistema Nervoso Centrale (SNC) e numerosi studi preclinici evidenziano una iperattivazione dell’intera neurotrasmissione in svariate condizioni patologiche tra cui il dolore cronico. Il GABA (o acido γ-amminobutirrico), principale neurotrasmettitore inibitorio del SNC, invece, ha il compito di inibire i neuroni del midollo spinale deputati alla trasmissione del dolore. Il dolore può essere classificato come acuto o cronico:

Dolore cronico

Diversamente dal dolore acuto esso può durare più di sei mesi e continuare anche quando la causa scatenante è scomparsa. I segnali del dolore restano attivi per settimane, mesi o anni e possono essere aggravati da fattori ambientali e psicologici. Questo tipo di dolore risulta resistente a molti trattamenti medici e anche farmacologici. Il dolore cronico produce effetti negativi specialmente sulla sfera psichica causando anche depressione, rabbia e ansia. Il dolore cronico è legato a condizioni che includono:

• emicrania e cefalea

• artrite

• cancro

• nevralgia

• sciatalgia

• fibromialgia

• dolore neuropatico

Mentre il dolore acuto è facilmente trattabile, per esempio con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e/o oppioidi deboli o forti a seconda dell’intensità, il dolore cronico, in particolare quello di tipo neuropatico, è difficile da trattare ed è particolarmente debilitante . Nell’ultimo decennio sono stati sviluppati nuovi approcci per il controllo del dolore, e particolare attenzione è stata posta sugli adiuvanti degli analgesici, i quali continuano a destare molto interesse in campo scientifico. Il ruolo della Cannabis e dei suoi componenti, chiamati fitocannabinoidi, come adiuvanti nel trattamento del dolore cronico, è stato oggetto di diversi studi sia preclinici che clinici.

Il cannabidiolo è, insieme al THC, uno dei principali componenti della Cannabis, ed è riportato avere un potenziale terapeutico nel trattamento di alcune forme di dolore cronico sia infiammatorio che neuropatico, agendo in quest’ultimo soprattutto sulle comorbidità ad esso associate.

Il cannabidiolo e i suoi meccanismi d’azione

Uno dei composti più importanti estratti dalla pianta di Cannabis, insieme al THC, è il CBD. Esistono varie specie di Cannabis che forniscono oltre 100 cannabinoidi, ma la medicina si è concentrata principalmente negli studi sul tetraidrocannabinolo (THC) e sul cannabidiolo (CBD) per la gestione di alcune forme di dolore, prevalentemente refrattarie al trattamento con oppioidi. In genere le forme di dolore refrattarie all’utilizzo di oppioidi sono quelle con componente neuropatica o anche dolori con una importante componente idiopatica, come ad esempio la fibromialgia.

Il cannabidiolo è un composto molto interessante dal punto di vista farmacologico. Esso infatti agisce scarsamente sui recettori cannabinergici CB1 e CB2 ma è in grado di interagire con diverse neurotrasmissioni a livello del sistema nervoso centrale. È stato riportato ad esempio un suo potenziale coinvolgimento nella regolazione del tono endogeno di Adenosina. Infatti, gli effetti antidolorifici del CBD sembrano essere antagonizzati da sostanze in grado di inibire i recettori A1 della Adenosina. Tali recettori sono molto coinvolti sia a livello periferico che centrale con la trasmissione e la cronicizzazione del dolore. Un altro meccanismo d’azione del CBD è quello di attivare i recettori della serotonina 5HT1. L’attivazione di tali recettori sarebbe di fondamentale importanza per l’effetto del CBD sul tono dell’umore e su quelle co-morbidità associate a dolore neuropatico come ansia e depressione. Tali evidenze rendono il CBD un principio attivo potenzialmente utilizzabile nella gestione del paziente con dolore cronico di tipo neuropatico.
Gli usi terapeutici del CBD

Diversi studi preclinici e evidenze cliniche hanno dimostrato l’efficacia del CBD nel trattare i sintomi del dolore neuropatico, da solo o in combinazione con tetraidrocannabinolo. In particolare, il CBD riduce quelle sequelae centrali associate al dolore cronico come ansia e depressione. Ansia e depressione sono in realtà due facce di una stessa medaglia, infatti ad oggi il disturbo d’ansia generalizzato è trattato con farmaci antidepressivi piuttosto che con le benzodiazepine. Il CBD, attraverso la sua interazione con i recettori del sistema serotoninergico, riduce queste comorbidità, aiutando il paziente ad affrontare la sintomatologia dolorosa che comunque continua a persistere e che spesso è refrattaria a qualsiasi tipo di trattamento farmacologico.

L’efficacia del CBD non sembra essere limitata solo al dolore cronico generale, ma è stata osservata anche in una serie di altre condizioni cliniche, tra cui l’epilessia, gli stati infiammatori, i disturbi del sonno, i sintomi della sclerosi multipla, la schizofrenia. A oggi il CBD è già stato approvato per l’impiego per alcune epilessie infantili farmaco-resistenti come la sindrome di Lennox-Gastaut, la sindrome di Dravet o epilessia mioclonica grave dell’infanzia.

Dolore cronico, infiammazioni e comorbidità: CBD e qualità della vita dei pazienti

Il dolore cronico ha conseguenze che vanno oltre a una sensazione prolungata nel tempo e che influiscono in maniera sostanziale nella qualità della vita della persona. I fattori che producono, caratterizzano e mantengono il dolore sono molto diversi l’uno dall’altro. I principali attori sono agenti e condizioni pro-infiammatorie, vasodilatazione locale, aumento della permeabilità capillare, accumulo di proteine del sangue e dei fluidi negli spazi interstiziali, migrazione dei neutrofili dai capillari e rilascio di mediatori dell’infiammazione (ad es. citochine, linfochine e istamina). Se la condizione che causa il danno non è risolta, il processo infiammatorio progredisce verso l’infiammazione subacuta/cronica che svolge un ruolo importante nell’insorgenza delle malattie infiammatorie classiche (ad es. l’artrite). Ci sono molti dati preclinici e clinici che supportano le proprietà anti-infiammatorie potenzialmente efficaci dei cannabinoidi, in particolare evidenziano il ruolo del CBD, in qualità di composto non tossico e non psicoattivo. Al momento non esiste un trattamento efficace con cui prevenire o eliminare il dolore neuropatico, quindi l’attuale trattamento è diretto solo a ridurne i sintomi. La qualità della vita dei pazienti con dolore neuropatico è spesso aggravata da co-morbidità come disturbi del sonno, depressione e ansia. Il CBD è potenzialmente utile nel trattamento di queste co-morbidità, migliorando quindi la qualità di vita del paziente neuropatico.

Il futuro del cannabidiolo per il trattamento del dolore cronico

Sebbene siano necessari ulteriori studi per riconoscere il vero ruolo clinico del CBD nel dolore, gli studi attualmente disponibili forniscono già informazioni molto utili sul ruolo terapeutico come anticonvulsivanti, antiossidanti ma anche come adiuvanti nello stato infiammatorio e come analgesico. Studi recenti hanno dimostrato come il CBD abbia un effetto antidolorifico e ansiolitico in modelli preclinici di dolore cronico di tipo neuropatico, ben validati dalla letteratura scientifica internazionale. Non è ancora ben chiaro, però, in che modo il CBD eserciti questa sua azione sul dolore neuropatico. Da un lato è stata evidenziata una certa efficacia antinfiammatoria, che rappresenta una delle componenti ad oggi considerate importanti in questa patologia, dall’altro la sua azione su neurotrasmissioni come quella serotoninergica potrebbe spiegare i suoi effetti farmacologici anche su quelle componenti neuropsichiatriche associate al dolore neuropatico.

 

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Dolore cronico, la cannabis light può alleviarlo. Scopri come con Weedy Shop

Trattare il dolore cronico con il CBD potrebbe rappresentare un nuovo approccio farmacologico non invasivo basato su un principio attivo ben tollerato e di origine naturale.

Il dolore è uno dei sintomi più comuni in diverse patologie ed è caratterizzato da una sensazione spiacevole che varia in base al fenomeno in corso che lo provoca e alle caratteristiche della persona che lo avverte. Il dolore può essere acuto – facilmente trattabile e, in genere, autolimitante – oppure cronico, spesso invalidante e su cui è difficile intervenire.

Per migliaia di anni, la Cannabis è stata utilizzata per scopi medicinali. È ormai noto che l’organismo umano è dotato di un sistema endocannabinoide (ECS) che riceve e traduce i segnali dei cannabinoidi. Esistono infatti composti prodotti endogenamente che possono interagire con quelli che sono comunemente denominati recettori cannabinoidi. Tali composti sono, ad esempio, l’anandamide (AEA) e il 2 arachidonoilglicerolo (2-AG). L’ ECS ha il compito di regolare alcune funzioni fisiologiche quali il sonno, la fame, la coordinazione motoria, le risposte del sistema immunitario e il dolore. Il cannabidiolo (CBD) è uno dei circa 120 composti chiamati fitocannabinoidi, come il tetraidrocannabinolo (THC), ma differisce da quest’ultimo in quanto non causa il cosiddetto effetto “high” psicotropo, poiché mostra una blanda affinità verso i recettori cannabinoidi, mentre interagisce con diverse altre neurotrasmissioni. Molti studi dimostrano che il CBD, attraverso svariati meccanismi d’azione, esercita diversi effetti farmacologici anche a livello del sistema nervoso centrale.

Un’ introduzione. Meccanismi e tipologie di dolore

“Un’esperienza sensoriale spiacevole ed emotiva associata a danno tissutale reale o potenziale o descritta in termini di tale danno”.

Definizione di dolore secondo l’International Association for the Study of Pain (IASP), come riportato dal Ministero della Salute.

Il dolore è mediato da fibre nervose che trasportano gli impulsi dolorosi dalla periferia, al midollo e infine al cervello; il quale a sua volta integra e modifica l’informazione relativamente ad altri fattori. Questo sistema è noto come via ascendente del dolore. Esiste una via deputata allo spegnimento del dolore, nota come via discendente del dolore o antinocicettiva endogena, che, a partire dalla corteccia, invia segnali alla periferia che provocano la cessazione della sensazione dolorosa. Diversi neurotrasmettitori intervengono in questi processi, sia in condizioni fisiologiche che patologiche. Uno dei più importanti è il glutammato, il quale svolge un ruolo fondamentale sia fisiologico (nel Sistema Nervoso) sia nella modulazione del dolore. Il glutammato è il più importante neurotrasmettitore eccitatorio del Sistema Nervoso Centrale (SNC) e numerosi studi preclinici evidenziano una iperattivazione dell’intera neurotrasmissione in svariate condizioni patologiche tra cui il dolore cronico. Il GABA (o acido γ-amminobutirrico), principale neurotrasmettitore inibitorio del SNC, invece, ha il compito di inibire i neuroni del midollo spinale deputati alla trasmissione del dolore. Il dolore può essere classificato come acuto o cronico:

Dolore acuto

Si manifesta improvvisamente ed è causato da qualcosa di specifico, ad esempio un trauma o un intervento chirurgico, e può essere accompagnato da ansia o stress emotivo. Ha una durata limitata e scompare all’estinguersi della causa. Le cause del dolore acuto includono:

• chirurgia

• traumi

• ustioni o tagli

• travaglio e parto

Dolore cronico

Diversamente dal dolore acuto esso può durare più di sei mesi e continuare anche quando la causa scatenante è scomparsa. I segnali del dolore restano attivi per settimane, mesi o anni e possono essere aggravati da fattori ambientali e psicologici. Questo tipo di dolore risulta resistente a molti trattamenti medici e anche farmacologici. Il dolore cronico produce effetti negativi specialmente sulla sfera psichica causando anche depressione, rabbia e ansia. Il dolore cronico è legato a condizioni che includono:

• emicrania e cefalea

• artrite

• cancro

• nevralgia

• sciatalgia

• fibromialgia

• dolore neuropatico

Mentre il dolore acuto è facilmente trattabile, per esempio con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e/o oppioidi deboli o forti a seconda dell’intensità, il dolore cronico, in particolare quello di tipo neuropatico, è difficile da trattare ed è particolarmente debilitante. Nell’ultimo decennio sono stati sviluppati nuovi approcci per il controllo del dolore, e particolare attenzione è stata posta sugli adiuvanti degli analgesici, i quali continuano a destare molto interesse in campo scientifico. Il ruolo della Cannabis e dei suoi componenti, chiamati fitocannabinoidi, come adiuvanti nel trattamento del dolore cronico, è stato oggetto di diversi studi sia preclinici che clinici.

Il cannabidiolo è, insieme al THC, uno dei principali componenti della Cannabis, ed è riportato avere un potenziale terapeutico nel trattamento di alcune forme di dolore cronico sia infiammatorio che neuropatico, agendo in quest’ultimo soprattutto sulle comorbidità ad esso associate.

Il cannabidiolo e i suoi meccanismi d’azione

Uno dei composti più importanti estratti dalla pianta di Cannabis, insieme al THC, è il CBD. Esistono varie specie di Cannabis che forniscono oltre 100 cannabinoidi, ma la medicina si è concentrata principalmente negli studi sul tetraidrocannabinolo (THC) e sul cannabidiolo (CBD) per la gestione di alcune forme di dolore, prevalentemente refrattarie al trattamento con oppioidi. In genere le forme di dolore refrattarie all’utilizzo di oppioidi sono quelle con componente neuropatica o anche dolori con una importante componente idiopatica, come ad esempio la fibromialgia.

Il cannabidiolo è un composto molto interessante dal punto di vista farmacologico. Esso infatti agisce scarsamente sui recettori cannabinergici CB1 e CB2 ma è in grado di interagire con diverse neurotrasmissioni a livello del sistema nervoso centrale. È stato riportato ad esempio un suo potenziale coinvolgimento nella regolazione del tono endogeno di Adenosina. Infatti, gli effetti antidolorifici del CBD sembrano essere antagonizzati da sostanze in grado di inibire i recettori A1 della Adenosina. Tali recettori sono molto coinvolti sia a livello periferico che centrale con la trasmissione e la cronicizzazione del dolore. Un altro meccanismo d’azione del CBD è quello di attivare i recettori della serotonina 5HT1. L’attivazione di tali recettori sarebbe di fondamentale importanza per l’effetto del CBD sul tono dell’umore e su quelle co-morbidità associate a dolore neuropatico come ansia e depressione. Tali evidenze rendono il CBD un principio attivo potenzialmente utilizzabile nella gestione del paziente con dolore cronico di tipo neuropatico.

Gli usi terapeutici del CBD

Diversi studi preclinici e evidenze cliniche hanno dimostrato l’efficacia del CBD nel trattare i sintomi del dolore neuropatico, da solo o in combinazione con tetraidrocannabinolo. In particolare, il CBD riduce quelle sequelae centrali associate al dolore cronico come ansia e depressione. Ansia e depressione sono in realtà due facce di una stessa medaglia, infatti ad oggi il disturbo d’ansia generalizzato è trattato con farmaci antidepressivi piuttosto che con le benzodiazepine. Il CBD, attraverso la sua interazione con i recettori del sistema serotoninergico, riduce queste comorbidità, aiutando il paziente ad affrontare la sintomatologia dolorosa che comunque continua a persistere e che spesso è refrattaria a qualsiasi tipo di trattamento farmacologico.

L’efficacia del CBD non sembra essere limitata solo al dolore cronico generale, ma è stata osservata anche in una serie di altre condizioni cliniche, tra cui l’epilessia, gli stati infiammatori, i disturbi del sonno, i sintomi della sclerosi multipla, la schizofrenia. A oggi il CBD è già stato approvato per l’impiego per alcune epilessie infantili farmaco-resistenti come la sindrome di Lennox-Gastaut, la sindrome di Dravet o epilessia mioclonica grave dell’infanzia.

Dolore cronico, infiammazioni e comorbidità: CBD e qualità della vita dei pazienti

Il dolore cronico ha conseguenze che vanno oltre a una sensazione prolungata nel tempo e che influiscono in maniera sostanziale nella qualità della vita della persona. I fattori che producono, caratterizzano e mantengono il dolore sono molto diversi l’uno dall’altro. I principali attori sono agenti e condizioni pro-infiammatorie, vasodilatazione locale, aumento della permeabilità capillare, accumulo di proteine del sangue e dei fluidi negli spazi interstiziali, migrazione dei neutrofili dai capillari e rilascio di mediatori dell’infiammazione (ad es. citochine, linfochine e istamina). Se la condizione che causa il danno non è risolta, il processo infiammatorio progredisce verso l’infiammazione subacuta/cronica che svolge un ruolo importante nell’insorgenza delle malattie infiammatorie classiche (ad es. l’artrite). Ci sono molti dati preclinici e clinici che supportano le proprietà anti-infiammatorie potenzialmente efficaci dei cannabinoidi, in particolare evidenziano il ruolo del CBD, in qualità di composto non tossico e non psicoattivo. Al momento non esiste un trattamento efficace con cui prevenire o eliminare il dolore neuropatico, quindi l’attuale trattamento è diretto solo a ridurne i sintomi. La qualità della vita dei pazienti con dolore neuropatico è spesso aggravata da co-morbidità come disturbi del sonno, depressione e ansia. Il CBD è potenzialmente utile nel trattamento di queste co-morbidità, migliorando quindi la qualità di vita del paziente neuropatico.

Il futuro del cannabidiolo per il trattamento del dolore cronico

Sebbene siano necessari ulteriori studi per riconoscere il vero ruolo clinico del CBD nel dolore, gli studi attualmente disponibili forniscono già informazioni molto utili sul ruolo terapeutico come anticonvulsivanti, antiossidanti ma anche come adiuvanti nello stato infiammatorio e come analgesico. Studi recenti hanno dimostrato come il CBD abbia un effetto antidolorifico e ansiolitico in modelli preclinici di dolore cronico di tipo neuropatico, ben validati dalla letteratura scientifica internazionale. Non è ancora ben chiaro, però, in che modo il CBD eserciti questa sua azione sul dolore neuropatico. Da un lato è stata evidenziata una certa efficacia antinfiammatoria, che rappresenta una delle componenti ad oggi considerate importanti in questa patologia, dall’altro la sua azione su neurotrasmissioni come quella serotoninergica potrebbe spiegare i suoi effetti farmacologici anche su quelle componenti neuropsichiatriche associate al dolore neuropatico.

 

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Per migliaia di anni, la Cannabis è stata utilizzata per scopi medicinali. È ormai noto che l’organismo umano è dotato di un sistema endocannabinoide (ECS) che riceve e traduce i segnali dei cannabinoidi. Esistono infatti composti prodotti endogenamente che possono interagire con quelli che sono comunemente denominati recettori cannabinoidi. Tali composti sono, ad esempio, l’anandamide (AEA) e il 2 arachidonoilglicerolo (2-AG). L’ ECS ha il compito di regolare alcune funzioni fisiologiche quali il sonno, la fame, la coordinazione motoria, le risposte del sistema immunitario e il dolore. Il cannabidiolo (CBD) è uno dei circa 120 composti chiamati fitocannabinoidi, come il tetraidrocannabinolo (THC), ma differisce da quest’ultimo in quanto non causa il cosiddetto effetto “high” psicotropo, poiché mostra una blanda affinità verso i recettori cannabinoidi, mentre interagisce con diverse altre neurotrasmissioni. Molti studi dimostrano che il CBD, attraverso svariati meccanismi d’azione, esercita diversi effetti farmacologici anche a livello del sistema nervoso centrale.

Un’ introduzione. Meccanismi e tipologie di dolore

“Un’esperienza sensoriale spiacevole ed emotiva associata a danno tissutale reale o potenziale o descritta in termini di tale danno”.

Definizione di dolore secondo l’International Association for the Study of Pain (IASP), come riportato dal Ministero della Salute.

Il dolore è mediato da fibre nervose che trasportano gli impulsi dolorosi dalla periferia, al midollo e infine al cervello; il quale a sua volta integra e modifica l’informazione relativamente ad altri fattori. Questo sistema è noto come via ascendente del dolore. Esiste una via deputata allo spegnimento del dolore, nota come via discendente del dolore o antinocicettiva endogena, che, a partire dalla corteccia, invia segnali alla periferia che provocano la cessazione della sensazione dolorosa. Diversi neurotrasmettitori intervengono in questi processi, sia in condizioni fisiologiche che patologiche. Uno dei più importanti è il glutammato, il quale svolge un ruolo fondamentale sia fisiologico (nel Sistema Nervoso) sia nella modulazione del dolore. Il glutammato è il più importante neurotrasmettitore eccitatorio del Sistema Nervoso Centrale (SNC) e numerosi studi preclinici evidenziano una iperattivazione dell’intera neurotrasmissione in svariate condizioni patologiche tra cui il dolore cronico. Il GABA (o acido γ-amminobutirrico), principale neurotrasmettitore inibitorio del SNC, invece, ha il compito di inibire i neuroni del midollo spinale deputati alla trasmissione del dolore. Il dolore può essere classificato come acuto o cronico:

Dolore acuto

Si manifesta improvvisamente ed è causato da qualcosa di specifico, ad esempio un trauma o un intervento chirurgico, e può essere accompagnato da ansia o stress emotivo. Ha una durata limitata e scompare all’estinguersi della causa. Le cause del dolore acuto includono:

• chirurgia

• traumi

• ustioni o tagli

• travaglio e parto

Dolore cronico

Diversamente dal dolore acuto esso può durare più di sei mesi e continuare anche quando la causa scatenante è scomparsa. I segnali del dolore restano attivi per settimane, mesi o anni e possono essere aggravati da fattori ambientali e psicologici. Questo tipo di dolore risulta resistente a molti trattamenti medici e anche farmacologici. Il dolore cronico produce effetti negativi specialmente sulla sfera psichica causando anche depressione, rabbia e ansia. Il dolore cronico è legato a condizioni che includono:

• emicrania e cefalea

• artrite

• cancro

• nevralgia

• sciatalgia

• fibromialgia

• dolore neuropatico

Mentre il dolore acuto è facilmente trattabile, per esempio con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e/o oppioidi deboli o forti a seconda dell’intensità, il dolore cronico, in particolare quello di tipo neuropatico, è difficile da trattare ed è particolarmente debilitante . Nell’ultimo decennio sono stati sviluppati nuovi approcci per il controllo del dolore, e particolare attenzione è stata posta sugli adiuvanti degli analgesici, i quali continuano a destare molto interesse in campo scientifico. Il ruolo della Cannabis e dei suoi componenti, chiamati fitocannabinoidi, come adiuvanti nel trattamento del dolore cronico, è stato oggetto di diversi studi sia preclinici che clinici.

Il cannabidiolo è, insieme al THC, uno dei principali componenti della Cannabis, ed è riportato avere un potenziale terapeutico nel trattamento di alcune forme di dolore cronico sia infiammatorio che neuropatico, agendo in quest’ultimo soprattutto sulle comorbidità ad esso associate.

Il cannabidiolo e i suoi meccanismi d’azione

Uno dei composti più importanti estratti dalla pianta di Cannabis, insieme al THC, è il CBD. Esistono varie specie di Cannabis che forniscono oltre 100 cannabinoidi, ma la medicina si è concentrata principalmente negli studi sul tetraidrocannabinolo (THC) e sul cannabidiolo (CBD) per la gestione di alcune forme di dolore, prevalentemente refrattarie al trattamento con oppioidi. In genere le forme di dolore refrattarie all’utilizzo di oppioidi sono quelle con componente neuropatica o anche dolori con una importante componente idiopatica, come ad esempio la fibromialgia.

Il cannabidiolo è un composto molto interessante dal punto di vista farmacologico. Esso infatti agisce scarsamente sui recettori cannabinergici CB1 e CB2 ma è in grado di interagire con diverse neurotrasmissioni a livello del sistema nervoso centrale. È stato riportato ad esempio un suo potenziale coinvolgimento nella regolazione del tono endogeno di Adenosina. Infatti, gli effetti antidolorifici del CBD sembrano essere antagonizzati da sostanze in grado di inibire i recettori A1 della Adenosina. Tali recettori sono molto coinvolti sia a livello periferico che centrale con la trasmissione e la cronicizzazione del dolore. Un altro meccanismo d’azione del CBD è quello di attivare i recettori della serotonina 5HT1. L’attivazione di tali recettori sarebbe di fondamentale importanza per l’effetto del CBD sul tono dell’umore e su quelle co-morbidità associate a dolore neuropatico come ansia e depressione. Tali evidenze rendono il CBD un principio attivo potenzialmente utilizzabile nella gestione del paziente con dolore cronico di tipo neuropatico.

Gli usi terapeutici del CBD

Diversi studi preclinici e evidenze cliniche hanno dimostrato l’efficacia del CBD nel trattare i sintomi del dolore neuropatico, da solo o in combinazione con tetraidrocannabinolo. In particolare, il CBD riduce quelle sequelae centrali associate al dolore cronico come ansia e depressione. Ansia e depressione sono in realtà due facce di una stessa medaglia, infatti ad oggi il disturbo d’ansia generalizzato è trattato con farmaci antidepressivi piuttosto che con le benzodiazepine. Il CBD, attraverso la sua interazione con i recettori del sistema serotoninergico, riduce queste comorbidità, aiutando il paziente ad affrontare la sintomatologia dolorosa che comunque continua a persistere e che spesso è refrattaria a qualsiasi tipo di trattamento farmacologico.

L’efficacia del CBD non sembra essere limitata solo al dolore cronico generale, ma è stata osservata anche in una serie di altre condizioni cliniche, tra cui l’epilessia, gli stati infiammatori, i disturbi del sonno, i sintomi della sclerosi multipla, la schizofrenia. A oggi il CBD è già stato approvato per l’impiego per alcune epilessie infantili farmaco-resistenti come la sindrome di Lennox-Gastaut, la sindrome di Dravet o epilessia mioclonica grave dell’infanzia.

Dolore cronico, infiammazioni e comorbidità: CBD e qualità della vita dei pazienti

Il dolore cronico ha conseguenze che vanno oltre a una sensazione prolungata nel tempo e che influiscono in maniera sostanziale nella qualità della vita della persona. I fattori che producono, caratterizzano e mantengono il dolore sono molto diversi l’uno dall’altro. I principali attori sono agenti e condizioni pro-infiammatorie, vasodilatazione locale, aumento della permeabilità capillare, accumulo di proteine del sangue e dei fluidi negli spazi interstiziali, migrazione dei neutrofili dai capillari e rilascio di mediatori dell’infiammazione (ad es. citochine, linfochine e istamina). Se la condizione che causa il danno non è risolta, il processo infiammatorio progredisce verso l’infiammazione subacuta/cronica che svolge un ruolo importante nell’insorgenza delle malattie infiammatorie classiche (ad es. l’artrite). Ci sono molti dati preclinici e clinici che supportano le proprietà anti-infiammatorie potenzialmente efficaci dei cannabinoidi, in particolare evidenziano il ruolo del CBD, in qualità di composto non tossico e non psicoattivo. Al momento non esiste un trattamento efficace con cui prevenire o eliminare il dolore neuropatico, quindi l’attuale trattamento è diretto solo a ridurne i sintomi. La qualità della vita dei pazienti con dolore neuropatico è spesso aggravata da co-morbidità come disturbi del sonno, depressione e ansia. Il CBD è potenzialmente utile nel trattamento di queste co-morbidità, migliorando quindi la qualità di vita del paziente neuropatico.

Il futuro del cannabidiolo per il trattamento del dolore cronico

Sebbene siano necessari ulteriori studi per riconoscere il vero ruolo clinico del CBD nel dolore, gli studi attualmente disponibili forniscono già informazioni molto utili sul ruolo terapeutico come anticonvulsivanti, antiossidanti ma anche come adiuvanti nello stato infiammatorio e come analgesico. Studi recenti hanno dimostrato come il CBD abbia un effetto antidolorifico e ansiolitico in modelli preclinici di dolore cronico di tipo neuropatico, ben validati dalla letteratura scientifica internazionale. Non è ancora ben chiaro, però, in che modo il CBD eserciti questa sua azione sul dolore neuropatico. Da un lato è stata evidenziata una certa efficacia antinfiammatoria, che rappresenta una delle componenti ad oggi considerate importanti in questa patologia, dall’altro la sua azione su neurotrasmissioni come quella serotoninergica potrebbe spiegare i suoi effetti farmacologici anche su quelle componenti neuropsichiatriche associate al dolore neuropatico.

 

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Il dolore è uno dei sintomi più comuni in diverse patologie ed è caratterizzato da una sensazione spiacevole che varia in base al fenomeno in corso che lo provoca e alle caratteristiche della persona che lo avverte. Il dolore può essere acuto – facilmente trattabile e, in genere, autolimitante – oppure cronico, spesso invalidante e su cui è difficile intervenire.

Per migliaia di anni, la Cannabis è stata utilizzata per scopi medicinali. È ormai noto che l’organismo umano è dotato di un sistema endocannabinoide (ECS) che riceve e traduce i segnali dei cannabinoidi. Esistono infatti composti prodotti endogenamente che possono interagire con quelli che sono comunemente denominati recettori cannabinoidi. Tali composti sono, ad esempio, l’anandamide (AEA) e il 2 arachidonoilglicerolo (2-AG). L’ ECS ha il compito di regolare alcune funzioni fisiologiche quali il sonno, la fame, la coordinazione motoria, le risposte del sistema immunitario e il dolore. Il cannabidiolo (CBD) è uno dei circa 120 composti chiamati fitocannabinoidi, come il tetraidrocannabinolo (THC), ma differisce da quest’ultimo in quanto non causa il cosiddetto effetto “high” psicotropo, poiché mostra una blanda affinità verso i recettori cannabinoidi, mentre interagisce con diverse altre neurotrasmissioni. Molti studi dimostrano che il CBD, attraverso svariati meccanismi d’azione, esercita diversi effetti farmacologici anche a livello del sistema nervoso centrale.

Un’ introduzione. Meccanismi e tipologie di dolore

“Un’esperienza sensoriale spiacevole ed emotiva associata a danno tissutale reale o potenziale o descritta in termini di tale danno”.

Definizione di dolore secondo l’International Association for the Study of Pain (IASP), come riportato dal Ministero della Salute.

Il dolore è mediato da fibre nervose che trasportano gli impulsi dolorosi dalla periferia, al midollo e infine al cervello; il quale a sua volta integra e modifica l’informazione relativamente ad altri fattori. Questo sistema è noto come via ascendente del dolore. Esiste una via deputata allo spegnimento del dolore, nota come via discendente del dolore o antinocicettiva endogena, che, a partire dalla corteccia, invia segnali alla periferia che provocano la cessazione della sensazione dolorosa. Diversi neurotrasmettitori intervengono in questi processi, sia in condizioni fisiologiche che patologiche. Uno dei più importanti è il glutammato, il quale svolge un ruolo fondamentale sia fisiologico (nel Sistema Nervoso) sia nella modulazione del dolore. Il glutammato è il più importante neurotrasmettitore eccitatorio del Sistema Nervoso Centrale (SNC) e numerosi studi preclinici evidenziano una iperattivazione dell’intera neurotrasmissione in svariate condizioni patologiche tra cui il dolore cronico. Il GABA (o acido γ-amminobutirrico), principale neurotrasmettitore inibitorio del SNC, invece, ha il compito di inibire i neuroni del midollo spinale deputati alla trasmissione del dolore. Il dolore può essere classificato come acuto o cronico:

Dolore acuto

Si manifesta improvvisamente ed è causato da qualcosa di specifico, ad esempio un trauma o un intervento chirurgico, e può essere accompagnato da ansia o stress emotivo. Ha una durata limitata e scompare all’estinguersi della causa. Le cause del dolore acuto includono:

• chirurgia

• traumi

• ustioni o tagli

• travaglio e parto

Dolore cronico

Diversamente dal dolore acuto esso può durare più di sei mesi e continuare anche quando la causa scatenante è scomparsa. I segnali del dolore restano attivi per settimane, mesi o anni e possono essere aggravati da fattori ambientali e psicologici. Questo tipo di dolore risulta resistente a molti trattamenti medici e anche farmacologici. Il dolore cronico produce effetti negativi specialmente sulla sfera psichica causando anche depressione, rabbia e ansia. Il dolore cronico è legato a condizioni che includono:

• emicrania e cefalea

• artrite

• cancro

• nevralgia

• sciatalgia

• fibromialgia

• dolore neuropatico

Mentre il dolore acuto è facilmente trattabile, per esempio con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e/o oppioidi deboli o forti a seconda dell’intensità, il dolore cronico, in particolare quello di tipo neuropatico, è difficile da trattare ed è particolarmente debilitante . Nell’ultimo decennio sono stati sviluppati nuovi approcci per il controllo del dolore, e particolare attenzione è stata posta sugli adiuvanti degli analgesici, i quali continuano a destare molto interesse in campo scientifico. Il ruolo della Cannabis e dei suoi componenti, chiamati fitocannabinoidi, come adiuvanti nel trattamento del dolore cronico, è stato oggetto di diversi studi sia preclinici che clinici.

Il cannabidiolo è, insieme al THC, uno dei principali componenti della Cannabis, ed è riportato avere un potenziale terapeutico nel trattamento di alcune forme di dolore cronico sia infiammatorio che neuropatico, agendo in quest’ultimo soprattutto sulle comorbidità ad esso associate.

Il cannabidiolo e i suoi meccanismi d’azione

Uno dei composti più importanti estratti dalla pianta di Cannabis, insieme al THC, è il CBD. Esistono varie specie di Cannabis che forniscono oltre 100 cannabinoidi, ma la medicina si è concentrata principalmente negli studi sul tetraidrocannabinolo (THC) e sul cannabidiolo (CBD) per la gestione di alcune forme di dolore, prevalentemente refrattarie al trattamento con oppioidi. In genere le forme di dolore refrattarie all’utilizzo di oppioidi sono quelle con componente neuropatica o anche dolori con una importante componente idiopatica, come ad esempio la fibromialgia.

Il cannabidiolo è un composto molto interessante dal punto di vista farmacologico. Esso infatti agisce scarsamente sui recettori cannabinergici CB1 e CB2 ma è in grado di interagire con diverse neurotrasmissioni a livello del sistema nervoso centrale. È stato riportato ad esempio un suo potenziale coinvolgimento nella regolazione del tono endogeno di Adenosina. Infatti, gli effetti antidolorifici del CBD sembrano essere antagonizzati da sostanze in grado di inibire i recettori A1 della Adenosina. Tali recettori sono molto coinvolti sia a livello periferico che centrale con la trasmissione e la cronicizzazione del dolore. Un altro meccanismo d’azione del CBD è quello di attivare i recettori della serotonina 5HT1. L’attivazione di tali recettori sarebbe di fondamentale importanza per l’effetto del CBD sul tono dell’umore e su quelle co-morbidità associate a dolore neuropatico come ansia e depressione. Tali evidenze rendono il CBD un principio attivo potenzialmente utilizzabile nella gestione del paziente con dolore cronico di tipo neuropatico.

Gli usi terapeutici del CBD

Diversi studi preclinici e evidenze cliniche hanno dimostrato l’efficacia del CBD nel trattare i sintomi del dolore neuropatico, da solo o in combinazione con tetraidrocannabinolo. In particolare, il CBD riduce quelle sequelae centrali associate al dolore cronico come ansia e depressione. Ansia e depressione sono in realtà due facce di una stessa medaglia, infatti ad oggi il disturbo d’ansia generalizzato è trattato con farmaci antidepressivi piuttosto che con le benzodiazepine. Il CBD, attraverso la sua interazione con i recettori del sistema serotoninergico, riduce queste comorbidità, aiutando il paziente ad affrontare la sintomatologia dolorosa che comunque continua a persistere e che spesso è refrattaria a qualsiasi tipo di trattamento farmacologico.

L’efficacia del CBD non sembra essere limitata solo al dolore cronico generale, ma è stata osservata anche in una serie di altre condizioni cliniche, tra cui l’epilessia, gli stati infiammatori, i disturbi del sonno, i sintomi della sclerosi multipla, la schizofrenia. A oggi il CBD è già stato approvato per l’impiego per alcune epilessie infantili farmaco-resistenti come la sindrome di Lennox-Gastaut, la sindrome di Dravet o epilessia mioclonica grave dell’infanzia.

Dolore cronico, infiammazioni e comorbidità: CBD e qualità della vita dei pazienti

Il dolore cronico ha conseguenze che vanno oltre a una sensazione prolungata nel tempo e che influiscono in maniera sostanziale nella qualità della vita della persona. I fattori che producono, caratterizzano e mantengono il dolore sono molto diversi l’uno dall’altro. I principali attori sono agenti e condizioni pro-infiammatorie, vasodilatazione locale, aumento della permeabilità capillare, accumulo di proteine del sangue e dei fluidi negli spazi interstiziali, migrazione dei neutrofili dai capillari e rilascio di mediatori dell’infiammazione (ad es. citochine, linfochine e istamina). Se la condizione che causa il danno non è risolta, il processo infiammatorio progredisce verso l’infiammazione subacuta/cronica che svolge un ruolo importante nell’insorgenza delle malattie infiammatorie classiche (ad es. l’artrite). Ci sono molti dati preclinici e clinici che supportano le proprietà anti-infiammatorie potenzialmente efficaci dei cannabinoidi, in particolare evidenziano il ruolo del CBD, in qualità di composto non tossico e non psicoattivo. Al momento non esiste un trattamento efficace con cui prevenire o eliminare il dolore neuropatico, quindi l’attuale trattamento è diretto solo a ridurne i sintomi. La qualità della vita dei pazienti con dolore neuropatico è spesso aggravata da co-morbidità come disturbi del sonno, depressione e ansia. Il CBD è potenzialmente utile nel trattamento di queste co-morbidità, migliorando quindi la qualità di vita del paziente neuropatico.

Il futuro del cannabidiolo per il trattamento del dolore cronico

Sebbene siano necessari ulteriori studi per riconoscere il vero ruolo clinico del CBD nel dolore, gli studi attualmente disponibili forniscono già informazioni molto utili sul ruolo terapeutico come anticonvulsivanti, antiossidanti ma anche come adiuvanti nello stato infiammatorio e come analgesico. Studi recenti hanno dimostrato come il CBD abbia un effetto antidolorifico e ansiolitico in modelli preclinici di dolore cronico di tipo neuropatico, ben validati dalla letteratura scientifica internazionale. Non è ancora ben chiaro, però, in che modo il CBD eserciti questa sua azione sul dolore neuropatico. Da un lato è stata evidenziata una certa efficacia antinfiammatoria, che rappresenta una delle componenti ad oggi considerate importanti in questa patologia, dall’altro la sua azione su neurotrasmissioni come quella serotoninergica potrebbe spiegare i suoi effetti farmacologici anche su quelle componenti neuropsichiatriche associate al dolore neuropatico.

 

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